amateurs


È troppo, è stato detto. Così il freddo vuota la spiaggia. La veranda del ristorante sul mare è impraticabile. Il vino bianco è sconsigliato dal cameriere, con questa temperatura. L’uomo ne ordina comunque uno di gran pregio. Il soggetto di storie bisogna che abbia coraggio.

Che uno sia umano, vuol dire, in questa visione di autunno inoltrato, che lui, o lei, bisogna che si espongano in modo non metaforico al vino e al vento.

Ordinare inaspettatamente, insistere, eccedere appena, o il molto lavorare, l’industriarsi, mai in un travaglio ma sempre nell’insistenza di riproporre un’intuizione come fosse certezza, volere con il sorriso sono attitudini del soggetto del coraggio.

Lui/lei, cioè, sulla spiaggia del romanzo, chiunque ogni volta ‘andando’ allo svolgimento delle proprie frasi s’affretta e s’adopra a definire e scandire l’operazione di precedere il compimento delle proprie stesse procedure linguistiche con parole o inflessioni della voce o rappresentazioni in manufatti operosi, è: -sia il giovane visionario riparato dalla sua miseria all’angolo di strada -sia il fante di trincea che sperimenta, a causa di una giovinezza impulsiva, la fatalità fino a dove essa diventa sanguinaria.

C’è un ansito, nello slancio dell’assalto delle mani sulle opere, della stessa potenza dell’immobilità di un cantante cieco all’ombra di un portico.

A volte, il giovane o la ragazzina che siano scampati alla guerra dell’obbligo della propria adolescenza, sono mendicanti con occhi finalmente guariti.

Essi si gettano in un lampo all’assalto dei fianchi l’uno dell’altro che si intravede oltre un lembo di stoffa e il bagliore lunare di un sorriso. Nella Città del Tempo, Via della Capitolazione Nuova.

È, quel coraggio inconsapevole, un caso del soggetto grammaticale: eroe (o eroina) della sintassi essi soggetti esplicano l’eterna esplorazione di sé del sé. E portano avanti il progetto di un mondo invisibile che serbano in mente.

Scrivere è scrivere la Storia del Futuro. Fornire una definizione di essere umano progressiva e mai definitiva. Chi scrive deve avere il coraggio di costituirsi come conseguenza di gesti di iniziazione ripetuti. Sapere di essere esito ed esperienza di atti intuitivi ricorsivi. 

Il soggetto ha il movimento della crisi determinata da un desiderio e -all’opposto- l’imprevedibile gesto di guarigione dal desiderio nella cessazione della scrittura. Questi atti sono due tenui fessure traslucide sulla buccia scura dei semi narrativi.

Non è plausibile la scuola di scrittura creativa che è un inganno se il soggetto non si fonda sulla buona volontà cosciente ma sulla capacità di svolgere il tema dettato al soggetto da un precedente motivo.

Semmai dovremmo studiare alla scuola di guerra e di canto per tirare a campare le frasi come figlie di eventi involontari.

L’iniziativa verbale di un gesto dichiarativo (“yo te quiero“) e la flessuosa muta distensione del rifiuto di chi va via (“yo no te quiero màs“) sono l’accettazione e il rifiuto: i punti su cui si addensa tutto il coraggio delle proposizioni che disegnano le svolte decisive delle narrazioni e gli archi di portici ombrosi.

Tangente a quelle curve il cipiglio dell’attore impavido al vento della veranda interamente aperta sul mare autunnale risponde alla domanda di un dispotico sommelier : “Chi assaggia il vino d’inverno alle porte?”

Il regista dietro la macchina ronzante è preso da un dubbio. Se il soggetto sono la donna e l’uomo che agiscono pieni di impulso nello spargere sguardi lampeggianti davanti a loro e se ne vede bene l’impeto esplorativo, però non si vede il seme che genera l’intraprendenza.

La natura fisica della vita biologica che tiene e esprime la potenza del pensiero necessita di un nuovo attore: “Deve essere Omero all’angolo della strada”, ordina alla segretaria di produzione. E comanda una pausa.

Nella pausa ricordo. Venni verso di te spinto dal calore estivo e specialmente a causa di un raggio di sole che mi batteva i fianchi. Fu un gesto di guerra che non generò morte seppure fummo vittime di qualcosa che però era buona perchè entrambi ci teneva assieme.

