certezza del seno


la coscienza durante il sogno


Posted By on Apr 3, 2015

Devo scegliere tra mille pagine diverse e forse tutte bellissime. La percezione estetica è al fondo. In superficie un fastidio spumeggiante. La conoscenza è un mare con azioni psicotrope multiple. Una lingua rossa di vino batte in onda. L’ostrica nel piatto ricorda gli scogli al sole e ora che ho lavorato succhiamo insieme quel che si può ottenere tra i bicchieri e le cabine dei bagni tirrenici. Resti irriducibile inconscio mare calmo di Pasqua per giocare il Monopoli. I rischi e le probabilità. Resto in carcere eppure ero riuscito a comprare un albergo. Fuori dal gioco per una turbativa d’asta (o chissà che altro mi viene imputato a dodici anni… forse non saper baciare) ho le mani nella sabbia per toccare la punta delle tue dita. Noi maschi al cospetto di una stella, per com’è composta (energia pura) ci confondemmo immediatamente. Statue. Miti esserini buoni e pazienti con ciascuna di ‘voi altre’ che ci faceste scoprire la pazienza umiliante ma “Che altro vuoi fare” pensammo ignoranti restando in disparte mentre avevate già cominciato a scegliere cose al banco dei surgelati o bigiotterie da rom sul bancone del bazar.

Mi parrebbe che il latente che dite sia: “Non voglio saperne della comprensione”. Sarebbe, immagino, quel cipiglio sicuro di rovistare tra gamberetti e collane di perle sintetiche un vostro modo di genere. Rivoluzionare sbattendo tovaglie di plastica che hanno disegni. Rivoltare facce di uomini confusi dagli eccessi ormonali o rassegnati dagli anni in picchiata. Mi trovo in belle circostanze, estreme circostanze come disegnato, su un filo. Potevo disegnare anche altro. Una briciola potevo scalfire. Io sono una briciola. Piena coscienza. Non corrisponde a niente che sia verosimile. È un sogno non avendo del sogno la prevedibile ombra di mistero. Io ti amo. Piena coscienza. Una verità senza prove. Dipende da te che sia vero. Nel rapporto si evoca l’altro a testimone dei sogni. I sogni sono le nostre parole. Possono svanire o meno. Molto dipende da voi altre.

Più che altro bisognerebbe mostarsi felici. Però siamo solo riconoscenti, al massimo. Siamo una briciola sotto la pelle di un pachiderma. Siamo tante briciole. L’amore va dove vuole e ci porta con sé. L’amore è un rinoceronte che corre sulla sabbia secca da ombra ad ombra. Ho letto una cosa incredibile: la funzione della coscienza è solo nel sogno e durante la veglia. Allora l’inconscio non è nel sogno. Non meno di quanto non sia presente stamani tra le tue mani. Allora stamani è un sogno. Non cambierebbe niente. La (funzione della) coscienza delle cose fa, di esse, cose fatte della materia del pensiero. Noi pure dunque, per questa natura della coscienza, siamo prosaicamente fatti della materia di cui sono fatti i lampi coscienti dei sogni. È semplicemente Shakespeare. Shakespeare che è sempre stato a conoscenza della natura della coscienza: medico che possa capire che il sogno è la materia di cui sono fatti i giorni.

