addii


leggero irreversibile


Posted By on Feb 26, 2015

Nessuna domanda più se si vuole inaugurare una relazione modernamente possibile. Promettere la cosa più improbabile: tacere. Promettere di smettere di fumare e di ubriacarsi. Promettere di vincere il suicidio quotidiano. Guardare i volti e sapere che è finita finalmente, ma non è la fine. Guardare gli altri senza nostalgia. Abbiamo concluso quanto dovevamo concludere. Fatto quello che andava fatto. La leggerezza dell’irreversibile schiarisce lo sguardo. Non c’è altro che lo consenta. Ci sono cose che non tornano più mentre ancora viviamo. Sono quelle imparate per sempre affondate nelle scie. Alle spalle i lacci interrotti.

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“TRIBUTE TO”
©claudiobadii

” Ricerca sulle parole per la psicoterapia nell’Opera Poetica di Seamus Heaney* e i riflessi della traccia mnesica del pensiero non cosciente in ‘Onde’ di Virginia Wolf

I rilievi del pensiero moderno che siano passati al vaglio ma, prima, illuminati dal vento traverso dei poeti e dei letterati migliori. Apici, in sezione, e valli e apici e valli e. I semafori, grattacieli di colori uno sull’altro, consentono (in realtà costringono) ad arresti e rilasci modulari. Una impronta sul terreno di polvere di perle per il passo ogni volta assai grande dell’umanità. Suscita sensazioni di fascinazione la visione delle diagonali cosmiche è credo vento stellare. L’attività fisica della mente un po’ prende atto e di più mette di suo producendo su ciò che è effetti pratici a-posteriori insomma si hanno le mani sulla creazione ogni istante riguarda il disegno delle stanze. O la credenza sulla forma di cose marginali ma influenti. L’attività fisica della mente aggiunge, dunque, decoro. Espressioni alte ne sono scienza e poesia. Non ce ne sono di meschine. Esempi di forme quotidiane ma non meschine di decoro sarebbero grazia, cortesia, non alzare mai la voce, portarti al cinema il lunedì, i ragazzini per mano lungo il bordo del marciapiede nel gioco di equilibrio, e luglio con i cucchiai e le coppe di acciaio luccicante con il ventre quasi piatto pieni di gelato alla crema. Sarebbero perché le coppe di gelato alte con i ventri ampi -appoggiati all’asse freddo e sottile- e distesi in una leggera convessità al cielo non se ne trovano più. I bar hanno suppellettili frettolose. Di peggio c’è che i più ci siamo impoveriti. Fondente come vaniglia al sole è tuttavia il pensiero bello che cola sulla mano. È ancora erotico disegnare le tue labbra sulle tue labbra con l’indice e il medio bagnati di quel latte che sghiaccia allattando il desiderio di imparare a dire tutto in altri modi. Mettere le mani su di te come fossi la creazione. Ogni sera chiudendo gli occhi per dormire poniamo un’impronta sul terreno lunare di polvere di perle. L’attività degli occhi che si chiudono escludendo la luce è come alla nascita. L’esclusione volontaria dello stimolo fisico senza perdita di rapporto con la realtà é stata nominata ‘rifiuto‘ per distinguerla  dalla corrispondente dimensione malata che è la ‘negazione‘. È alla base del sonno e del sogno, ma specialmente del pensiero creativo cosciente. L’erotismo è la placida potenza con la quale il rifiuto muove le dita sul tuo corpo uguale al corpo della “Regina della Torba” che fu estratto dal regno fossile di Danimarca e che adesso riposa di nuovo per sempre dentro il libro “NORTH” cioè la raccolta introvabile di poesie del 1975 di Seamus Heaney e poi sono io che mi chino su di te che la vitalità del sonno ha tenuto vita immobile fino a me. Non inorgoglirti come questo che dico fossero voglie senili di un piacere fuorviante. È che il sesso è -in ambiti stretti di pertinenza della linguistica terapeutica- conoscenza. La radiazione di fondo a partire dall’origine di una carezza alla nascita. Si espande poi: il seno che disegna la bocca del neonato che disegna il capezzolo all’apice del seno e impara la base della matematica.  Apici in sezione valli e apici e valli e cioè anni e anni dopo la possibilità ( o meno… ) di imbatterci e comprendere il senso della scrittura di Virginia Woolf in ‘Onde’. La traccia mnesica delle impronte del seno sul viso mostra negazione e rifiuto come onde. Il verso della corrente spinge il rifiuto contro la negazione. La rotta curva lungo la deriva e manifestamente quel mare è buono dico calmo e non immobile. Le barchette andavano sapendo di doversi scontrare con il malocchio culturale che, chissà perché, negava come utopia la speranza di rifiuto. Barchette che hanno tutt’ora quasi esatta la forma corrispondente alle onde del mare infantile. Il seno non aveva figura e la parola dice che era segno di possibilità di esistenza in assenza di pensiero verbale. Il resto è quanto si deve ancora esprimere e certezza del lavoro umano.