Una parte di quel qualcosa era la storia: come eravamo arrivati là. Una parte era la temperatura: l’erotismo umido della pelle accaldata.

E certo per questo ciò che poi è stato di noi e fra di noi fu anche evaporazione, al soffio dei tempi, che ha ridotto il divario tra dentro e fuori ed ha ricreato un equilibrio intorno al movimento storico dei nostro corpo politico, e addensato e conservato il calore in fondo alle fibre più intime dei nostri antiquati corpi biologici.

Oggi, a proposito del coraggio, prerogativa degli agenti di ogni storia, mi chiedo se la ricerca potrà mai chiarire in quale proporzione il calore estivo che sferzava i corpi fu causa (e ‘soggetto‘ …!) della nostra promessa d’amore.

Se fui io o quell’estate particolarmente afosa a vincere le opposizioni che sempre frapponiamo al nostro e all’altrui desiderio.

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Qua non avevo scampo. Per il punto da cui ero partito, il punto umano voglio dire: un incrocio tra la miseria ottusa e sonnolenta dei sottoproletari e la curiosità ansiosa del proletariato meno abbiente. Il pane per lo sviluppo fu la ferrovia che limitava la strada. Prendere i sogni al volo: gli sbuffi di vapore grandi come piccole nuvole. Immagini di mani tra i capelli che non ricordavo di aver mai sentito ma forse inventavo sotto lo sguardo di una ragazzina di sei anni che preparava una tisana per me indotta e istruita dalla madre che invitava con indicazioni a proposito dell’acqua da bollire sulla stufa, della teiera necessariamente di ceramica e della giusta durata del tempo di infusione: tre minuti, ricordo ancora. Da quel pertugio sfuggii al destino di una accidia fatale. Almeno la curiosità sopravvisse. I volumi della letteratura Einaudi che trovavi unici e numerosi dovunque per grazia di atletici maschi giovani aviatori ballerini volanti furono l’altra occasione di diletto imprevisto in aggiunta alla cerimonia del the di margherite. Quel che ci si leggeva erano sfracelli di parole non del tutto consone, intuivo, all’ordinato disporsi delle ore. Ci fu un conflitto tra il precipizio montanaro delle acque turbinose di Lolita e quel deposito del tempo accatastato mollemente tra le foglie che riposavano in fondo ai filtri bagnati. Questo secondo tipo di minuti obbediva alle dita piccine di una vera bambina protetta da una madre attenta delle quali madre e figlia io ero figlio fratello uscito dalla mia casa appena troppo scura e disadorna in paragone: infatti questa loro aveva il giardino la veranda di pietre il tavolo esterno e la pergola in alto per l’ombra. I ricordi vividi delle giornate infantili sarebbero molti di più di questi. Ma sono alla ricerca delle sensazioni mute e dense che non mi preoccupai di chiarirmi e adesso sembrerebbero utilissime. Il movimento dei giorni lo scorrere dell’acqua lungo il becco delle ceramiche nelle tazze poi nelle nostre gole lucenti e il tendersi dei colli magri il distendersi dei muscoli per vuotare il fondo dallo zucchero residuo che addolciva il sorriso che restava di gratitudine e promesse.