Il rinoceronte si agita grattandosi al tronco dell’albero. La povera pianta geme si piega romba ed è un fuggi fuggi di formiche rosse dalle carcasse degli insetti morti dentro la corteccia. Corri corri pensiero di qua e di là verso nuovi orizzonti. Le formiche rosse fanno dell’albero il proprio paese poi i controrivoluzionari legano al tronco chiunque si ribelli dopo averlo cosparso di miele. Alle formiche quegli uomini dolci e rugosi paiono tronchi come case nuove. Formiche sotto la pelle sono gli uomini nei tuoi pensieri: hai in mente uomini vivi che scavano cunicoli dentro di me. Ogni giorno devo scegliere tra mille pagine diverse forse bellissime. Le cose che succedono sono più di quanto possa mai vedere e conoscere. Le cose in più che non vedrò e non saprò sono uomini vivi nella mente del mio ipotetico oggetto (fuggitivo) d’amore. La percezione estetica sussulta in fondo a me ma in superficie ho un fastidioso tormento. E il tormento è in realtà il pensiero di te che si capisce bene come sia una cosa come formiche e briciole. Il pensiero di briciole e formiche rosse diventa una certa frase: “Siamo pachidermi maschi al cospetto delle stella, con l’occhio torvo. La stella per com’è composta (energia pura) ci confonde. Diventiamo lenti sembriamo buoni e pazienti con ognuna di ‘voi altre’. La lentezza della confusione non è pazienza ed è solo umiliante.”

La teoria alla base della psicoanalisi non sapeva della coscienza durante il sogno. Chiamava non cosciente quanto la ragione non capiva. L’inconscio era l’ignoranza a proposito della coscienza come funzione. Una noncuranza medica veniva convertita in un significato fondante il pensiero della specie umana. La funzione -che viene da variazioni degli assetti fisici della materia degli organi- porta il miele sulla pelle. L’origine embriologica ectodermica del sistema nervoso lega la pelle -che splende illuminata dal sole- al telaio magico del pensiero che si origina nel buio della scatola cranica. Abbiamo percorso la spiaggia mitica delle carezze di Nausica. Abbiamo coniato nomi nelle ere della irresponsabilità: era un sogno la coscienza delle cose. I nomi definirono bene in aria le immagini del pensiero preverbale che restava per sua natura al di qua delle parole. Era la stella che splende nella notte: la valanga delle variazioni di molteplici stati fisici della materia della biologia. Gas insignificanti che fanno la sensazione interna. Una idea che non corrisponde ad una realtà esterna e non nasce dalla percezione. Nasce dalla nascita. Quando qualcuno ne ebbe scritto la storia dovete sapere che tutto era già da prima. E resta.

