2016-1972


lei


Posted By on Apr 27, 2016

Lei imparerà lentamente a parlare. A forza di sentirci dire distrattamente le cose di tutti i giorni. Senza avere consapevolezza che ci sta ascoltando.

Noi accanto non penseremo che la recitazione della lista delle cose quotidiane, che dividiamo giorno e notte, ha una grande influenza su di lei.

Sonnolenta fluttua la sua attenzione. L’attività cerebrale ridondante si appropria rotolando delle nostre voci. I toni che si alternano raccontano le storie non lineari di noi. Saremo tu ed io eventi sovrapposti.

La sua vita mentale si costituirà come si ordinano sul tetto i rettangoli di terra cotta: connessi per parziale sovrapposizione ciascuno a quelli circostanti…. E il primo all’ultimo per una cascata di fenomeni statici.

La sua infanzia sarà leggera proporzionalmente alla nostra capacità di distratta affezione. Sarà pesante in proporzione con la nostra sciagurata contratta ossessione.

Se porterò regali anche di poco conto inattesi lo saprà. Sentirà ogni volta che sposterai la pianta sul davanzale. Le variazioni potranno essere pensate un balsamo. O un veleno.

(È che siamo pre-disposti anatomicamente alla responsabilità affettiva. Da subito. La mente nell’utero rispecchia il mare prenatale. Durante il parto avviene la nascita che è una trasformazione della vita mentale. Subito diventa essa stessa ‘mare’ e assorbe e lascia sfogare l’impeto dei terremoti che cadono dal cielo senza difficoltà. L’aria il freddo il rumore la luce sono il mondo in sintesi e in frammenti: insomma al suo peggio. Ma il parto è fisiologico al feto. Non è un trauma. Perché al parto il feto si trasforma. E lascia in eredità a suo figlio/fratello solo una inquietante potenza. Gravidanza è la carezza informe e quieta del liquido amniotico lungo fibre afferenti dalla pelle al gomitolo elettrico degli emisferi. Vicenda individuale ed irripetibile costruisce la struttura cerebrale. Per questo noi, poi, siamo pensieri lungo lo stampo di un tempo biologico. È alla nascita la restituzione all’io, che si è formato in quei momenti, dell’eredità di essere nati dalla biologia pura. La materia ha il tempo. Lo svolgimento dei fenomeni fisici della realtà. Nel feto il pensiero è specchio dell’acqua, misurazione dell’invariabile sciabordio delle onde. Nel neonato il pensiero si rivolge al mondo. L’io si costituisce nell’attimo che il tempo dei processi biologici fetali diventa inizio. La vita è storia della mente. Da allora siamo pensieri lungo le evoluzioni di una impronta che ha in sé i ritmi del tempo biologico formatosi in mare. Al parto la struttura cerebrale cresciuta dall’acqua e fino a quel momento solo recettiva, diventa attività di pensiero individuale. È assolutamente difficile immaginare il passaggio dalla recettività attiva intrauterina alla attività dell’io del neonato che conosce il mondo.)

È successo sempre che si sia allontanata la bellezza, che si siano vietate per secoli nuove forme di pensiero, che si sia impedita la necessaria violazione di certe ristrette frontiere dell’arte. Così non sarà uno scandalo che non si sia mai ammessa una nascita senza traumi.

(Questo mugolanti pensiamo: percorrendo, per farla addormentare,  le stanze in inverno e il perimetro del palazzo in estate. Senza parole si canta per essere sicuri di non inventare favole traditrici o fantasie improbabili e devianti.)

Quanto accade alla mente nel parto è stato annullato. La nascita mai presa in considerazione fino a pochi anni fa sul piano neuro/fisiologico è stata ritenuta impossibile per la maggior parte del tempo della civiltà umana.

Ma ineluttabile è l’evidenza che il parto è tanto fisiologico per il feto quanto sarebbe fatale per il neonato. Qualcosa dunque succede in pochi momenti e rende irreversibilmente differenti feto e neonato.

Se è vero è necessario dimostrarlo.

Noi non abbiamo che lei. Osserviamo la sua pelle che sembra irradiare. Attrae la nostra tendenza più umana ad abbracciarla. Ha quella potente interezza! È così ben definito il suo disegno alla luce della finestra! Sono così accesi gli occhi sonnolenti! È davvero prepotente la solitudine nel silenzio delle sue ore svagate. Quando non dorme e non piange e non chiama. E chissà che pensa.

La piega delle sue labbra manifesta una innata incoscienza di rivolgersi a chiunque escludendo ogni ipotesi di dispiacere. Nonostante la nostra inesperienza e il mondo al suo peggio.

E forse dunque lei non si sbaglia. E forse solo noi siamo quelli che potrebbero sbagliare. E sarà inevitabile. Allora la sua nascita ci consegna alla sua pazienza. Alla sua forza e resistenza. Non ci regala lei. Ci regala a lei.

