2014


Marx…. E poi filosofi si sarebbero dovuti applicare a cambiare il mondo. Cosa che regolarmente non avvenne. Ma non ci sarebbe stati comunque abbastanza mondo da cambiare. Di fatto ad un certo punto il marxismo è diventato insufficiente: fu nel momento che Einstein ha intuito che il rapporto spazio tempo, relativamente alla natura fisica della luce, si distorceva per lasciare intatto un numero che esprime una relazione la cui natura, ad un esperimento di puro pensiero, parve inalterabile. La cifra che esprimeva la relazione è tanto famosa quanto poco importante. Quello che conta è che la massa degli oggetti in movimento non resta la stessa mentre ci si avvicina a quella cifra. E ad un certo punto diventerebbe imprecisata e non misurabile, infinita. In realtà si tratta di una impensabilità non di una infinità. Il tempo rallenta, la massa si addensa, il pensiero si perde. La realtà fisica cambia e il pensiero fa fatica a seguirne le espressioni. Si fa strada il concetto di orizzonte degli eventi di fronte al collasso gravitazionale dentro le stelle di neutrini, da cui la luce non può sfuggire. L’intrappolamento della luce propone una trasformazione che non è superamento. Un universo che non è prosecuzione di questo. Einstein propose una poesia del modo di essere della realtà del cosmo, che il pensiero filosofico non aveva previsto e che non fu in grado di perseguire coi suoi strumenti. Dio non gioca a dadi e l’uomo si. In questo la non pretesa né invocata superiorità.

Poi. I dadi sfuggirono oltre l’orizzonte degli eventi e la filosofia che non è riuscita a trasformare il mondo diventa sistema di pensiero di un mondo differente. Da accettare. Si tratta di ipotesi di mondi diversi o di differenti relazioni all’interno della realtà cosmica. Si effettuarono esperimenti di pensiero, mettendo in gioco una capacità di immaginare. Il pensiero inconscio, che non è riducibile a linguaggio verbale, perché non è stato mai pensiero verbale, scrive la velocità della luce di trecentomila chilometri al secondo e non ha altre parole corrispondenti. Il pensiero si appassiona a queste sue modalità di raccontare le proprie prese d’atto di un mondo strano alla propria periferia. E le periferie del mondo sono dentro il mondo. I buchi neri sono dentro le galassie. Enormi eventi energetici al centro delle galassie. L’orizzonte non è una linea nello spazio: è scomparsa di notizie relativi ai fenomeni al centro dei fenomeni medesimi. Così noi potremmo pensare la frazione seicentomila chilometri al secondo ma non ci serve per la lettura della realtà fisica, perché in corrispondenza di essa c’è una ‘inevidenza’: un’idea certa che a quella velocità non ci si arriva se si vuole continuare a pensare una massa, insomma una estensione.

La velocità della luce forse è una realtà interna di pensiero. La non concessione al cosmo di una velocità ulteriore, di una frazione di tempo il cui denominatore sia raddoppiato o esponenziale, non ha parole -perché non ha bisogno di giustificarsi- e però diventa, solo dopo, un linguaggio che esclude la possibilità coerente del fenomeno in discussione. Allora allo psicologo, che cerca le leggi della narrabilità e della inenarrabilità, della legittimità e illegittimità dei processi mentali, pare che Einstein abbia espresso, mentre scopriva e rappresentava panorami ricomposti del mondo, non solo una grandezza fisica di riferimento, ma anche un limite ulteriore della filosofia della natura, come un pre-socratico di duemilacinquecento anni fa….. duemilacinquecento anni dopo. Abbiamo adesso, rispetto ad allora, meno vaghe intuizioni: perché si sono collocati meglio i confini e scoperto che noi confiniamo al nostro interno con orizzonti che non sono linee ma eventi. E scoperto che l’oltre neanche in fisica è spaziale, e che semplicemente, come sempre, l’oltre -preteso inaccessibile- anche questa volta è una nuova contrattazione a proposito delle etiche della pensabilità dei mondi. Che Marx sbagliava perché non si trasforma la realtà. O meglio che non ci sarebbe stato il ‘progresso’ come piano inclinato alla provvidenza dello spirito, sul quale esercitarsi a trasformare quote di realtà continuamente emergenti. La legge della sostenibilità è arrivata fino alle falde del discorso filosofico, persino quello anti-idealistico. E allora, a questi confini, è semmai la realtà che trasforma il nostro modo di pensarla.

