bugia diverso da negazione


tigri


Posted By on Apr 12, 2012

“Essendo te quell’accumulo di materia, quell’eccesso di senso di una super-simmetriaallora” – dico – ” la storia di un’amore non ha un centro, ed è solo sopraffazione.” (in operaprima: musica di altri momenti)

Così finiva l’articolo precedente di ieri. Così finiva ieri. E si ripropone, per via che da tempo non ci sono parole precise per dire, davvero, fine. Per essere contemporaneamente liberi di continuare. C’erano delle pretese. Allora ci siamo scelti. Si è scoperto che scegliersi vuole anche dire che da tutto il resto si era inesorabilmente differenti. Tra il pensiero e le cose della realtà, compresa la bella struttura anatomobiologica cerebrale, nella quale il pensiero nasce e si sviluppa, non si trova un confine preciso. La mano che carezza la pelle in qualche modo cerca all’infinito una distinzione, e poi si arresta. E poi torna domani, perché, nell’arrestarsi, non ha finito. Però tra le persone le differenze ci sono. Ci sono differenze senza fine. Che stabiliscono più che il tempo della vita, il luogo e la posizione spaziale delle specifiche esistenze.

Amiamo le differenze del sonno. Dello sguardo. Della postura. Ci si appassiona, ad un certo punto, che non ci si scelga solo per accordi di parole. Ma per i modi di sedersi, e di sfiorare con il dorso della mano il dorso della mano, e per i timbri di gridare o cantare, e per il flettere leggermente il busto in avanti senza cadere, ma proprio quasi assolutamente cadendo tuttavia, nella scortesia di andarsene -del tutto offesi dall’inconsistenza della proposizione- silenziosi e svergognati, camminando di lato come aragoste verso il corridoio laterale della platea. La ricerca è che siamo sgusciati dalla poltroncina quasi centrale della terza fila lasciando il convegno, il concerto, la messa di commemorazione, la parata delle celebrazioni del culto della personalità. Al massimo si è compiuto solo questo in effetti: il gesto di andare via. Senza spiegare niente. Facendo l’annullamento.

Non era che acqua oramai inutile. L’immagine, che non è figura ma vitalità incosciente del pensiero, determina di voltare le spalle. La rabbia l’abbiamo lasciata che mangiava a morsi piatti di spaghetti come non si deve fare. Di qua le ragazze disappetenti si cibavano in una famelica astinenza delle loro carni smaglianti di profumo. Il silenzio procedeva dall’alto in basso. Il benessere che era già fatto da anni che era fatto continuamente si scontrava fragorosamente con fari sbattuti in faccia. Con assenze indicibili. Assenze raccolte nella parola assenze. Non cose. Gesti psicologici in luoghi lontani da ogni possibilità di scelta. Ora è tutto un fiorire di altri atti distinti e convergenti. Ma, come sempre è, secondo la durata delle cose implicite, altri gesti, apparentemente distinti, differenti, non correlati ma tutti pieni di ebete stupore, causano a loro volta all’opposto un mal di testa che si dice sia per artrosi cervicali, virus, cambi di stagione, strane congruenze tra natura e riflessione non cosciente. Tutto quanto potrebbe anche esserci, di certo, e allora dovrà essere cercato.

Forse il pensiero porta l’idea di una velocità superiore alla velocità della luce -di cui si bisbiglia in fisica- sfiorando sciaguratamente la religiosità orientale. Il margine del burrone dei rischi da correre. Le intimità -differenti dalle intimità private– si confrontano con la parola dialettica, che è una parola difficile perché si riferisce a una serie discreta di tempi successivi. Ma era tutto là prima e sapevamo, di sicuro, che sarebbe stato molto probabile che avvenisse una fine. L’unica cosa che potrebbe darsi si sappia fare, al momento, è assumersi le responsabilità che ha a che fare con l’arbitrio cioè con parole dure stridenti e presuntuose. La parola soggetto non è ironica. A disposizione -non percepibili come figure- le parole scritte ritrovano una esistenza di pensiero quasi come potesse darsi che la scrittura fosse la trasposizione, il disegno, della transizione tra biologia e vita mentale.