Ci pagherà con sorrisi di conferma o il suo pianto ci vedrà brancolare innamorati e confusi. Il pensiero che nasce in lei è sempre in grado di godere o dolersi della nostra variabile inesperienza.

È, in qualche modo, immediata forma, l’io.

Riguardo alla sorte della relazione con lei sappiamo oramai definitivamente che -le difficoltà che avremo a cambiare quanto deve essere cambiato in noi per ‘comprenderla‘- sono legate ad un problema teorico/pratico.

Il problema è che bisogna realizzare la comprensione esatta dei fenomeni che fanno la nascita della vita mentale degli esseri umani, per sbagliare il meno possibile la prassi di relazione tra esseri umani.

Per ora, intanto che dobbiamo sviluppare il linguaggio necessario, ci sembra che basti averla accanto per avere la sensazione che tutto è a posto.

Ma sappiamo che non è così immediato. Che l’ordinamento degli accadimenti come si dispongono nel suo mondo è tale che anche le voci da stanze lontane muoveranno i loro effetti.

Sappiamo di dover imparare a cantare. A chiamarci tra sala e cucina. Tra camera e giardini. A gridare comandi per la spesa fin dalla strada. Sappiamo che i primi anni senza didattica sono essenziali.

Anni interi solo in parte in nostro potere. Anni che parranno in mano solo a lei. Un amore ignoto sta alla base delle prime parole balbettanti che versiamo nella culla chinandoci al buio.

Il 2016 si china sul 1972. La prassi attuale di ricerca psichica si inchina alla dizione ‘Inconscio Mare Calmo’.

Cominciamo a capire che ‘Inconscio Mare Calmo’ è la dizione al centro di una teoria. Una espressione verbale tanto potente quanto per decenni la nostra confusione in proposito ci aveva convinto che fosse una allusione poetica.

Invece era la espressione scientifica di una scoperta clinica originata dalla fantasia e pronunciata con un coraggio disperato.

Dovette disperare ma non poté tacere lo scienziato che rivelò la scoperta di quella funzione, tanti anni fa. Quando compose la verbalizzazione ‘Inconscio Mare Calmo’.

Poi, insieme alle parole, sentì la disperazione andare via.

La frase racconta come si passa dalla disperazione alla determinazione. E rispecchia l’attività mentale che comprese la natura fisica dell’io della nascita.

Alla nascita di lei abbiamo sentito subito la nostra insufficienza. Ma anche che non sarebbe stato niente più uguale. Abbiamo gettato via il concetto di amore generato dalla cultura precedente. Adesso ci godiamo la nuova modestia.

L’amore come lo intendiamo dopo di lei sovverte un po’ tutto. È una parola che cerca l’affetto perduto. L’amore di ora sa di un amore senza affetto. Teme le parole vuote. Sa di un presente che fa solo un eco al passato senza capire la storia della generazione del tempo dalla materia.

L’amore di ora sa di un amore che non sa la nascita del bambino dal feto e neanche sa la vicenda naturale della gravidanza del feto. Non sa che è quella vicenda la madre che dà alla luce il figlio/fratello. Il neonato.

L’amore dopo di lei sa che le attuali frontiera delle conoscenza sulla nascita umana sono una corazza fragile. Lei non è mai stata, dal primo momento, una prigione disabitata. Figlia, è anche teoria da adottare.

La fantasia di sparizione verso nostre situazioni interiori di compromesso con il conformismo culturale proprio e altrui ci ragala qualche momento di calma.

Ci perdoniamo le inesattezze e le approssimazioni di trent’anni.

Svolgiamo ancora innumerevoli ore di lavoro insieme, con lo scarso giudizio, e il volubile criterio, di svogliatezza e distrazione.

Questi primi anni in cui ci pare di cominciare a capire sono venuti per ultimi. Era ineluttabile, dopo tanta ottusa insistenza. Ma proprio l’ineluttabilità è una prova. Sebbene non sia ancora una dimostrazione.

È così, alla fine, Inconscio Mare Calmo è un impegno vigente. Cerchiamo il bosone di Higgs. Di certo, consapevolmente, per facilitare il riconoscimento di un premio al suo scopritore.

Ma, nel mondo più contenuto di questo terribile presente di degrado sociale politico e psicologico, cerchiamo anche per noi, per il poco, per risolvere due opposte immediate necessità.

Cerchiamo cioè per essere un po più sicuri nel tenere tra le braccia una persona amata che la forza delle nostre braccia sia ancorata ad una originaria seppure non confermata sanità degli esseri umani.

E cerchiamo anche, all’opposto, per riuscire a disancorare da noi senza sensi di colpa coloro che non riusciamo più a capire ai quali non possiamo più giurare fedeltà perché non sappiamo amarli quanto certamente meriterebbero.

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