Ricordi, quando si riuscì a estendere universalmente il suffragio sotto la spinta delle ragazze per le strade.

La comprensione delle leggi nuove è impedita sempre da una morale coattiva insita nei processi mentali. La ricerca in psicoterapia dice che il pre-verbale resta senza parole anche se mai senza effetti, e che molte parole sono per impedire tali effetti. Il pre verbale, che è condizione del primo anno di vita, non verrà poi spiegato negli anni successivi. Verrà dimenticato e protetto. Le interpretazioni sono spesso violente. Einstein non si capirà con successive spiegazioni, ma nel gesto di una trasformazione del modo di pensare precedente. Sempre, appena abbiamo capito qualcosa, si scopre inutile parlarne. Finché parliamo delle cose noi non facciamo che dire le difficoltà e non le conquiste. Liberarci di un dio che non gioca a dadi non sarà facile. Einstein stesso non riuscì ad accettare le conseguenze implicite nella sua proposizione sul mondo. Altri fanno la stessa cosa. Rinnegano il proprio geniale mondo non cosciente che detta formule matematiche per non cadere nella furia divina.

Ma dopo trenta anni di ossequio alle regole viene il pensiero. Dopo il silenzio delle dissertazioni viene un attimo di immoralità. Quanto mediamente dura il tempo che un neonato rimane sveglio dopo il parto? E se c’è una durata media che possa essere pensata come relativa ad una fisiologia della nascita ancora ignota, quell’intervallo ha delle conseguenze nella organizzazione del tempo delle nostre giornate? Nella ripartizione di amore, lavoro, ricerca e accesa solitudine. Perché una seduta dura un’ora un film mediamente due ore e quasi nulla che pretenda una partecipazione attenta e condivisa supera questi limiti? E perché un’ora dura quello che dura? Le ore, in natura, non ci sono. La scelta della durata di quello che è tempo orario, quella precisa frazione del giorno che ci siamo reciprocamente scambiati… da dove ha preso la forza di imporsi come armonica universale condivisione delle durate….?