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sabbia sale buio


Posted By on Feb 1, 2014

Non devo pensare. Devo essere capace di correre sulla cresta del cappello. Sulla catena montuosa delle alpi, sugli Appennini e sulle Ande del cappello che hai in testa, nell’odore dei tuoi capelli sequestrati sotto il panno forte, devo poter muovermi da padrone dalla tesa di feltro color grafite alla pelle calda del tuo collo. Devo mettere insieme scrittura e pensieri con il coraggio degli amanti. Principe principe chiarisci. Principe principe conquista. Principe principe lasciati prendere. Non devo pensare. Essere sveglio senza coscienza. Ma i sogni non ancora esauriti potrebbero tornare a insinuarsi e farmi confondere apparendomi come se essi, sebbene sogni fino ad un attimo fa, appena si apre la strada del desiderio che vuole i contenuti invisibili ma annusati potenti come odore di amore e di libertà e di sessualità, potessero parere realtà presente e fuori di me come corpo. Dare corpo alle ombre… Comanda principe e lasciati prendere. Erano le favole. Scorrazzano in noi. Così i pensieri avrebbero suono. Sarei impazzito. Però se voglio esserti accanto….. Perché di fatto voglio esserti al fianco. Transfert. Contro transfert. Amore contramore. Dirti io quali sono i miei pensieri. Dirmi tu appena dopo che, ovviamente, sono anche i tuoi, addirittura che già da tempo essi erano pensieri tuoi. E confonderci. Abbracci a questo serviranno. A scantonare la confusione. Io te. Tu io. Te me. Tu me. Ballo dei pronomi. Le persone. Soggetto, complemento oggetto. Padrone del discorso e servo del discorso dell’altro. Io penso che tu…. Anche tu intanto pensi che io… Non ci sono regole. Scorrazzi forte nel cuore e nella stanza. Sui libri lungo i balconi dei ripiani dove i libri si riposano e quasi muoiono di noia. Affinché i loro padroni, avendoli abbandonati, possano adesso parlare senza più riferirsi alle frasi scritte. Ho imparato il linguaggio. Non ho più alcuna capacità di apprendere dai maestri. Faccio finta, in questa solitudine, d’essere maestro. Nell’inganno, quasi perfetto, posso esercitare -adesso senza troppi pericoli per altri- l’orgoglio. L’orgoglio di uno psichiatra è disturbo in forma di alterazione del pensiero che ha una acritica forma di onnipotenza altre volte è personalità diseducata che mostra ‘tratti’ di narcisismo. Tutti possono cadere in tali patologie nel tempo se non si preoccupano di ascoltare il brusio forte attorno a loro, il peso della fatica, la potenza assorbente l’orgoglio che viene dall’acqua pesante del bagno dei clienti ben attenti a farli filare dritti verso il centro dei loro interessi romantici più che verso vantaggiosi risultati clinici. Amore e Contramore nella vita fuori dal setting hanno importanti responsabilità in tutta la vicenda. Per me dico indicandoti col ‘tu’ di prammatica che eccoti al risveglio!  eccoti sempre tu a farmi immaginare che tuttavia non finisce mai un bel niente. La coscienza dopo il sonno è il sogno anche se non è sempre il ricordo di un sogno. La coscienza dopo il sogno è nostalgia dell’amore fisico. È certezza dell’amore fisico che rassicura il pensiero. Origine materiale della vita mentale. Amore Contramore. Avere i brividi esprime, se non lo sapevi, pensieri di risveglio. Dovremmo svegliarci con i brividi addosso come pensieri, coscienza somatica senza coerenza razionale d’essere al giorno che siamo. Essere la data te, e io, anche, una data. Dicesti secoli fa le cose che ora mi tocca scrivere. Che data ha oggi se tu sei la data che infigge il risveglio su questa coperta inutile. Il tempo di fronte a me sei tu: e allora che prospettiva ha questo tempo mio? Amore di controtransfert. Transfert di contramore. Si studia da decenni per chiarire che si insomma sarebbe proprio amore ma anche si capisce che è meglio avvertire che non sarebbe proprio amore. Si confonde tutto per una certa idea Condivisibile ma davvero difficile da digerire. Per un sospetto legittimo. Che se questo è un modo di stare allora gli altri non sapremo cosa potrebbero essere. Transfert d’amore è l’unico modo che valga? Una rivoluzione abortita all’improvviso dunque. L’intuito dei più attenti alla filiera dei concetti conseguenti li rende diabolici. Il terrore di un secondo da il via alla cultura della controriforma. La ribellione conformista, la rivoluzione permanente delle classi medie. Non si trae vantaggio personale definitivo da nessun amore, naturalmente. E posta questa matura certezza a garanzia