amore e incanto


Qua non avevo scampo. Per il punto da cui ero partito, il punto umano voglio dire: un incrocio tra la miseria ottusa e sonnolenta dei sottoproletari e la curiosità ansiosa del proletariato meno abbiente. Il pane per lo sviluppo fu la ferrovia che limitava la strada. Prendere i sogni al volo: gli sbuffi di vapore grandi come piccole nuvole. Immagini di mani tra i capelli che non ricordavo di aver mai sentito ma forse inventavo sotto lo sguardo di una ragazzina di sei anni che preparava una tisana per me indotta e istruita dalla madre che invitava con indicazioni a proposito dell’acqua da bollire sulla stufa, della teiera necessariamente di ceramica e della giusta durata del tempo di infusione: tre minuti, ricordo ancora. Da quel pertugio sfuggii al destino di una accidia fatale. Almeno la curiosità sopravvisse. I volumi della letteratura Einaudi che trovavi unici e numerosi dovunque per grazia di atletici maschi giovani aviatori ballerini volanti furono l’altra occasione di diletto imprevisto in aggiunta alla cerimonia del the di margherite. Quel che ci si leggeva erano sfracelli di parole non del tutto consone, intuivo, all’ordinato disporsi delle ore. Ci fu un conflitto tra il precipizio montanaro delle acque turbinose di Lolita e quel deposito del tempo accatastato mollemente tra le foglie che riposavano in fondo ai filtri bagnati. Questo secondo tipo di minuti obbediva alle dita piccine di una vera bambina protetta da una madre attenta delle quali madre e figlia io ero figlio fratello uscito dalla mia casa appena troppo scura e disadorna in paragone: infatti questa loro aveva il giardino la veranda di pietre il tavolo esterno e la pergola in alto per l’ombra. I ricordi vividi delle giornate infantili sarebbero molti di più di questi. Ma sono alla ricerca delle sensazioni mute e dense che non mi preoccupai di chiarirmi e adesso sembrerebbero utilissime. Il movimento dei giorni lo scorrere dell’acqua lungo il becco delle ceramiche nelle tazze poi nelle nostre gole lucenti e il tendersi dei colli magri il distendersi dei muscoli per vuotare il fondo dallo zucchero residuo che addolciva il sorriso che restava di gratitudine e promesse.

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“AMORI FUORI CAMPO”

I giorni in cui siamo privati di noi dall’amore e dal sole sono quelli in cui meno ci apparteniamo. Quando il cuore appiattito sulla modesta curvatura della spiaggia sfiora i granelli della giornata e dimentica e dimenticando esce via dalla clessidra. L’allegria di poco conto è la polvere di vaniglia sui dolcetti al cacao: divento empirico costruisco vulcani di sabbia scavo e scavo miniere con la mano buona appoggiandomi col viso a terra per arrivare profondo. Perdo la libertà dei turbamenti che mi farebbero vibrare. Il benessere dell’acqua del mare fa come fare l’amore finché alla fine il pensiero si diffonde sulla pelle e divento gratitudine accaldata senza sogni se non forse restare vicino alle onde interamente indifeso e coraggioso. I grandi pensatori quando costruiscono treni di legno ai figli. Vivo una cronaca immaginaria durante la ripresa del giorno successivo. Posso avere molti lunedì, se organizzo di rendere schiavi della ricerca i vicini, e così tornare tutte le volte sull’isola di partenza secondo la sceneggiatura ciclica. La vaniglia sui pasticcini di cioccolata e noci tritate sa di eroismo e pratica. Di servizio militare e accademia dei dissidenti. Così la gioia toglie le sfumature e Picasso fa la guerra al rinascimento con gli spigoli netti come lame. Travolto, dopo la potenza esercitata dalla radiazione luminosa, non so e non mi importa di distinguere le responsabilità differenti tra le risate e il sole. Ricordo soltanto che poi, tornando, ho sperimentato ancora come si potrebbe fare a impedire senza offendere. In quanti modi buffi si può pronunciare “No” per non ferire. La presa del potere ha moltissime sceneggiature. Tutti dicono che è poco comprensibile come si possa conciliare metodi e libertà. Sturar Mill affermava che il potere è implicita violenza. Quasi anarchico. La gravità di Newton impera persino adesso la vita a misura delle nostre costruzioni, ma ci sono dei dubbi che il pulviscolo emotivo, che avvolge le descrizioni del sole di ieri, invece non ne sia del tutto svincolato. A partire dalla necessità di dire ad un bambino di due anni ciò che in un certo momento non vogliamo che faccia, rifiutando un facile consenso, si fonde il suono della voce sicura con un sorriso dai contorni seducenti. La linea e l’ombra del non finito fanno pensare a quanto si deve studiare se non si vuol diventare improvvisamente incapaci, proprio nei momenti d’amore nei quali si gioca il nostro e l’altrui futuro.

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