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quiete dei ritorni


Posted By on Giu 8, 2014

Pelle antica e accordo di sesta e quinta e amore dominante; l’epidermide frigge al sole che riscalda l’aria musicata dalle penne dei compositori, e passione tra i lati delle nostre figure, da leggere nei due versi: la reversibile verità luce mia e mia lucente amata, arriva in quei frangenti sfolgorante di riflessi ed ecco perché questi occhiali avvolgenti. Mi nutro secondo la dieta di quasi digiuno condivisa coi miei vicini: gente che mette insieme modeste cifre di carbone e braci di cottura notturna delle proprie pietanze. Cosa ingeriscano questi insonni non si vede gran che alla luce fredda antipatica della luna. La luna, alla luce del loro e nostro digiuno che acuisce i sensi, risulta antipatica inconsistente e superficiale. Non si sa come ci abbia distratti dalla sua propria durezza: deve essere stato il terrore che suscita, poiché da sempre spegne nel bianco e nella polvere inerte il giallo e il coraggio dell’energia intollerabile delle stelle. Da millenni all’ombra di un riflesso di morte cosa mai si è cantato mi domando. Non coscienti ha voluto dire soltanto essere pallidi grigi e mai innocenti: dato che lunare è morto vivente, materia spenta senza rimedio. Nell’autoritratto metto giallo e occhiali scuri, i capelli finti di vecchiaia risultano bianchi a fronte della tua splendente parrucca di capelli vivi: i capelli della voce tua scolpita in fili elettrici. Il garbuglio di frecce e di riccioli in matasse ramate di una voce ad alta tensione che, cadendo dall’altalena del cielo diurno, questi giorni estivi, con te sdraiata accanto, ustiona la mia pelle in attesa costante. Sorridi irresistibilmente e io non so come ripagarti per la grazia che si insedia nel pensiero mio al vedere che la tua potenza di persuasione è la libertà che ti regalai con terrore che hai trasformata in sortilegio. Possiedi doti psicoterapeutiche di stregoneria suscitando certezza di protezione di padri, figli e amori. Si comprende che la trasformazione di una cosa in una di diversa natura è il cancello sventrato: adesso non più divieto ma punto di accesso a mondi regolati e popolati diversamente da qui. Così oggi solo la pelle antica di ombra viola e arancio stendo al sole, e scrivendoti “Grazie!” depongo la presunzione del ricordo cosciente. Sulla vecchia pelle, deposta sul mucchio di sabbia ai miei piedi, le righe dei tatuaggi si infiammano: bruciando la mia carcassa di cartapecora come si fa il rogo di una biblioteca o, anche, si accende la legna: bruciando, sotto una capanna di trucioli secchi, il cartoccio di storie insomma le pagine di un quotidiano di anni passati. La bellezza solare della fiamma incendia il pianetino satellite e l’arancione e il giallo che soffiano verso il cielo notturno spazzano via la polvere grigia, la terra raffreddatasi senza seguito in modesti avvallamenti del cimitero cosmico. Che non ci sia più luna tra noi né sopra noi. Esercitati a dire ti amo con minore consapevolezza. A dirlo distrattamente. Volgiti a me restando incerta su chi io debba essere per te. Su cosa io debba fare per piacerti. Respingi lontana da noi la luna invidiosa. Amami di meno. Considera: potresti ripetutamente aspettare la quieta norma di ritorni silenziosi?

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luce dei miei occhi


Posted By on Giu 5, 2014

"LUCE"

“LUCE”

Luce dei miei occhi non andare. Luce degli occhi miei vai pure. Luce dei miei occhi perché nasci negli occhi. Luce dei miei occhi perché da fuori arrivi. Luce mia che ti vedo resta vicino. Luce mia che non vedrò se devi perché così vuoi parti. Luce resta si dice perché nel pensiero è il tempo già risparmiato tenuto nei magazzini profumati. Luce inizia il viaggio si dice perché è un raggio filante di seta che tesse insieme il mondo con frammenti cuciti dal filo di fuoco. Vai allora a legare i continenti ma fallo per amore. Resta se non sai cucire e piangi tutti i giorni un poco per bagnarti le mani dal sole. Perché la fermezza viene notata illuminata esposta e rischia. Se andrai via porterai masserizie opulente di storia solo di respiri e di luci di tutti i giorni che premono sui fianchi dei carri perché la vita è stata una carovana la nostra. Se resterai faccio un ellisse che ha la porta di ingresso mobile e ruota con le stagioni perché vorrà dire che la carovana sta dormendo e vuole respirare. Luce mia che fuori vai uscendo da me con le lacrime. Luce mia che non andando mai ogni volta tornavi e io non credevo ai miei occhi illuminati di te. Canto la canzone del cieco che impara a vedere attraverso gli anni e limpido viene lavato dal diluvio di dolore di amori che vanno via e pieno di terra come un tumulo profuma sommerso da una luce ambrata delle richieste dei presenti giorni.