nota per Seamus Heaney qui

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mare buono


Posted By on Gen 6, 2014

Questo amore, capriccio che dura, può diventare estenuante nel tempo. Il coraggio spinge il capriccio lungo le coste dell’invenzione. L’abilità manuale tratta il tempo -separato in grani d’orzo- ruminando il rosario tra le dita. La distrazione con cui osservammo la stagione ci trasformava in grani di nuvole. In forma di goccioline e sostanza di vapor acqueo si fece di un capriccio l’amore per i giorni che hanno ventiquattro ore di costanza. Il pensiero sulle cose, come sono le rondini e le spese mediche, ha giocato con l’assoluto del tempo divino. Nessuno vince, ho capito. Ma si può arrivare a perdere la paura del fallimento. La rinuncia a dio è il paradiso in terra. La comprensione dei suoni sulle rive del pensiero umano prima del linguaggio verbale è altruismo. Senza più glorie inaugurali, e spettrali eroismi, finalmente, il tempo è pensiero che è certo di ciò che vede e va per avere quello che c’è e non può essere deluso. Sulla terrazza degli osservatori telescopici, che danno sull’origine lucente, e sull’infinito splendore del dopo, non sara più necessario essere temerari. Il SÌ, risonante, è la prima e l’ultima parola. Guardo stupito come la prima volta l’acqua lucida di seta stesa a fluttuare alla spiaggia le sei di sera una distrazione di mia madre agosto splendente di latte io nell’abbraccio del mare buono innocuo come più il padre conosciuto mai nessuno. E dopo sono certo della crema fresca del gelato un regalo era notte non troppo tardi però e lei mi lasciò il tempo di valutare la grana del buio e forse è grazie a quella concessione di tempo serale che un ragazzino di tre anni perde la paura per sempre…

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una memoria di sabbia


Posted By on Ott 25, 2013

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ISTINTO DI MORTE E CONOSCENZA
©claudiobadii

Il linguaggio umano si è evoluto finito che fu il buio. L’inizio da una interruzione e una lingua rossa spunta da un cuscino di colore nero. Non è oppure lo è la coda di un diavolo. Si emerge dalla natura. L’usignolo passa la notte noiosamente. Chiama che pare addirittura bello. Ma i secoli ad ascoltare mettono la creazione in dubbio. La mia poltrona ergonomica è il tentacolo di una piovra: progresso. La memoria comodamente guarda sui muschi i licheni la steppa forte. Con uno specchio rivolto verso di me ti avvicini. Non potrai stenderti accanto così conciata. Il tuo passato è tempo oscuro dietro lo specchio. Non ha il carattere simbolico dell’amore. Non ha in sé la cornucopia. Forse avrò sviluppato il linguaggio dal chiasso di molti strumenti. Avrò scagliato dal seggiolone cucchiai e giocattoli di plastica rumorosa. Si nasce ingegneri e allora, poi, da un metro da terra è un altoforno l’ebbrezza e l’altezza generano l’idea di una fusione. È creativo e diseducativo -per la pedagogia del servilismo- che siamo per un poco figli unici e che si sappia di un interesse esclusivo e che si sia avuta una conferma in termini irrazionali. Quel fare amoroso dei primi giorni (in genere gli ultimi belli) cresce in noi i famosi muschi e licheni e inventa l’industria chimica per la produzione del bianco di zinco e il giallo paglierino. Avemmo la nostra bohème, la chiamata dei colori in tubetto e l’adunata alla pittura. La conversione alla letteratura nelle steppe, nei giardini dei ciliegi, ovunque fiorisse la buona terra. Le plastiche rumorose risuonano ancora. Le mani disegnano circoli irregolari sul foglio vera parodia di ‘cuori’ e ‘regole’ infranti. Poi vengono i suoni delle parole. Cose dette che cacciano via tutti. Di fronte a tutto questo gli usignoli risultano noiosi. Ad altezza d’uomo l’identità oscilla al canto. “Ooh issa!” Grido ai rematori di triremi. Un usignolo canta con la naturale ferocia di chi ha una memoria di sabbia. I suoni dei passeri militano come predatori a guardia di angoli inesplorati. A causa di tutto questo io non penso quasi mai all’amore per te. Preso dalla difficoltà a smettere le mie abitudini di pensiero. La disonestà della ripetizione. Da opporre ho piccolissime cose: la beatitudine nel togliermi la giacca bagnata di pioggia e la santità miracolosa del rifiuto. Tu non capisci ancora: perché si, è vero che mi gridi promettendomi te stessa:”Sei solo te che voglio” , ma porti tra le braccia uno specchio rivolto avanti. Un corpo lucente di vetro. Tu hai fiducia nella dialettica. Hai lo specchio della speranza dialettica. Il tuo corpo mi appare un riflesso glaciale di rabbia. Che ne è stato dei tuoi primi giorni?

