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Posted By on Dic 16, 2014

"MATISSE RIPROPOSTO"

“MATISSE RIPROPOSTO”

La sensibilità di un operare collettivo in tanti anni è maturata e più compiutamente coglie le molte cose del mondo esterno. La sensibilità, accresciuta, intuisce precisamente la realtà. Il blog fa parte dell’azione della sensibilità. Fa da contrappunto narrativo ai suoni delle parole ascoltate nel privato della stanza di psicoterapia.

Simone e Michela hanno proposto il dolore acuto di un’urgenza. Ferro e fuoco del fabbro e l’ago gelido che cuce gli occhi all’olocausto. Rispondo opponendomi: grazie ma…. è troppo da sostenere per la prassi di un numero esiguo di persone. Rispondo con sensibilità urtata: Simone e Michela non riescono a sostenere lo stare lontani che ‘presumevano’ alla loro portata. Una scommessa in perdita che costa una bruciante incomprensione.

Ho lasciato sulle pagine i loro commenti per poter rispondere. Dirò della sensibilità di cui parlo. Essa ha il ‘dolore’ dell’esigenza di precisione. Il ‘rigore’ di una giornata di sole invernale natalizio sotto forma di necessità di sbagliare il meno possibile. Gli affetti di uno storyboard espresso dai gradini “naturale, necessario, inderogabile”.

Il blog lungo gli anni manifesta ossessioni. Ossessione di voler mantenere un pensiero da chirurgo. Ossessione di stazioni, deserti, grattacieli. Ossessione per i motori sotto la linea di galleggiamento delle navi. Ossessione per: … le derive, le scintille, la leggerezza (una delle massime ossessioni). Ossessione per la scrittura, il disegno delle idee, le migliaia di segmenti galleggianti in aria lungo invisibili correnti che circondano le cose, ossessione per le ‘nuvole’: di bosco, di orizzonte, di schiuma di mare, di onde. Ossessione per “la natura della realtà” e per “la natura del pensiero”.

Tutte insieme, risonanti, hanno prodotto provvisorie risposte: -l’ipotesi che l’inconscio per sua natura mantenga la propria natura di non assumere la forma del pensiero cosciente; -l’ipotesi che esso non sia un topos ma una funzione; -l’potesi che la funzione corrispondente al pensiero non cosciente, curata ed accettata, torni ad organizzare dal fondamento la vita senza arroganza.

Ipotesi lessicali e glottologiche che la parola “inconscio” si posi sul suono della parola “io”. Che la cura del non cosciente usufruisca di strumenti non coscienti di cura. Che si deve misurare il benessere, perché la cura psichiatrica più di ogni altra ha necessità di verifiche plurime e ripetute della sua stessa efficacia. Che il non cosciente debba essere valutato dall’onestà e dal coraggio che determina o promuove.

Instancabile la confidenza con il linguaggio perché ogni interpretazione mentre porta l’inconscio alla coscienza porta la coscienza all’inconscio. E invita. Il legame col passato: resto al lavoro come restai ad aspettarti sotto casa, senza sapere se avresti portato di nuovo bellezza e profumo, fascino e silenzio.

Senza coscienza ho riproposto due disegni. Il primo “Via delle resistenza”. Il secondo quella speciale successione di donne e uomini di Matisse. Ho guidato due volte la macchina del discorso lungo una curva e sto ripercorrendo per la prima volta e in due tornanti la via del pensiero degli ultimi quattro anni. Sto studiando alla scuola della voce, ascoltando i sogni e i racconti. Matisse è una scusa, una danza senza girotondo, e le cinque figure tirano e fanno volare la sesta della fila. Sono cinque analizzandi della Skype Therapy. Una prassi transatlantica ferma le minacce dell’invidia ignorante. Io, trascinato da competenti apprezzamenti, finalmente ‘volo’…..

Ma mi fermo un momento, oggi. Mi dedico un attimo consapevolmente a quanto mi sembra necessario. Simone e Michela del tutto onesti sul piano della coscienza, coi loro commenti rendono chiaro che stare troppo a lungo lontani dalla ricerca provoca in loro (non è un dato di teoria) una inutile fatica e una disperata sensazione dì olocausto. Hanno posizioni differenti che arrossano e imbiancano della medesima latente ‘presunzione’. Che non potendo più negare la bellezza, però si riesca, corretti e irreprensibili, nel desiderare senza movimento, nella illustrazione della bellezza evitando la bellezza opaca del movimento che va ‘verso’ l’oggetto. La norma della resistibilità ad ogni costo.

Si impadronisce di me la reazione di sensibilità accresciuta. Percepisco bene l’ostilità che distorce la relazione di transfert.

Non riescono a tollerare che la sensibilità che ho maturato riguardi l’amore per la ‘festa’ sui calendari quando irrompe nel setting. È una sensibilità differente da quella che celebra il dolore dei torti subiti, la quiete dei focolari, il pentimento mesto dell’onesto sopportare. Una sensibilità dei diritti alla imperdonabile all’erta di allegria che è contraria e si oppone all’altra che si accontenta di sé, che non pretende la festa.

Ho l’innocenza della colpa. Non più la colpa della falsa ingenuità.

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