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migrazioni


Posted By on Giu 2, 2014

http://sudterrae.blogspot.com/2011/04/migranti-erano-in-duecento.html

http://sudterrae.blogspot.com/2011/04/migranti-erano-in-duecento.html

Sarebbe meglio che tu fossi qua perché da solo non posso fare tutto quello che devo fare devi essere il mio portatore lo sherpa verso la vetta oltre gli ottomila penso che siamo in credito con la nostra costituzione in quanto la pienezza del venire alla luce inonda di eccitazioni fisiche la nostra mente che poi impara e dio trova posto per via delle distrazioni il vuoto è stimolo della assenza e la memoria si pone sulla poltrona e mi parla e lo stimolo della assenza fa pensare che quello che era qua ora è sparito e questo pensiero di fronte a un posto vuoto un letto vuoto una impronta vuota uno zero al posto di una pietruzza dell’abaco di sabbia forse è frutto ed è insieme fantasia di sparizione e chi vuole seriamente cercare i meccanismi dei pensieri dovrà passare attraverso il sole e tenere sotto l’angolo acuto delle proprie gambe slanciate la terra con alberi case monti campanili prati laboratori rilievi miraggi perché non è che dio sia buono e noi impreparati ad accogliere i viandanti noi siamo insieme cavalieri e miserevoli figure nude e come si desume scriviamo per evocare quello che non c’è che dunque sarebbe quello che non c’è ad essere ‘cattivo’ per la sua qualità di assenza ma invece noi lo amiamo a modo nostro lo amiamo con fervore e sicurezza per la così detta fantasia che è una condizione psicologica di eccitazione della sostanza cerebrale causata dallo stimolo della ….improvvisa sospensione degli stimoli. I tuoi occhi distolti da me. Precisamente nello stesso modo come la luce e il rumore del giorno soffocando il sonno creano la fantasia-pensiero che chiamiamo sogno. E così dio stesso è fondato come si fonda una città e una diga. Per coraggio di fidarsi della nostra mente audace. Un vero gigante coi piedi nella collina della biologia mentale dio bontà nostra si ipotizza al lume della terrazza di una fronte intelligente sporgente sulla piscina oceanica del condominio nel quale abbiamo preso dimora appassionata con tutti noi quando abbandoniamo le pretese di controllare mondo e amori e dormiamo. Vedi che siamo soltanto e sempre attese come lenzuoli alla finestra e tendaggi ad asciugare sui prati e tu sarebbe molto più proficuo che fossi accanto perché io non ho mai detto che avrei saputo vivere privo di persone vicino a me ora poi che so comprendere la fantasia e so che si gioca, se ci si ama, a immaginarsi uno senza l’altro creando lo stimolo dei brividi di alta quota e prostrandoci reciprocamente ai nostri piedi e declamando “Tu sei l’Everest la mia montagna la mia cartografa tu dovrai dare nome ai figli come ai picchi delle cordigliere del Nepal che affiorano nella nebbia orfani imbattibili”. Io per adesso ho cercato quasi da solo, non potendo sapere cosa significhi definitivamente avere soddisfazione di te e comunque ignorando del tutto cosa significhi avere soddisfazione di una donna e dunque traversando sale cinematografiche e pagine stampate e strisciando accanto ai roseti vado verso la valle pensando questo pensiero verbale. “…. saremmo disponibili a dio ma essendo capaci solo di sensibilità alle variazioni non siamo mai assolutamente capaci -nonostante quella disponibilità- di concepire amorevolmente l’eterna assenza e così possiamo concepire ipotizzando ma senza alcun amorevole riguardo”. Per la stanchezza di questa millenaria impotenza ci opponiamo innocenti alla tortura e allora l’erotismo dei suggerimenti notturni, evocati per vicinanza dei mondi maschile e femminile a loro volta costruiti con le forme del tuo seno e i tuoi fianchi e le forme differenti dei miei fianchi e di altre mie propaggini peninsulari-…. costruiscono l’idea di fontane e le fontane di sperma e latte allagano e si ha la pienezza della generazione sulla fertile piantagione del sesso serale notturno mattutino quotidiano ripetuto. Vuoi vedere le generazioni in faccia? Devi essere sulla spiaggia dei migranti.

La biologia è origine di tutto specialmente del pensiero irrazionale umano.

È il fondamento dell’umiltà.

Il nero inerme sui barconi fermenta.

Il pensiero vive per lo stimolo delle oscillazioni della linea dell’orizzonte di una patria nuova.

