avere torto


Materialismo Inanimato

Materialismo Inanimato

Il Marxismo determina la conseguenza di un Materialismo Inanimato. Questo essere inanimata della teoria le toglie la trama necessaria: non è teoria umana, è una posizione filosofica ed inutile per la politica. Intuitivamente si comprende che un Materialismo Inanimato resta per sempre incapace a lottare con il Realismo Cinico contro il quale la teoria voleva scagliarsi promettendosi come arma ideologica. Libertà e giustizia furono pregiudizialmente assunte come necessarie al ‘discorso’: si posero come necessità naturali ma esse sono scelte, prese di posizione nella complessità variabile delle relazioni tra esseri umani e tra esseri umani e mondo, forme responsabili che di ‘necessario’ non posseggono nulla. Non sono naturali poiché nella natura la giustizia e la libertà non ci sono. Il Materialismo Marxista resta dunque Inanimato poiché avere identificato la proposizione di giustizia e libertà come strutture della natura da proporre e difendere però era un errore di conoscenza dato che esse rappresentavano semmai il futuro. L’uguaglianza originaria è la vitalità ma essa, non essendo pensiero nè provvidenza ma condizione comune, ha bisogno di tempo e di rapporti per esprimersi in forme tanto numerose quanto sono gli esseri umani.

Il Materialismo Inanimato Marxista  non ha il possesso della conoscenza perché tutto quanto ha affermato sulla natura umana, seppure sia senza il ricorso allo spirito, non ha cercato nel luogo delle transizioni, nel passaggio tra l’esistenza biologica da cui origina il pensiero e la nuova natura del pensiero medesimo che non può essere più ricondotta alla biologia secondo corrispondenze biunivoche e neanche secondo rigidi e piatti schemi di attività. Non avendo cercato non ha trovato la parola, quella corrispondente al passaggio tra somatico e psichico, tra materiale e mentale. Confondendo il non materiale con lo spirituale ha temuto e irriso quest’ultima cosa: il problema fu un Materialismo Marxista Inanimato perché aveva annullato la vitalità come esistenza di una condizione biologica alla base del pensiero umano. Il Materialismo senza Vitalità è Marxismo Ideologico e Dialettica Spettrale: un Antiidealismo la cui irrealtà non è l’Irrazionale di una Utopia ma il Disperante di una Atopia.

La visione dell’essere deve essere basata sulla sapienza clinica dell’origine della vita mentale. La sapienza sull’essere umano è basata sulla origine materiale del pensiero. L’origine materiale del pensiero alla nascita è una evidenza clinica. Tale origine materiale conferisce le competenze sul pensiero alla scienza. Prima del romanticismo letterario l’io è attività di funzione biologica. Estremizzando: la clinica dell’essere è base per la giurisdizione e il linguaggio. Abbiamo attualmente pensieri che ci dicono che in assenza della fondazione del pensiero sulla materia il Materialismo Marxista resta Inanimato. Il Materialismo Marxista fu perché non si aveva la conoscenza dei fondamenti dell’essere umano: resta ancora il difetto, lo Scotoma Teorico che, una volta affermata l’origine biologica del pensiero, non sa andare avanti e porre la differenza tra le due differenti nature: del pensiero e della biologia. Se non si ha l’ipotesi della vitalità, come stato della materia che consente il passaggio dal somatico allo psichico, si crea la confusione per cui il Materialismo Marxista -da Teoria della Storia come era stata pensata- viene assunto come Ipotesi Clinica sulla Fisiologia della Mente per cui il dissenziente è pazzo.

