barocco ai caraibi


barocco caraibico


Posted By on Dic 26, 2014

L’uguaglianza rende tristi le persone, è intuitivo. Abbiamo fatto le codine belle di riccioli sul capo della ragazzina per scompaginare le simmetrie e ora i suoi pensieri corrono liberi. La libertà infatti è ingiusta perché piuttosto rinuncia alle comodità per poter rinfacciarti la comodità del disappunto e del giudizio. Per natale la trasmissione mostrava la messa nella piccola cattedrale di una frangia confessionale cattolica al margine di una foresta subequatoriale. Musetti scuri con cappellini improbabili che coprono pentimenti danzanti e pensieri di allegra contrizione. Battono le mani in ‘levare’. Hanno fedeltà identica alla spontaneità del movimento dei loro fianchi al comando dei tamburi. È una fedeltà felice perché gli viene da pensar bene ogni volta. I loro musetti ridono perché sanno con certezza che a dio non si mente. Che i peccati sono se si pensasse di farla franca. E non sono peccati gli atti di nuda passione che non vogliono nascondersi alle potenze superiori. Ballano in chiesa dunque ridendo distratte ed estasiate nelle vesti dorate di grazia dei loro movimenti. Si concedono al giudizio divino con spudorata sensualità  senza malizia né eroismi. Bisognava vederla proprio la mattina natalizia al profumo di muschio con quella santità tropicale unica nel suo genere. Arrivano le foto dall’altra riva dell’oceano e si vedono al sole del documentario festivo altri ragazzini nell’ansa di mare che schizzano il soggiorno dal televisore. Non ci sto dietro al grande compasso che compie il cerchio di cui sono il centro infilato sul post.it della mia fragile anima beige. Mi distraggo e allento la presenza qua tra gli alberi e l’acqua del fiume. Penso al film in cui attori e attrici entrano ed escono dallo schermo. E nel soggiorno per l’appunto c’è una rosa in un vaso deposta dalla signora che ha cura della bella casa nel bosco. Una rosa purpurea del Cairo penso, che vive respirando nel vaso di cristallo a questa latitudine impropria.

I miei sentimenti a proposito degli effetti retorici dell’estraneamento inondano la pagina. Come accade ogni volta che il senso che attribuiamo alle cose percepite è sproporzionato a quelle stesse cose io non so spiegarti e ho paura che dunque tu non possa capire. Ho legato bastoncini di incenso alle treccine sul capo della ragazzina perché il suo pensiero diventi un bracere. I volti bagnati stanno in una coppa di croste d’albero. Le parole incandescenti di un discorso natalizio si consumeranno in silenzio.

Dopo poche ore eccomi che passeggio davanti al “VIERJHARESZEITUNG HOTEL” lungo la riva del laghetto nel centro di questa città del nord. VIERJHARESZEITUNG significa quattro stagioni. Il barocco di Vivaldi che suona strano ai Caraibi visti da ‘quassù’ tiene insieme -per quel che riesco a malapena a capire- ‘oggetti’ d’amore fin troppo lontani tra loro e tanto differenti comunque. E anch’io, per queste differenze di natura e per queste maledette distanze geografiche che li separano, li amo in maniera forte ma anche irrimediabilmente confusa. Il sentimento di questa confusione vorrei che non fosse così doloroso come ad indicare un mio limite affettivo. Ma non ne sono certo. Vorrei che fosse soltanto una qualità di questi numerosi amori troppo distanti gli uni dagli altri. Tento dunque, commettendo peccato, di fermare il pensiero a questa consolante inquadratura di senso. Ma la spina nel fianco scagliata dalla strega della mia negazione colpisce e fa un male cane e cedo al dolore che mi fa piegare torcendomi da un lato. Fingo un inchino ad un cigno solitario poco più in lá sull’acqua qualche metro oltre lo schermo del portatile. Come uno che gioca, visto da fuori.

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