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varia natura


Posted By on Mag 31, 2014

"PRIMO POSTO ALLA GARA DEI CASTELLI PRIMITIVI" copyright: claudiobadii

“PRIMO POSTO ALLA GARA DEI CASTELLI PRIMITIVI”
copyright: claudiobadii

Quando avanza il tempo ci mettiamo a studiare il fenomeno insito nel salire le scale. Estendendolo a un poco prima, alle sigarette e le risate degli ultimi dieci minuti, prima del nostro incontro settimanale, il lavoro di chiarimento sui termini scientifici necessari per dire le idee che non hanno figura.

Le attese al fondo delle scale, e poi il salire, sono di per loro un fare creativo. Costruire la forma della relazione. Come fare l’uomo e la donna. Fare statue con le proprie mani secondo la propria visione. Il pensiero come un vaso cresce e si arrotonda girando rapidamente. Le gambe sugli scalini spingono il tornio ritmicamente. Le mani strisciano sulla ringhiera di ferro battuto, raccolgono l’attrito, modellando il blocco ambrato di terra d’alluminio: restituiscono il calore alla figura. Fanno il ‘prodotto’ della creatività umana. Durante l’azione della costruzione tutto cambia continuamente, sotto le spinte di successive intuizioni del pensiero. Nella favola sarebbe il sortilegio di un genio che crea agglomerati di città sulla piattaforma espansiva del cosmo.

Gli scorpioni di un tempo (i pensieri non coscienti che venivano su come racconti di azioni oniriche distorte e malsane) si diffondono e si moltiplicano sulla testa e le spalle di un uomo, riducendosi di dimensione e di pericolosità, proporzionalmente all’incremento della popolazione di storie di cui sono costituiti. Alla fine sono così piccoli da essere del tutto innocui.

Il tempo delle sedute ripetute ha moltiplicato e frammentato i significati una volta grossolanamente evidenti. Riproposti in quel modo iniziale non se ne sentono quasi più da un decennio. Come se la malattia non sapesse più ripresentarsi nelle forme di allora. Quando era silenzio dell’omertà, ricatto minaccioso, delinquenza evidente, persino, a volte, clinica del delirio: da manuale. Forse trenta anni di proposizione del setting nel bel mezzo della realtà sociale hanno avuto l’effetto di cambiare la percezione della cura, la fisionomia dello ‘psichiatra’.

Ridotta l’identificazione proiettiva dei peggiori pensieri, ora anche il rischio viene temuto assai meno. Parallelamente i sogni non sono più esclusivamente ‘storie’. Sono diventati istantanee, idee di sintesi, suggerimenti e mi viene l’idea che siano proprio i sogni -in questo modo di grani di polvere e di pixel di schermi ad alta risoluzione- ad essere stati sognati ieri.

Nel sentir raccontare ho realizzato nella mente il pulviscolo di punti, lo sciame di particelle di grafite delle matite nello sfumato del disegno. Mi sono immaginato lo strano attrattore che sottende al fenomeno fisico caotico della psicoterapia che dura nei gruppi dal 1985, ottobre. Ci sono voluti trenta anni a creare la figura dello sciame da quelle iniziali raffigurazioni di grossolane figure.

Se fosse così potrei dire che “La storia della cura fa la cura”.

Le equazioni che esprimono il modo e il ritmo delle variazioni delle forme del sogno, riproposte nelle curve corrispondenti su piani cartesiani ammucchiati paralleli come nuvole nel cielo del pensiero, disegnano cose sconosciute. Sono idee staminali che non derivano da alcun oggetto visto o sentito o sfiorato fuori di noi. Gli immediati riflessi sulla superficie convessa di gocce di tempo al centro delle quali si intravede qualcosa che continuamente accade. Sfuggente è quanto viene riportato alla esistenza primaria sulla soglia del proprio inizio.

A quegli interruttori la psicoterapia riporta gli assetti neurobiologici, sfruttando le qualità sensibili del pensiero umano. Mentre nel tempo cambia la visione del mondo si realizzano e si rafforzano plausibilità e legittimità della cura.

