affreschi


in principio fu il sogno


Posted By on Set 6, 2017

la scienza contro il nulla

Sapere il nome di tutte le cose esistite. Chiamarle a raccolta in mente. Usare le cose nominabili volta per volta lungo le giornate sul greto dei fiumi alle pendici del bosco e pescare con il loro sentore sparso nell’aria le cose nominate. È la raccolta serale per comporre le frasi insieme e portarle sul tavolo in una caraffa che non si usa più per l’acqua e fa da fioriera. La cena intorno al fuoco legittima un ulteriore accenno, o un disegno.

Alla fine della giornata con la luce che scolora tutto comincia di nuovo: il mazzo sgargiante di discorsi sui loro gambi ondeggianti tra il piano del tavolo e il soffitto inaugura lo spicchio di ore prima di traversare i confini dell’universo, cicale su tronchi d’albero, con i sensi affidati alle funzioni primarie perché ogni volta la pretesa di una consapevolezza eterna del mondo si diffonde nel sonno e torna alla biologia lungo le linee di costa del mare temperato.

In principio fu il sogno.

Eccolo-arrivato-al-confine-del-mondo-che-si-siede-sul-gradone-di-roccia-punta-estrema-sul-vuoto-estrae-dalla-tasca-della-giacca-da-clown-la-stella-sottratta-all’inventario-universale-socchiude-gli-occhi-per-difendersi-dai-bagliori-accecanti-tende-indietro-il-busto-le-gambe-protese-in-fuori-e-scaglia-oltre-il-bordo-la-stella-ragazzina-ed-è-così-ogni-notte-e-il-nulla-si-allontana-e-l’universo-si-amplia-perché-il-sogno-porta-complessità-da-decifrare-e-il-tempo-che-serve.”

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Ciò che sono è un nome. Mi invento l’etimologia. Nome. Numen. Divinità. Persona. Sacralità della persona. Non nominare certi nomi invano. Cosa è invano, a questo proposito, cerco.

“Non vanificare il nome. Non polverizziamo con dichiarazioni fasulle, tipo >amoreamoreamore< la frontiera del senso. Aspetta… aspetta!” 

Ho lasciato risuonare definizioni come genio, scoperta, finalmente, vittoria, sapere. Ogni volta sulla spiaggia onde che bagnavano e si ritiravano ma non tingevano, non lasciavano traccia. Non erano come uomini e donne  con merce di civiltà oltremarine.

È restato invece il blu sulla tela antica. “Un tubetto di quell’azzurro scuro là, si… quello!…grazie“. Dodici anni. E andare via con i cilindri di alluminio dei colori ad olio nelle tasche: fuori un aria piena e schiere di pittori in giacca ampia su colline al vento.

Mani già nodose come poi ora a settant’anni o quasi. Nomi per strada. Borghi che agli incroci delle stradine hanno divinità locali.

Un’urbanistica politeista: ecco cosa traversai. Ancora traverso le medesime vicende. Nessuna storia. Mi evolvo qua da sempre.

Sempre‘ comincia nel 1976 quando conobbi Massimo Fagioli: lui che è diventato quarant’anni con le dita colorate di un’onda blu. Il resto non ha influito gran che.

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piccole cose

piccole cose

Devo mettere la pulsione? E in che modo? Qual’è la fisiologia corrispondente? Un androide è senza la pulsione e senza ‘vitalita’! L’androide, cioè la mia idea di essere umano ulteriormente sviluppato, per adesso me lo sono pensato senza un prima. Non ha la biologia l’esperimento che compio. Non ha gravidanza parto nascita…. Dunque. Devo mettere la pulsione per condurre avanti la ricerca?

Le richieste producono esperimenti mentali. Le proposizioni di tali esperimenti aprono scenari con più vie di uscita. Per non restare intrappolati tra due estremi e alla fine tenerci il vecchio copione di donna e uomo.

La pulsione di annullamento è una potente azione della biologia cerebrale congenita che pare non si possa modulare e dunque maneggiare in quanto tale nello svolgersi delle relazioni umane. Posta alla conclusione della nascita biologica si ritiene si fonda alla vitalita per la realizzazione dell’attività mentale umana. Priva di vitalità risulta incomprensibile e insostenibile.

Dire questo mi fa riflettere sulla correttezza della affermazione “una potente azione della biologia cerebrale congenita che pare non si possa modulare e dunque maneggiare in quanto tale“. Quale espressione verbale possa definire con esattezza le caratteristiche delle azioni della pulsione è una esigenza operativa che mi costringe ad un progressivo ininterrotto affinamento delle mie possibilità verbali.

Sto dunque di già modulando e maneggiando il linguaggio per impedirgli di ammucchiarsi in frasi stipate generiche e informi. C’è sempre questa modulazione. È indispensabile per maneggiare una forza che di per sé è una tundra di elementi organici in gelata e torpida agitazione.

Mi serve, in Rolling/Stone/Man, una qualche materia coesiva delle varie componenti il discorso, per accentuare col contrasto la chiarezza, e con tracce di massa inerte la consistenza, e con lievi incrementi di massa la stabilità. Deve poter compiere gesti di emersione dalle pozze stagnanti, movenze gocciolanti di sviluppo.

La lotta al decadimento energetico è parte costituente della costruzione di oggetti vivi.

Sono questi echi e intuizioni di quello che vorrei dire e che non riesco a dire bene. E allora la cosa cui tendono le mie ipotesi del risveglio si addormenta di nuovo nello sfarzo di panneggi di vesti chiare e profumate. Tirandomi fuori dalle coperte le lascio vesti giacenti sul letto accaldato di sonno: allora il giorno torna su di noi.

I capelli disordinati allo specchio vengono ricomposti da sbuffi e rimbrotti delle mani umide. Il dentifricio alla menta sfrigola in una schiuma fresca e tonificante. Le labbra e il palato riassorbono le parole mute -solo pensate- riguardo alla capacità di non soggiacere all’inerzia che la realtà materiale esterna quotidianamente suggerisce come scelta più economica.

Oramai l’ipotesi di un androide sperimentale non fa più paura. In qualche modo porterò avanti l’idea. Ogni generazione mette al mondo figlie e figli senza volerne prevedere la fisionomia e il futuro.

Mi affaccio per constatare le condizioni dell’aria di stamani e tendo sulla pagina un quadro nuovo. Il dio delle piccole cose ha preso la mente di un artista e su un’area grande splendente ha rintracciato tratti numerosi con un pennello sottile.

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