restiamo con l’amore di controtransfert nel cuore, seduti quieti come il fiume grande che scorre lento che non pare altro che un fratello gigante dove si pescano i pesci fin dall’adolescenza. Si troverà il modo. Si trova sempre un modo. Forse questa è la cultura. Trovare un modo. Non so se è cultura trovare un modo SEMPRE E COMUNQUE. Ma senza la cultura non si va da nessuna parte. Lo so. Così transfert e controtransfert sono cose nostre. Nella psicoterapia, dato per certo che scoppia l’amore, si sono sempre trovate parole per far resistere vivo l’amore che intanto ci espropria di noi. Dato che la verità durissima è che, per parte nostra noi che siamo proprietari d’amore si espropria l’amore di se per far diventare quel valore sottratto quello che chiamiamo LA CURA. Quella per cui tu mi sarai riconoscente ed io ti sarò per sempre testimone silenzioso che non avrò detto niente più. Sogniamo treni ferrovie piazze palazzi ponti per esprimere il contrappunto pittorico dell’azione respiratoria: quando il respiro diventa ampio e dilagante cioè prospettiva e città intera e percorso transiberiano. Sogniamo quasi sempre i sospiri degli espropri. Che c’entra Edipo mi chiedo, che stupidità anti umanistica è la teoria freudiana sull’inconscio? Sogniamo sempre i nostri medesimi sospiri. Certe volte, prima, quando non si riesce ad avere il coraggio dei sospiri, cioè dei sentimenti belli e impotenti, andiamo dagli psichiatri a dire che ci è capitato di sognare furti e aggressioni e poi giuste persecuzioni. A volte, alla fine o quasi del rapporto, si arriva fino a che….” qualcuno veniva a liberarmi, qualcuno veniva a togliermi la spina dal cuore, l’ago dalle dita, a togliere la corona di plastica dal capo…” Ricorderete tutti quando, dopo la luna nel cielo, poi cadeva dallo stesso cielo, il giallo dorato dei baci. Dio sole e tinta della potenza espressa smascherò sempre ragazzini e ragazzine e donne e uomini spalmati sulla spiaggia che era domenica era quella la seduta di psicoterapia, l’unico giorno che faceva diga al lavoro. Non che una di voi ragazze valesse l’altra ma però tutte avevate il fascino d’essere donne. Non che ognuno di noi valesse ogni altro, però era quasi così perché così ingiusta era la giusta distribuzione diffusa di erotismo e attrazione che spirava sui muscoli di ognuno dal mare ad un certa ora della notte e diventavamo non più altro ciascuno che guerrieri ammantati di sabbia sale e buio. Transfert e Contramore. Ognuno il balcone offerto sulla sabbia d’aria dell’altra. Così avvenivano attribuzioni. In pochi siamo adesso capaci di restituire. Questo è il Contramore: restituire il tesoro. L’ingiustizia di quella ‘troppo incauta uguaglianza’. Di troppo incauta garanzia offerta in cambio della felicità di non temere di essere pazzi a confondere l’aria di mare con le poesie. Abbiamo baciato anche ragazze poco accorte e poco brave nelle recitazione alla lavagna. Siamo stati baciati a garanzia e ci sono state offerte linee di credito. I più le hanno buttate via. Ho visto molti fallimenti. Alcuni donne e uomini hanno tenuto fede alla corona di plastica. Hanno detto sarò regina, sarò re. Noi abbiamo tremato. Perché ci bastava fare a noi stessi una promessa di amore spassionato che quell’autostima ci piacque e aprimmo anche nel nostro mondo una crepa per sgusciare fino a lei e oltre lei. A lui e oltre lui. Transfert: amo te. Contramore: sono solo la tua voglia di me. Sono solo la tua voglia di te. Del momento precedente a quello quando perdesti la fiducia in te. Che poi mettesti tutto il tuo amore in lui, cioè fuori di te e non capisti che lui ti aveva reso evidente le tue capacità di transfert. Io sono Contramore. Una cosa che non si capisce. Conservo dell’amore il suono. Della sapienza il bianco dei capelli. Della vita il sapore nelle parole. Certo sarebbe bellissimo se adesso il tempo si fermasse. Restano le parole amore e Contramore. Come se intanto dicessi che chissà…. Amore, cultura, tempo. Pazienza, lavoro, distanza, certezza della presenza. Certezza che esiste un seno. O certezza che esiste il seno. Non è proprio la stessa cosa. Ingiusto dire che siamo tutti uguali. Infelice fidarsi di una uguaglianza di principio. Dio fa il mondo cattivo degli invidiosi. L’uomo fa il mondo buono dei cattivi che rifiutano il divieto della ricerca.
“….erotismo e attrazione spirava sui muscoli di ognuno dal mare ad un certa ora della notte e diventavamo ciascuno/a per l’altra/o non più che soldati disarmati di sabbia sale e buio….”