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porta rose la scienza


Posted By on Gen 30, 2013

jan e sarah saudek - allegorie dell'umanita

Jan e Sarah Saudek – Allegorie dell’Umanità – qui

Lunedi 28 Gennaio, verso le tre e un quarto, finivo di scrivere queste mie perplessità. “La domanda è: cosa succede nei punti in cui ci sono forzature formali grazie alle quali lo spazio assume qualità imprevedibili? Quale è la funzione del pensiero corrispondente? E’ quello il grado necessario di regressione, di immaginazione, per realizzare l’idea di quanto ancora non c’é? Allora l’invisibile è il non immaginabile…

L’articolo era intitolato “La verità sta sul limite?” e lo avevo preso dal titolo di un libro che non ho letto e che non conosco ancora. Avevo colto la suggestione che si riferisce al calcolo infinitesimale. Perché la descrizione del moto, (delle sue qualità), quando se ne indaga la natura mentre esso (il moto) accade, è uno di quegli argomenti (argomenti ‘limite’ di fatto) che sono un ottimo terreno per l’indagine del pensiero non  convenzionale. (Era per studiare il versante strano del pensiero, però dalla parte della sua massima espressione di integrità. L’integrità del pensiero non è una metafora letteraria: essa sta all’opposto della improduttività e disgregazione della pazzia).

Perplessità degli ignoranti di fronte alle ovvie conclusioni della topologia. Certe ‘figure’ non sono figure, perché sono esclusivamente idee di possibilità, non essendo mai state percepite nella realtà esterna. Nascono nel corso di un processo interrogativo nella mente. Non indago le motivazioni, ma le funzioni. La motivazione è certamente una funzione, ma decido di escludere ogni grado di feed-back che arresta la ricerca su un circuito ossessivo.

Usavo due espressioni: -una diceva de “la funzione del pensiero corrispondente a certi punti” della discussione che, nel campo della topologia sono, per esempio, quando si decide di piegare di centoottanta gradi la superficie della strisciolina di carta per ottenere l’anello di Moebius. O quando si esercitano azioni sulla superficie di un quadrato che diventa un cilindro e poi azioni su quel cilindro che diventa una superficie (bottiglia) di Klein. (vedi qui la bella trattazione relativa)

Intendevo dunque esprimere un legame essenziale tra azione sulle superfici e funzione del pensiero.

La funzione del pensiero, in quel caso, è una azione su una superficie. (L’azione del pensiero sul pensiero di una superficie). Quella azione, ed altre di quello stesso genere, (qui ci serve il riferimento alla topologia) sono capacità di immaginare certe qualità dello spazio che è una realtà (fisica) non percepibile dal nostro apparato sensoriale. La realtà fisica in questione è espressa nella forma verbale di: spazio quadrimensionale. E nella forma grafica (o devo dire pittografica o ideografica) di: R4.

Procedendo: quelle possibilità, generalmente dette di astrazione, sono espressione di regressione verso vitalità e azione del pensiero. L’astrazione implica una regressione carnale. La scienza, che si occupa di realtà fisiche non percepibili, implica (necessita, addirittura, de) la conoscenza della teoria della nascita: l’io alla nascita ha il massimo grado, seppure indifferenziato (potenziale) di capacità di immaginare. (IDMEC)

La regressione consente e misura i gradi di libertà dell’immaginazione. Si può distinguere tra la fantasia dello scienziato e la fantasticheria della persona confusa. Trovare un contenuto di realtà all’io della nascita implica riconoscere, nella grafica della scrittura che lo esprime, una azione del pensiero secondo una ulteriore ‘ovvietà’.

