antifascismo


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Posted By on Feb 6, 2016

Leone Ginzburg

Leone Ginzburg

“Quanto fa bene il dolore” avevo scritto in una nota ad un certo giorno dell’anno. Non era disperazione neppure pessimismo. Ma mi pareva, avendo letto la storia di Leone Ginzburg, di intravedere una speranza nelle parole dopo che vengono inflitte le ferite. Poi mi ero pentito perché niente può esserci di buono in un dolore inferto ingiustamente e anzi con l’intenzione di sopprimere ‘tutta’ l’umanità.

Rimane in mente che anche il dolore certe persone sanno travasarlo in fontane di ispirazione. E non sono sicuro se questa sia la vera creatività. Prima di quella che produce l’arte. Una forma di pensiero che sa astrarsi dalle evidenze del presente personale e diventa mondo umano e poi, solo dopo, pensiero rivolto agli altri. E allora fa una grande emozione.

Pensavo liberando una parete dal buio di una libreria scura. E appesi un disegno steso sopra una tela quadra paragonata da me, non so come, ad una vela sul mare.

Leone Ginzburg era ebreo di origini russe, aveva vissuto da quasi subito a Viareggio. Poi era diventato quello che si potrebbe voler studiare che era diventato. Sarà per quel riferimento ad una infanzia sul mare che avevo pensato alle vele.

Di certo so che certi gesti sono definitivi. Che la certezza di non cambiare più una cosa non è la fine di niente di importante, perché al contrario consente l’inizio di una storia meno insicura. Di cui ci si assume la responsabilità.

Leone Ginzburg è morto ieri (5 febbraio) nel 1944, ucciso nel braccio tedesco del carcere romano di Regina Coeli. L’antifascismo è una chiara parete che richiede d’essere tenuta sgombra da impicci.

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