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bandiere rosse per soprabito


Posted By on Ott 6, 2013

citywash def

 “Bandiere Rosse Per Soprabito”(©claudiobadii) QUADERNI&OPERAPRIMA

Il pensiero del medico indaga la funzione. L’origine materiale della vita mentale viene figurata come ‘residenza’ del pensiero nella materia fino a quando coniare altre parole adatte. Il pensiero implica cambiamenti della forma neuronale. Il pensiero consiste nella crescita o decrescita di spine sinaptiche. Il pensiero è la propria funzione. Il pensiero non è -neppure agli estremi- pensiero di sé. Semmai fulgore fisico di tuoni, rintocchi, campanelli, chiacchiericci, scivolosi angoli, sincretismi, vicinanze, intimità di una folla stipata: un momento prima dell’imbarco. Il pensare ha qualità primariamente fisiche. Ontologicamente privo di finalità origina come estremità in cima all’oblio. Anche la luce è la propria funzione. Rappresenta il punto in cui si ferma la retorica delle scienze figurative. La parola ‘realtà’ non ospita nient’altro che il proprio suono. Ed esso sarebbe difficile da localizzare da qualche parte. Questo appare ovvio se si vede che l’attività neuro-chimica che lo compone confina con interi altri sistemi. A lungo teniamo la bocca chiusa se si hanno immagini. La vitalità è prevalenza di fenomeni di inondazione e bonifica. La parola che la esprime ammanta una notte quieta e iniziative incessanti di silenzio nelle quali la vitalità si esprime. Svelando che ‘riflessione’ ‘comprensibilità’ e ‘morale della ragionevolezza’ sono -clinicamente parlando- irrealtà. Escluse tali espressioni allusive la scienza è centro di una festa nuova.

“Sono io, che sto salendo le tue scale.”

La realtà fisica è concepita in entità intangibili che si sostengono esclusivamente su rivoluzionari concetti di ‘relazione’ e ‘proprietà’. Il pensiero è il segnale di un contatore Geiger che dichiara che non c’è abbastanza coesione nella materia per realizzare davvero dei ‘luoghi’. Per cui se non fosse per la quarta dimensione spazio-tempo definita individuata e tratta dall’assurdo all’inizio del Novecento adesso al parlare di realtà fisica tutto precipiterebbe.

“Figurarsi il disastro di essere una farina di atomi nel corteggiarti mentre ti accarezzo!”

Lo spazio è noi e noi così detto è la vibrazione di richiami in aree. Intanto la coscienza scientifica -che non è la razionalità etica- realizza assai meglio del sogno l’irragionevole in camere di preferenze e aspirazioni. In volumi abitativi sottostanti volte e archi. La veglia fantasiosa senza rompere alcuna sintassi sventola radici. Nel panorama post-atomico abiteremo in un fondo seminterrato o nel retro di una stazione abbandonata. Andremo in giro ammantati di bandiere rosse come soprabiti.

-Il tempo è necessario a certi circuiti neurali per raggiungere un certo assetto: sarebbe in sostanza un tempo circuitale insito nei meccanismi cerebrali. Di questo non si può avere ovviamente coscienza, ma potrebbe anche costituire la trama temporale del nostri vivere.- (Le Scienze – ottobre 2013 – ‘Spazio, tempo e cervello’ pag.19)

Il tempo esprime la resistenza della materia al formarsi dell’idea della attesa indispensabile a dare forma alla scoperta. Il pensiero creativo più di tutto tiene lontana la pazzia poiché le durate necessarie allo sviluppo delle ipotesi sono le trame temporali che costruiscono un muro e un balcone sicuro sulla vista sottostante. La vista è su una realtà di oggetto si realizza al riparo della vitalità di una immagine. La figura si può manipolare con una serie di azioni mentali e poi può venire distrutta causando senso di perdita e depressione. L’immagine sono azioni mentali di fisiologia cui sottende la capacità di ‘intendersi’ su una possibilità di trasformazione.

Sono alla lavanderia a gettone per asciugare i panni appena puliti. C’è un sole che tra poco va via perché deve piovere. Lo si vede esaminando la luminescenza delle nuvole a occidente sopra il mare. E quando piove la biancheria e le lenzuola la maglia scura quasi nuova e i maglioni di lei e miei resterebbero umidi e avrebbero poi un odore stantio. Per questo ho voluto venire. Per avere addosso io e lei un buon odore sempre. Sono piccoli movimenti. Ho dei vantaggi e non sento sacrificio. Intere famiglie del tutto distratte nel bar di fronte a casa seminano ulteriori domeniche di briciole di brioche e cappuccini e latte macchiato grigio/bruno e succhi rosati di pesche e the dorati e trasparenti freddi economici di coloranti. Mai amato il brusio borghese che io ricordi. Oppongo il fruscio delle macchine da biancheria e il profumo delle sostanze chimiche di autopulizia e sterilizzazione indispensabili. Stasera sarò ancora abbracciato da questo aroma che mi tiene vicino un universo extracomunitario. Questi mio comunismo di detersivi iper tecnologici.