Chiameremo ovvietà decisive quelle azioni del pensiero che si effettuano, o ci viene chiesto di immaginare che si possano effettuare, per ottenere certi tipi di superfici topologiche. La scienza ci chiede di riuscire ad immaginare quei modi (quelle azioni). Per esempio, ci chiede di esercitare a nostra volta, come gli scienziati, una azione –del tutto inutile dal nostro punto di vista!- di rotazione di 180° di una striscia di carta, lungo uno dei suoi assi longitudinali….

Tali azioni, ovvie secondo certi modi di immaginare la realtà non percepita, determinano poi una discontinuità nella idea che avevamo sempre avuta della natura. Così altre azioni decisive del pensiero, poste lungo l’asse storico dell’embriogenesi, pongono la nascita (dell’attività mentale) umana, alla fine del parto: quando avviene l’attivazione del pensiero per stimolazione luminosa della retina. Tale azioni del pensiero teorico determinò, nel 1970, una discontinuità nella idea di natura umana.

Ma, qui, cioè su queste pagine del tutto posteriori e amorosamente inattualialtro prende il sopravvento. Perché sono arrivate le parole di due donne in risposta all’articolo. Esse hanno -delle donne- la pazienza critica verso l’approssimazione delle altrui (mie) domande. Le domande erano per l’impulsività del desiderio di capire. Le lettere di Anna e di Lori coniugano la scienza a riflessioni quasi conclusive sui loro rapporti d’amore e, a me pare che poi, uniscano a questo certi pensieri della loro cittadinanza nella ricerca. E questa è una questione ‘politica’.

Esse chiariscono: 1) che ho erroneamente usato il termine sforzo, che non c’è, mi viene detto sorridendo, perché lo sforzo è solo un difetto di comprensione per scarsa capacità di tornare all’io del neonato. E: 2) che l’entropia è per la legge di conservazione dell’energia nei sistemi chiusi. Ma per fortuna, esse dicono, non esistono questi sistemi poiché siamo animali sociali sessuati.

L’idea che sviluppo, in relazione alla validità delle osservazioni che mi fanno, è che, per davvero, troppo facilmente mi lascio sedurre, lascio dipendere la legittimità del mio pensiero dai fiori. Dalla maggiore o minore consistenza dei mazzi di rose. Cerco di spiegare: vive, nel fondo delle convinzioni acquisite, l’idea che si sia giustificati dai balconi pieni di rose. Poiché porta rose la scienza, e porta rose la parvenza di aver capito, io ho la fretta per il colore rosso contro il cielo. E dico quello che dico.

Anche quando tutto va benissimo, forse c’è l’idea di non essere stato amato mai. O l’altra idea in contrasto con la prima, che l’amore sia stato ricevuto senza merito. Essa sarebbe venuta per via che l’amore fu dato male. Non è una idea cosciente, e fa sbagliare la scelta delle parole per le cose. Impedisce di differenziare la stanchezza di essere sfruttati, dallo sforzo per il compimento di un lavoro, dalla forza dell’intelligenza per la continuità di una ricerca.

Ed ecco quanto accennato nella sua forma chiara.

Lunedì 28.01. alle 15 e 30 scrivevo in nota all’articolo La Verità sta sul Limite?…. cosa succede nei punti in cui ci sono forzature formali grazie alle quali lo spazio assume qualità imprevedibili? Quale è la funzione del pensiero corrispondente? E’ quello il grado necessario di regressione, di immaginazione, per realizzare l’idea di quanto ancora non c’é? Allora l’invisibile è il non immaginabile…

Alle 23.21 Lori risponde: “Dobbiamo necessariamente partire dalla Tecnica: la superficie (Fläche) di Kelin è uno spazio topologico di un quadrato, dove abbiamo una funzione iniettiva che trasporta elementi del dominio in elementi distinti del codominio, ma questo avviene solo localmente, a livello globale le circonferenze si sovrappongono. 
Il problema è l’iniettività, l’uomo occidentale ama pensare lineare: A va in B in modo distinto ed iniettivo, in realtà non siamo mai la stessa cosa localmente, ma globalmente siamo una unità.
 Non ci sono forzature formali, lo spazio assume qualità imprevedibili solo nello spazio tridimensionale, tutto è già presente, ma bisogna passare a dimensioni superiori a tre.
 Niente è invisibile, perchè tutto è immaginabile.
 Nel rapporto uomo donna quante dimensioni sono coinvolte? 
Esiste un bordo, esiste un dentro ed un fuori?
 Possiamo pensare ad entità sovrapposte e sovrapponibili ? ”