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Il viso addolcito. Differente. Così è tornata. Posso fare ipotesi. Cambiamento, trasformazione, mutazione. Allora penso a Darwin, rampollo borghese in viaggio di distensione poiché si era pensato che la noia di salsedine sarebbe stata meno tormentosa della noia fluviale. Tra le isole il brigantino scivola sapientemente. Gli uomini stanno ai parapetti e guardano quelli sulla riva completamente nudi: esseri umani differenti. La barca naviga in acqua densa perché la nostalgia fa un pasticcio di plancton e alghe. La spiaggia infida di rocce non permette di sbarcare e i primitivi nudi sul limitare degli alberi e noi da questa parte siamo castellane prigioniere. Darwin matura l’intuizione di mutamenti all’interno delle specie animali lungo un tempo infinito. Il fenomeno quantistico che poi certe variazioni assumono una entità discreta è innegabile. E la nuova specie va a porsi su un anello energetico ulteriore sulla crosta terrestre, o nell’aria che la circonda. Il rampollo borghese sapeva bene quello che diceva. Tutto il pensiero prende questa piega perché non so spiegare come sia avvenuto un così rapido mutamento in una persona amata. Il miracolo della trasformazione nell’espressione del volto di lei mi fa pensare ad anomalie, avvenimenti del tutto improbabili, imprevisti provvidenziali, sopravvivenze accidentali decisive. E mi chiedo cosa sia che si verifica nella mente in questi casi. Ma è un periodo di svagata svogliatezza. “Le cose mi sì chiariranno da sole” – penso a questo sole debole. Sono giorni che non riprendevo a scrivere, giorni passati a trastullarmi con le aree tinteggiate. I grigi di ocra pallido in una prima prova, e nell’altra i rossi che andranno -pare- di gran moda nelle collezioni dei capi di primavera. Le persone che mi seguono durante la ricerca delle poche ore settimanali mi hanno portato ad ammettere che i due timbri cromatici sono ‘latte’ in un caso e ‘sangue’ nell’altro. Cose regressive, ricordi non coscienti dei primi mesi del primo anno. Io riguardo le due pagine di conseguenza per conferma. Campi di atterraggio per piloti in guerra e in pace. Il rosso quando le strade libere delle campagne in pace fanno degli atterraggi preludi al desiderio. Latteo chiarore dell’insicurezza in battaglia, quando anche volare semplicemente è guerra perché niente è più sicuro neanche le nuvole e da quel loro bianco può uscire suono sirena mitraglia e fulmini. Perché il bianco è come il nero. Non esistono. Uno il ‘tutto’ e ‘nulla’ quell’altro. Vibrazioni mischiate. Vibrazioni del tutto succhiate. Il buono che sembra cattivo il cattivo che sembra buono. Il cinismo: tutto è come tutto non è. Allora forse ho scelto una regressione a prima del pensiero verbale, o forse solo ‘filosofico’. Coltivo l’ineffabile passeggiare su aree di esistenza immatura. I campi dell’attività motoria afinalistica. Si regredisce volenterosi al caldo delle contrazioni muscolari del neonato dormiente che evidenziano la tumultuosa attività biologica di maturazione neuronale e sinaptica silenziose. Epoche di agricoltura primitiva e coltivazioni di un pensiero che non sa volere nulla ma non per questo è privo di ‘soggetto’. Giornate, benessere, lavorare, ottuso ricominciare a rispondere da seduto e dai vetri della luce che traversa come lame la stanza registrare i cambiamenti nelle persone. Cose regressive, ricordi non coscienti dei primi mesi del primo anno. Ho riguardato spesso le due pagine di conseguenza, per avere conferma dell’interpretazione di transfert che mi hanno espresso. Hanno ragione, alla base del disegno ci sono campi di atterraggio per piloti in guerra e in pace. Momenti belli e brutti mai divenuti idea cosciente alla base di un pensiero narrante perché troppo antichi, prima della coscienza. Ma oggi so scrivere anche di questo vedere nelle due tavole in bicromia la medesima volontà di tracciare una linea frastagliata tra le masse di colore. La traccia di qualcosa in più delle variazioni cromatiche e delle sfumature numerose al loro interno. Le aree sovrapposte di campi e cielo, i grandi hangar per giovani e anziani piloti commerciali e militari, le promesse di paradiso e di fatica, mi appare evidente, restano innegabilmente separate dalla complessità di un confine che non è solo una linea anche se resta bidimensionale, come tutto il resto dei disegni/tavoletta. Alla fine del silenzio, fosse atterraggio compiuto nello stridore nero delle ruote che macchiano la pista, o disposizione del corpo dell’aereoplano in un bianco color ‘orizzontale’ dopo l’impennata del decollo, mi sento in grado di ricominciare a scrivere. Ora che nel fenomeno regressivo che pareva informe vedo la traccia di una carezza. La prima carezza, probabilmente, che non troppo tardi torna a farmi parlare dell’esistenza amorevole di ‘qualcuno’ e conferma il sapere accademico ( teoria e scienza della nascita espressa come “certezza neonatale che esiste il seno”) in un gesto di comprensione indispensabile al coraggio della cura. Durante la quale niente è predeterminato. Il medico ascolta e regredisce poi parla ed il paziente si allontana alla fine dell’ora e poi torna coi sogni per dire al medico ancora altro di loro due insieme. Il medico sarà, prima o dopo, in grado di esprimere quanto appreso ogni volta attraverso racconti e interpretazioni di pensiero cosciente. Dovrà esprimerlo creando e proponendo ulteriori nuovi modi della relazione, per tenerla viva. Egli sa che solo all’interno di essa il rapporto di ciascun termine svelerà a tutti gli altri le cose che -rimanendo indescrivibili- possono tuttavia essere progressivamente svelate in forme differenti come scoperte di possibilità.

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