La parola tempo resuscita dal mal di testa con la parola finalmente. Il mal di testa muore. Non è pensiero quando scrivo “Eccola sulla linea del confine, sul filo del disegno, silenziosa, l’unica che valga la pena, che da sempre sorride come se non pesasse nulla.” Voglio dire: “Come se il nulla non pesasse più, come avesse trovato un modo migliore di stare al mondo.”

Se c’è un motivo di adesso è che allora presi questa decisione. Non è passato neanche un secondo. ALLORA…QUESTA non hanno nulla fra di loro. Stanno insieme da sempre anche se solo adesso si capisce. È una strettoia. Bisogna annullare. Perché era solo acqua che da indispensabile diventa inutile e gravosa. Perché non c’era mai uno che chiedeva, c’era la superbia. Ma soprattutto perché…. nella solitudine conseguente….

Cercheremo ora una terza tigre, ma come le altre anche questa sarà una forma di ciò che sogno, una struttura fatta di parole e non la tigre in carne e ossa che al di là di tutti i miti solca la terra. Conosco queste cose abbastanza bene, e tuttavia una forza continua a spingermi in questa vaga, irragionevole e antica ricerca, e continuo a inseguire ora dopo ora un’altra tigre, la bestia che non si trova nei versi.” (Jorge Luis Borges, ‘L’altra tigre’ – 1960): è nel quarto foglio, pagina 7, prima del Prologo, nell’edizione ‘I GRANDI Tascabili Bompiani’ – anno XX n°772 – di ‘Le Ore‘ – Michael Cunningham.

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Leggo le scoperte della fisica che hanno trasformato il pensiero. Che hanno avuto un effetto sull’immagine del mondo esterno fino a vanificare la presunzione di oggettività della realtà fuori di noi. Non mi lascio prendere, come se ora avessimo la metafora appropriata a contenere i nostri dubbi sapienziali, ma è sicuro che sia assolutamente vantaggioso continuare a seguire il pensiero dei geni. Si cerca la modalità della trasformazione che non lascia traccia degli stati intermedi. Si trova la magia della percezione, che ricostruisce la continuità: ma il sospetto è che non ci sia una continuità(*). Starei sempre a guardare il tuo sorriso così esso è diventato il fondo sullo schermo che assicura una certezza. É una immagine virtuale di elettroni: un artefatto tecnologico ottenuto variando lo stato fisico della materia cristallina dello schermo. L’energia dei led contemporaneamente illumina le variazioni che compongono le figure. In specie la foto mentre giravi la testa a causa di un’ape che è rimasta fuori campo. E’ una immagine relativa a qualcosa sconosciuta dunque la conoscenza è che tu ti stavi muovendo verso la tua sinistra. Invece stavi fuggendo da un piccolo pericolo. Dall’ipotesi di un dolore fisico. La puntura di un’ape è bruciante, indurisce la pelle che resta ottusa un giorno. Una scintilla di lava che si raffredda dolorosamente sulla guancia

Per questi prevedibili effetti tu non volevi. Invece sembra che stessi cercando qualcuno. O seguissi un’arrivo. Così poi capisco la teoria della relatività generale. La comprensione generosa del  mondo in aree lontane sotto la luce di un raggio di luce. Nel prato dei fotoni abitato da strane popolazioni irriducibili le une alle altre. L’impossibilità di stabilire un diritto di critica da un sistema ad un altro. Ogni sistema ha le proprie ragioni. L’accordo all’interno del sistema è in genere più che sufficiente ad assicurare la felicità nell’ambito di un errore conoscitivo condiviso. E’ questo l’amore? Che ne sarà ogni volta degli esiti della nostra vita (dei trenta anni di lavoro) se non saremo in grado di parlarne e di scriverne e di esprimere l’assenza pericolosa di dubbi. Per questo di nuovo e subito abbiamo disegnato le due figure sui pannelli. La donna e la vela. Le coordinate di spago misurano distanze secondo percorsi imprevisti che sono un disegno.