La clinica dell’essere umano come realtà di pensiero riguarda la ricerca medica dopo che filosofi dello spirito per migliaia di anni hanno tentato e fallito. Dire dell’origine materiale della vita mentale costringe a trovare idee e linguaggi corrispondenti alla transizione. La vitalità non è atto del pensiero e non può essere afferrata dal pensiero in termini di riflessione come comunemente noi riteniamo di poter fare praticamente sempre. Per quanto essa sia biologia della specie umana è precedente alla nascita del l’io non cosciente, ANCHE del l’io non cosciente, e non è possibile esprimerne i contenuti come oggetti omogenei al pensiero, della stessa natura del pensiero. Si ha la vitalità ma non se ne sa essere detentori. Essa non assumerà mai variabili forme di concetto.

Pure è fondativa della possibilità medesima della vita psichica e tutto negli esseri umani la esprime. Le parole possono contenerla, i movimenti lasciarla trasparire, i passi, le speranze, l’attribuzione di senso alla parola ‘amore’ e alla parola ‘odio’ le sono assolutamente tributari delle loro stessa legittimità.

Per la via che cerca la vitalità si destrutturerà anche tutto il Marxismo e tutto l’Idealismo e forse, ma sarà più laborioso, potremo decidere di affrontare il dilemma della religiosità che, oramai è chiaro, non si toglierà mai del tutto perché essa riposa proprio su quel momento di transizione da cui deriviamo come soggetti alla stimolazione della luce sulla retina. Attraverso l’articolazione delle parole possiamo tornare al pensiero degli altri, tornare a casa nostra, tornare alla cura dei nostri rapporti con loro attraverso una azione sugli stati della mente.(*)(Stati Della Mente è una locuzione di Alan Tûring per definire certe sue intuizioni sui Calcolatori, che pensava come Esseri Umani attenti a cercare procedure.)

Il concetto di una ‘trasformazione’ si oppone e poi si scontra energicamente con il riduzionismo di Tutto al funzionamento meccanicistico di particelle. Sono consapevole che l’Origine Materiale di Tutto è una frase che contiene l’aurora ma che non si deve lasciare il mondo sulla sponda di questo sorriso che nella sua fissità sarebbe un sorriso ebete. Bisogna trovare le parole per dire che, dopo l’origine e l’alba, lo sviluppo -che progressivamente stabilisce una distanza e dunque si allontana- un giorno si attarda all’ombra di un perplesso innamorarsi e allora porta alla memoria il ricordo di soglie di giorni numerati, di mazzi di bastoncini colorati dentro conche di ceramica, di infissi al carbonio sapientemente lucidati. È ricchezza del ricordo che è senza alcun colore poiché il ricordo è pensiero e il pensiero non ha estensione fisica e le vernici sono solo ‘dopo’, nel linguaggio e nella forma della scrittura. Esse si generano nella trasformazione dell’idea in qualcos’altro. L’io non cosciente, allontanandosi dalla trama originaria della attività biologica convulsa e complessa, esprime quanto è definito ‘umanità’ dell’uomo.

Read More

la verità sta sul limite?


Posted By on Gen 28, 2013

non ho letto questo libro non ho letto questo libro non ho ancora letto questo libro

non ho letto questo libro non ho letto questo libro non ho ancora letto questo libro

Si cerca una ragazza per un uomo che certe notti di luna piena, ma non tutte non ogni pieno di luna, si trasforma in lupo. Si fanno interviste che non danno risultati e non c’erano in effetti grandi speranze. Poi una acconsente, sospirando, alla sorte dell’uomo. Chiede “…è un uomo buono?” Il procacciatore è impaziente, ha il viso rassegnato di ruffiano triste ” Che vuole che ne sappia, non è questo…”. Lei si piega su questo ruffiano. Sorride -con la libertà della propria irrilevanza sociale- del cinismo che impedisce all’uomo di capire e spiega “..è perché so come sono fatta… poi mi affeziono”. (*)

Seneca(**): “Non esiste vento favorevole per una barca alla deriva”. Accidenti se non siamo esattamente questo: barche testarde alla deriva e cantiamo canzoni e recitiamo, recitiamo a teatro osservando ogni poco la chiglia non sufficiente. La nostra modesta profondità stesi sul mare. Il nostro peso è così modesto che ci vorrebbe almeno quello di una balena a tenerci. Barche e donne conoscono i propri cedimenti a imperfetti legami. Noi maschi abbiamo scelto l’intelletto.