Trent’anni fa figure ammalianti popolavano i sogni con enfasi. Ora ho due sostantivi, realtà e materia. Sono metafisica e biologia che si contendono la signoria sui latifondi del discorso scientifico sulla attività mentale. Ma interviene un altro pensiero, una parola più antica. Il modo primitivo di raccogliere tutte le cose: “Il termine “fisica” deriva dal neutro plurale latino physica, a sua volta derivante dal greco τὰ φυσικά [tà physiká], ovvero “le cose naturali” e da φύσις [physis], “natura”.

A tutt’oggi nessuno ancora sa perché da trenta anni mai, neanche una vota, sia scattato l’accordo inconscio di far fallire, con l’assenza di tutti, la ricerca psichica che si svolge uno e due giorni di ogni settimana per circa due ore.  Quarantasei settimane ogni anno. Penso che per cercare di comprendere il fenomeno in questione la antica dizione di ‘fisica’ non sia più sufficiente. La realizzazione della continuità irrazionale di quasi trenta anni di lavoro è natura umana. Dovremo indagare sulla speciale costituzione fisica di questa specifica ‘natura’.

Non devo conservare l’illusione su un’unica natura di tutte le cose. La natura della natura di tutte le cose esistenti può e forse deve essere pensata differente se si tratta di realtà umana, di realtà animale e di realtà non umana e non animale.

“Amor che move il sole e l’altre stelle”

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“AMORI FUORI CAMPO”

I giorni in cui siamo privati di noi dall’amore e dal sole sono quelli in cui meno ci apparteniamo. Quando il cuore appiattito sulla modesta curvatura della spiaggia sfiora i granelli della giornata e dimentica e dimenticando esce via dalla clessidra. L’allegria di poco conto è la polvere di vaniglia sui dolcetti al cacao: divento empirico costruisco vulcani di sabbia scavo e scavo miniere con la mano buona appoggiandomi col viso a terra per arrivare profondo. Perdo la libertà dei turbamenti che mi farebbero vibrare. Il benessere dell’acqua del mare fa come fare l’amore finché alla fine il pensiero si diffonde sulla pelle e divento gratitudine accaldata senza sogni se non forse restare vicino alle onde interamente indifeso e coraggioso. I grandi pensatori quando costruiscono treni di legno ai figli. Vivo una cronaca immaginaria durante la ripresa del giorno successivo. Posso avere molti lunedì, se organizzo di rendere schiavi della ricerca i vicini, e così tornare tutte le volte sull’isola di partenza secondo la sceneggiatura ciclica. La vaniglia sui pasticcini di cioccolata e noci tritate sa di eroismo e pratica. Di servizio militare e accademia dei dissidenti. Così la gioia toglie le sfumature e Picasso fa la guerra al rinascimento con gli spigoli netti come lame. Travolto, dopo la potenza esercitata dalla radiazione luminosa, non so e non mi importa di distinguere le responsabilità differenti tra le risate e il sole. Ricordo soltanto che poi, tornando, ho sperimentato ancora come si potrebbe fare a impedire senza offendere. In quanti modi buffi si può pronunciare “No” per non ferire. La presa del potere ha moltissime sceneggiature. Tutti dicono che è poco comprensibile come si possa conciliare metodi e libertà. Sturar Mill affermava che il potere è implicita violenza. Quasi anarchico. La gravità di Newton impera persino adesso la vita a misura delle nostre costruzioni, ma ci sono dei dubbi che il pulviscolo emotivo, che avvolge le descrizioni del sole di ieri, invece non ne sia del tutto svincolato. A partire dalla necessità di dire ad un bambino di due anni ciò che in un certo momento non vogliamo che faccia, rifiutando un facile consenso, si fonde il suono della voce sicura con un sorriso dai contorni seducenti. La linea e l’ombra del non finito fanno pensare a quanto si deve studiare se non si vuol diventare improvvisamente incapaci, proprio nei momenti d’amore nei quali si gioca il nostro e l’altrui futuro.

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