Ma non c’è la logica, perché l’immagine del pensiero che guidava la mano è un discorso dai contenuti discreti. Essi sono della stessa natura, ma hanno un senso ogni volta aleatorio e -poiché esso sussisterebbe comunque di per sé in ognuno di quei segmenti- i nessi logici di un senso sono solo ricostruzioni successive del pensiero, che non sopporterebbe i vuoti (**). La foto di te è bellissima, sei bellissima nello sfuggire ad un ape. Io non tengo conto che fossi spaventata.  Mi sono messo dalla parte verso la quale arriva la luce del lato sinistro del tuo viso, dalla parte sinistra del mondo. Resto al tuo fianco secondo il senso del sorgere del sole rivoluzionario. Mi sono creato la gioia di un flusso costante di significato, attraverso la figura di una tua foto che, usata secondo il mio piacere, è una bugia storica.

Achille e la tartaruga si rincorrono ancora, e la bellezza è nella pace del pensiero che smette di voler capire, per filo e per segno, il segno del filo sulla tela dei pannelli.

nota: (*) e (**) per vanificare il vuoto, appunto…”si cerca la modalità della trasformazione che non lascia traccia degli stati intermedi. Si trova la magia della percezione, che ricostruisce la continuità: ma il sospetto è che non ci sia una continuità.”

 

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ossessione (2)


Posted By on Gen 3, 2012

al risveglio c’è il sogno da interpretare di una sconosciuta. il sogno è da interpretare solo se non è un ricordo. se è ricordo che si fa tornare alla coscienza vuol dire che non c’è stato nessun rapporto con il dormiente al risveglio. che noi ‘non siamo’ medici. il medico dice: “- l’idea di una donna sconosciuta è la creazione del pensiero. per il pensiero non cosciente la sconosciuta allude a qualcosa che ‘prima non c’era’-“.

quanto definiamo ricordo del sogno è una attività volontaria di pronunciare parole corrispondenti alle cose della mente: disegni e figura. il suono delle parole del disegno e della figura lascia intatta l’immagine. la coscienza che pronuncia i suoni delle parole non altera la vita non cosciente che è attività primaria del pensiero. la coscienza è spinta a definire esattamente gli affetti del ‘ricordo’ del sogno.

“- …baciavo una sconosciuta.-”

“- il sogno del bacio racconta l’atto di addormentarsi-“. il bacio è la capacità di immaginare l’esistenza dell’altro. genera una idea insieme ad un’altra idea differente che appare talvolta del tutto incoerente con la prima. addormentarsi e perdere il controllo cosciente sulla realtà, implica una trasformazione interna. il sogno del bacio è la certezza che rompe l’incantesimo della confusione a proposito dell’interpretazione del sogno e della cura della realtà psichica.

il bacio nella vita cosciente propone due possibilità differenti di ‘essere’ o ‘non essere’: la ribellione alla propria impotenza o il cedimento al desiderio. si dovrà attendere la certezza di aver cambiata la propria realtà interna da rabbia a desiderio, o si ‘deve’ comunque franare sulle sue labbra per lasciarsi poi sedurre? si deve essere già subito differenti da prima, o sarà quel bacio che induce poi la trasformazione?

il bacio ricordato al risveglio è la forma del racconto di essersi addormentati senza il terrore di non trovare più il mondo al risveglio. al risveglio il sogno dice che l’essere umano ha ri-creato ancora una volta le condizioni del proprio sonno. le pecore bianche allo steccatoo fanno il verso a dio. gli esseri umani sognano le giostre dei bambini per opporsi al tempo della natura che gira ossessivamente e fa la ruota del pavone esibizionista.

noi ci addormentiamo e poi ci svegliamo sognando baci e giostre e donne sconosciute. poi per questi eventi inenarrabili scriviamo che il tempo si pavoneggia in un ventaglio di periodi storici. e che noi uomini e donne restiamo alla catena delle parole. e che il mulino va avanti col lavoro della ripetizione. mentre invece -scriviamo- noi godiamo il sapere che l’evento ripetitivo della macina che gira intorno porta la farina.

ed altre cose incomprensibili: qualche volta sono stato con persone così belle da farmi vergognare della mia normalità. ne sono uscito quando trovai l’interpretazione sull’invidia come negazione e la specificazione che: la bugia è una cosa poco pericolosa ed è della coscienza, mentre la negazione è una attività inconscia pericolosa.

“- dunque-” pensai “- parlare non è per spiegare le cose ma per lasciarle vivere. altre volte per non lasciarle morire.-“

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