Una modesta canzoncina salsa cubana bella come sanno fare solo loro bella di niente rimbalza ‘argentina sulle tegole vecchie‘ di quelle teste cattive di padri impomatati e di quelle ragazze invecchiate di astio nei fianchi sempre un poco troppo stretti che rivelano corpi usati come pugnali. La poesia dell’infanzia scolastica ancora oggi si infrange sulle tegole vecchie di una scorticata coazione di rituali domenicali che si vede anche alla cima delle scarpe di certi ragazzini già corrotti dalle vernici antigraffio che valgono una parte cospicua della rata mensile dei concessionari di automobili.

Non ho mai amato niente di questo odore di mense al granturco. Mai amato niente di queste crociere a secco sulle prue delle pasticcerie amore mio. L’affetto che ci tiene ha in comune trascurare la cattiveria cretina di certe mentalità delle undici di domenica.

Ti porto insieme nelle aree piene. Compongo io la materia come vedo. Non ti faccio promesse per domani e di protezione. Sono io la promessa e tu l’eterno presente.  Le parole che prima non c’erano sono manifestazioni variabili di una certa forza di legame della materia cerebrale che spruzza in aria i nostri capelli dal cranio. Ti amo come dicono i miei capelli in aria. Sottomesso alla passione come al vento all’elettricità del clima da giudizio universale di stamani. Svegliarsi nel calore si oppone alle maledizioni di un inferno in arrivo che sempre qualcuno fa.

Siccome è da un poco che scrivo nell’angolo della lavanderia a gettone sono diventato tutt’uno con lo sguardo stupito di una signora di età e provenienza per me inimmaginabili. Lei misura osservandomi scrivere quanto potrebbe mancare al suo turno di asciugatura della macchina grande da mezz’ora temperatura media….

Quando vado via capisco che ‘questo’ tempo resterà sempre legato a quello sguardo che mi stava addosso come una bandiera rossa perché ho scoperto che la signora non era che una cicogna rivoluzionaria silenziosa che mi ha offerto riparo da questa domenica. Confesso che la mia ricerca si svolge al suo apice dentro le lavanderie a gettone e nei supermercati semideserti delle una di domenica. Per cui il nesso umoristico è che la risposta sicura e quieta all’impaccio di molti che vengono a cercare le elevate nebbie della saggezza riposa -a loro insaputa- sulla densità dell’aroma dei detersivi industriali. Le mie parole si sono affinate carezzando le spine molecolari degli antisettici del citywash.

“Il tempo è necessario a certi circuiti neurali per raggiungere un certo assetto: sarebbe in sostanza un tempo circuitale insito nei meccanismi cerebrali. Di questo non si può avere ovviamente coscienza, ma potrebbe anche costituire la trama temporale del nostri vivere.”(Le Scienze – ottobre 2013 – ‘Spazio, tempo e cervello’ pag.19)

Ho impiegato -mi rendo conto adesso- tutto il mio tempo per il coraggio dell’espressione e questa è la trama temporale del mio vivere cioè tutto insieme la mia vita. Felice domenica cicogna rivoluzionaria. Decollando sulla pista del marciapiede tutto è ancora tempo di meraviglie. Le rivolgo soltanto un ” Arrivederci, buongiorno…” come niente fosse. Ma è assai diverso da ‘niente’ quello che so essere vero in questi tempi.

 

 

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Non saprei dirti perchè questa immagine in scrittura mi dice tanto. Non è solo un flusso, no. E’ sapere di quella ‘garanzia’, di quella ‘magrezza’. Perchè è stata vissuta nel tempo, e nel tempo proposta, sempre. E’ proprio memoria di qualcosa che è accaduto. Nell’incontro. Con te. E anche con altri, a volte. Questo ricordo in possibilità ti cambia tutto, sì. Sto qui, nelle gradazioni delle sensibilità da misurare e delle pressioni che c’è da ricevere e da esercitare. Ogni volta. E ogni volta diverse.

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