Il 29.01.2013 alle 20.32 Anna scrive “E se l’invisibile fosse l’immagine di quanto sappiamo che ci manca? Capacità di immaginare una distorsione dello spazio materiale e qualità specifiche per punti che ci incuriosiscono, pensiero di luoghi geometrici su ‘n’ dimensioni. L’equilibrio termico (o termodinamico) esiste limitatamente ad un sistema chiuso, tagliando fuori la miriade di eventi che potrebbero in qualche misura influirvi, generando il continuo spostamento del sistema nel tempo alla ricerca di nuovi equilibri…come una roccia rotolante (“Like a Rolling Stone!).
Ma per fortuna l’uomo non è un sistema chiuso, è un animale sociale…

Fino a qui i ‘fatti’. Adesso: so che la mia sussistenza, la legittimità del mio pensiero, era sempre dipesa dai fiori. Dalla maggiore o minore consistenza dei mazzi di rose. Ma sbagliavo. Sbagliavo, perché vive, nel fondo delle convinzioni acquisite, l’idea che si sia amati solo su balconi pieni di rose. Che si debba essere amati per farci nascere dopo essere venuti al mondo. Ma non si potrebbe stare al mondo senza una identità di immagine personale ‘prima‘. Prima dell’arrivo delle rose lungo le scale d’accesso al sole. La scienza porta rose al soggetto che può capire.

Adesso che ho meno bisogno so che c’è una relazione tra: 1) la possibilità di immaginare una realtà fisica non percepibile, 2) la necessità di una giustizia che vada nella direzione di riequilibrare le distribuzioni di ricchezze e opportunità, 3) lo stare insieme senza bisogno di una direzione che costa il freddo del calore che si consuma, 4) il fatto certo che la libertà ha qualità ancora ignote.

Poiché porta rose la parvenza profumata di aver capito, io mi confondevo. Confondevo la scienza difficile con il seno di una ragazza estremamente persuasiva.

Note (*) (Il nome Bottiglia di Klein pare essere nato da una traduzione errata del termine tedesco Fläche che significa superficie: questo è stato confuso con la parola Flasche che significa bottiglia. Ciò nonostante, il nome è considerato corretto anche in tedesco). vedi qui la bella trattazione relativa

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trattamento

C’è, nella letteratura specialistica, un continuo proporre nuovi interessantissimi studi per ‘anticipare’ la comprensione della clinica, l’inquadramento delle sindromi e gli atteggiamenti terapeutici. Leggevo e pensavo: questi bellissimi testi non potranno essere mai usati come si vorrebbe, per anticipare davvero una crescita di conoscenza. Potranno aumentare la quantità di nozioni che si hanno, questo sì. Ma…essi sono stati scritti perché i loro autori hanno alle spalle decenni di lavoro. Solo dopo decenni di lavoro potremo dunque assumerci la felicità intellettuale della comprensione degli schemi e della loro (cioè della nostra) legittimità. Poiché la loro legittimità sta nella loro comprensibilità e la nostra legittimazione sta nella nostra capacità di comprenderli. In questa conferma reciproca, che avviene nella lettura, si realizza una eterna ghirlanda brillante che schiarisce e consola, che porta il benessere di scoprire di aver lavorato bene, prevalentemente bene. Lo si scopre proprio attraverso la comprensione immediata che nella lettura si realizza. Si capisce attraverso una lettura consensuale. L’aver lavorato bene, rivelato nella comprrensione fluente degli altrui studi, non ha solo valore retroattivo, poiché i libri che si studiano confermano, con la fiaccola del comprendere immediato, che c’era si un buio nel nostro avanzare incerto, ma senza terrorizzanti presenze già da prima. Il fluire consensuale dei resoconti dell’altrui studio e pensiero fornisce anche il valore di una speranza, regala un modo migliore di rivolgersi al futuro immediato, ci lascia avvicinare sorridenti alla prossima ora di terapia: perché non ci spaventa di sapere con certezza che solo adesso si sa dirigere la fiaccola avanti. Non spaventa ogni volta essere certi che soltanto oggi un libro ci ha dato l’innesco per il fuoco. Il tempo nostro ci ha fornito la competenza scientifica e affettiva per la comprensione di quanto da altri è stato scritto, dopo che molto del loro tempo fu impiegato con affettività e competenze. Lo studio è adesso una nostra conferma e riproposizione. Una attesa di nuovo (ogni volta) possibile. La vita professionale futura un atteggiamento aspettante e silenzioso. Un assetto indispensabile, viene detto. Un attegiamento, augurabile in un medico, di cui sempre si parla, che non sempre si ha.

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