Edmond Jabès “Il Libro delle Interrogazioni”


Edmond Jabès “Il Libro delle Interrogazioni”

Potreste aver pensato che la meraviglia non avrebbe più abitato il tempo nel nostro tempo a veniree che proporzionalmente l’età avrebbe rosicchiato tunnel nella grana compatta della speranza della bellezza come una talpa un topo un bruco un minatore pazzo. Potreste aver pensato sulla china dell’abitudinealla metafora dell’entropia che tutto disordina consuma raffredda e immobilizza nel pozzo di un equilibrio irrimediabile che più ne avreste viste e sapute e lette e meno ci sarebbe stato da vedere sapere sgranare tanto di occhi sulle pagine e meno ci sarebbe stato da innamorarsi del ‘dopo’. Dovunque aprirete questo libro sarete smentiti. Qualche esempio in pagine prese a caso.

La dedica :

”Tu non sai se vivi. Tu vivi. Il cammino è breve nel tempo, lungo nello spazio. Racchiuso tra le nostre braccia. Il cuore è buono. Il nostro amore è un’isola. Il mare è il campo. Il pane è buono. L’ordine è nella scorza. L’albero impazzisce di vento. Il suolo è buono. I tuoi occhi, lontani dal nido. L’onda è forte nel silenzio. Siamo dove saremo? Domani è buono”.

Questa bellezza ha, durante la lettura, incisi di bellezze maggiori. Si parla spesso in questo libro di ‘anima’ e di ‘dio’ ma in un modo che non offende le orecchie di chi non si era mai fidato del misticismo e della spiritualità. Così prima di copiare altre piccole frasi dico che se questo è parlare di un invisibile e di un di più…  beh lo si chiami come si vuole finché è il nostro ‘amore’ che parla. Non ci scandalizzeremo della concretezza del pensiero,  del chiaro pensare senza esitazioni quando -proprio perchè viene da dire – fende il conformismo che nella scelta di campo del formalismo nominalistico individua la sola possibilità di una fisionomia ‘etica’ di saperi senza macchia.

“ Sto, triste, ad aspettare lontano dalle mie labbra, dalle mie mani. La mia parola è sotterranea; ma l’attrito del mio corpo, nell’amore o nella lotta, crea il fuoco.”

“ In nessun momento ho descritto il vostro volto; amanti disebriati, isolati nei giorni e nelle notti dei miei libri. Eppure i pretesti non sono mancati, né le istanze. Il volto della speranza è una spiga. Il volto del dolore uno specchio.”

“L’oceano della mia memoria è bianco. Esso sarà azzurro per volontà mia, per l’unione dei vocaboli nel sogno e nella violenza delle onde che la febbre gonfia e abbatte.(….) Vado incontro alle mie parole, e mi pare di ricondurle alla superficie, senza sospettare di ricondurle alla morte. Ma è solo un’illusione. La superficie dell’oceano è uno specchio che si distrugge nel voltar pagina. Tutto l’azzurro della mia penna e la mia morte che importuno. Io ho, per consce compagne le alghe.”

Infine, ma siamo solo all’inizio

“Finché non saremo scacciati dai nostri vocaboli,nulla dovremo temere; finchè le nostre parole conserveranno i loro suoni, noi avremo una voce; finché le nostre parole conserveranno il loro senso, noi avremo un anima.”