buone giornate


noi, domani


Posted By on Set 5, 2017

“la fine del dolore”

In libreria andavamo sempre, ragazze e ragazzi, in cerca di visibilità con la scusa della sensibilità d’animo rabdomante: l’assicella ritorta fremente nelle mani tese in avanti per sentire sul fondo la vena d’acqua. Sentirla si, quando c’era: perché l’antipatia naturale verso ogni metafisica provvidenziale ci dava la costanza di esplorare il caso, e la certezza che, seppure esso aveva la sua parte nella vita, nei casi buoni avremmo sempre saputo scovarla senza errore, l’acqua sognata.

Appostati in fondo all’animo, nella grotta del pensiero illuminato dai suggerimenti delle riviste recensorie (che avrebbero dovuto essere annotate già di per loro come elementi qualificanti il nostro intelletto fine tanto quanto riservato) per questa nostra duplice natura stavamo ritratti a mostrarci in nicchie ombrose.

Quel sussiego fortunatamente un giorno era franato di fronte al seno pronunciato della bella generosa che supplicava di lasciar perdere: che la vita è più sfrontata della letteratura

Oggi che di nuovo innalzo gli occhi al cielo dopo anni di tristezza a guardare il pavimento e incespicare con il viso tra i rami col rischio di accecarmi, oggi il ricordo mi persuade ad un nuovo cedimento e il muro della depressione latente, forma subclinica di malattia, crolla come crollava il riserbo di intelletti giovanili ai battiti del desiderio.

È tristezza che se ne va questo stare bene, è il dolore che finisce, la liberazione dalle dittature: penso.

Ma il suono che sale alle labbra, mentre il pensiero gira in quel suo modo muto, sussurra un ritornello sul futuro

“… noi, domani …..”

E queste parole sono i fondamenti di una proposizione nuova.

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