La barca, la navigazione, promettono modesti riscontri alle pretese d’amore certo. Il pensiero ha una limitata capacità di validarsi da sé. Ipotizza, poi scivola un po’ di lato. Prende la forma di deriva. Di donna e di pietra rotolante. Il massimo della razionalità calcola l’errore, più della rotta, la deviazione più che la direzione. Il presente è la barca, la navigazione, le mani nell’acqua oltre il bordo. Il ventre delle api che si invischia di polline e si pulisce contro un’altro fiore.

Le rotte somigliano alle rivoluzioni planetarie, allo strepito delle Ferrari alla curva. Il risultato di un calcolo infinitesimale descrive l’attimo di un punto inafferrabile, che si muove continuamente: è l’io che corre su una figura discreta con gradi di libertà non limitati(***). La nostra posizione ha a che fare con le qualità del movimento. Ci guardammo e ci riconoscemmo. Così ti dissi se fossi d’accordo di trascorrere qualche minuto insieme, lungo il flusso di pensiero inarrestabile.

La conoscenza è una sottrazione di sè da una imponente deriva. Gli affetti hanno la natura delle turbolenze. E procedere accanto necessita di una direzione per il tempo. La direzione del tempo ha la natura del calore. La natura del calore è una misura della velocità di oscillazione degli atomi nella materia. La deriva è la natura del pensiero sensibile. Il calcolo infinitesimale tende al nostro io identitario. Il calore è la direzione di affezioni sghembe, in direzione di quelli che non hanno avuto fortuna.

Accadono cose che restano sempre e da allora siamo cambiati.  Abbiamo addosso segni definitivi. Abbiamo espressioni quante sono le volte che siamo andati oltre uno di molti orizzonti. Abbiamo asimmetrie  che ci storcono la bocca ma scompaiono -contrariamente al solito- quando sorridiamo. La salute ha un versante? o la salute è il cielo, o comunque la superficie percorribile d’un pianeta? Dove porta la fisiologia? Il bilancio energetico degli equilibri non sono certo che sia in pareggio.

Dicono che non si può capire quanto scrivo. In effetti, se non si scrivono punto per punto i capi del discorso, c’è spazio per un certo numero di versioni del discorso medesimo. Ci sono vaste aree inesplorate perché le propaggini dei principi primi non si estendono fin là. I capi del discorso, d’altra parte, stanno sempre anche in te, nella comprensione. Cerco sempre di stabilire dove si lega, dentro la mia mente, il capo del discorso che mandi verso di me mentre mi parli.

Note: (*) (cito liberamente da una sceneggiatura di F.Fellini per un film ad episodi negli anni cinquanta)

           (**) (Seneca.. è Seneca!)

         (***) (l’idea è di pensare una superficie topologica come la Bottiglia di Klein: occorre un elevato grado di regressione, cioè di immaginazione, per pensare un oggetto che, diversamente da un bicchiere, non ha bordi dove la superficie termina bruscamente e sulla cui superficie, diversamente da un pallone, una mosca possa andare dall’interno all’esterno senza attraversare la superficie e che quindi non abbia realmente un dentro e un fuori. Su quella superficie si può correre all’infinito per via delle sue strane proprietà. Ma il non finito è insieme una realtà discreta. Si capisce che ha a che fare con il nastro di Moebius… La domanda è: cosa succede nei punti in cui ci sono forzature formali grazie alle quali lo spazio assume qualità imprevedibili? Quale è la funzione del pensiero corrispondente? E’ quello il grado necessario di regressione, di immaginazione, per realizzare l’idea di quanto ancora non c’é? Allora l’invisibile è il non immaginabile…)

Read More