cecità corticale


La cecità corticale è una cecità dell’anima: la sensazione visiva afferente arriva ma la lesione occipitale impedisce di attribuirle un senso. Questo tipo di sfortunati vedenti hanno una afasia della visione. In queste condizioni chiamano con nomi cose che non hanno senso, e queste cose con un suono ma prive di forza percettiva sono eventi ottusi. Macchie insulse fanno “ricordi verbali”, oggetti indistinguibili gli uni dagli altri, stipati in una memoria più stupida che innocente. Guardano strade e persone secondo un’estetica neutrale. L’estetica neutrale, che dovrebbe essere ‘impossibile’, evidenzia bene il disumano dell’uomo che non è né animalità né natura inerte. Gli oggetti neutri si formano nell’urto della rutilante sensazione visiva che si infrange contro il muro dell’insufficienza della corteccia occipitale. Restano immutati come ‘cose visive’ espresse in parole impiastricciate insieme. Il discorso indecoroso ha una falsa bellezza e un rumore fangoso di piena.

Al contrario: la cecità retinica produce il buio che non fa giustizia. Asimmetrica e dittatoriale la sensazione del buio, che viene dalla retina insensibile alla luce, è la percezione dell’ingiustizia e della guerra, della necessità della loro fine necessaria. Il senso del buio determina l’auspicio di una legge di bellezza e di pace. I ciechi nella retina sono legati al nero di oceani e di cieli di pece, e all’altro nero di alberi e di colonne e a quello antico dei giacimenti di carbone. Essi costantemente ‘vedono’. Il loro universo vivente ha prevalentemente amarezze e assenza, può tuttavia essere arricchito da variazioni d’affetto di infinite sfumature. Le infinite colorazioni di buio corrispondono a differenti vibrazioni di diversi gradi di ‘mancanza’. Nella loro anima si succedono gradi di cecità differenti e non è loro impedito mai di immaginare. Hanno in mente cose temporali mai viste. Più fortemente percepite rispetto a noi. Sono cose che derivano da oscillazioni di intensità del buio che scrivono senza riflettere parole inaudite. Quei loro oggetti interni li agitano e li costringono a fidarsi di amori senza la consolazione della bellezza di un volto e di un corpo. Essi si abituano dunque ad essere incauti come gli è indispensabile. E gli incauti sono quasi tutti predittivi. E i predittivi generalmente sono pieni di coraggio. La cecità infatti, priva dei freni della figura, agisce decisa nella loro mente coinvolgendo ad un tempo inconscio e coscienza. Essi sentono con maggior chiarezza la ‘natura’ della ‘forma’ di ogni cosa. Lo stimolo retinico mancante genera idee di buio disappunto ed esse diventano ‘oggetti’: sono l’assenza di esseri umani, e delle suppellettili dei loro alloggi, e delle cose e delle loro produzioni. La nostalgia della sottrazione potenzia la visione. La mancanza irreparabile di qualsiasi riflesso luminoso veste l’esistente intorno a loro ed essi arredano l’universo di residue realtà plausibili. Fedelmente amano quella terra -in tal modo generata dai paradossali effetti della loro infermità- con nera sfolgorante passione.

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