come scende la febbre


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“TINA MODOTTI SULLA PORTA DI CASA” – Messico 1923
copyright: Edward Weston

Viene il momento, torna il soffiare sperduto, frana in polvere di semi la costellazione, la terra si scopre splendente di brina, che è amore meteorologico e piogge innocue. Viene la suddivisione ideativa, quando ci prendiamo carico della neve e del latte. Viene dall’interno. Torna la nascita per lo stimolo che produce il pensiero “sto bene”. Viene sul sentiero dove cammini. Il pensiero è la fotografia di una dispersione per le strade. L’anatomia cerebrale grossolanamente ordinata. Le sfumate curve, le ginocchia delle anse corticali. Dove affondi le dita? Fino a dove possiamo? Abbiamo costruito una porta sul ciglio della frontiera e di la è entrato lo straniero. Lo straniero eri tu, direi. Trovo la quiete scandalosa della realtà del pensiero che taglia. Il pensiero procede a blocchi liquidi, a volumi d’acqua nelle chiuse del canale transoceanico. Finalmente la libertà generata dal tuo abbandono. I nomi delle cose cambiano. L’emozione nel vederti sparire all’orizzonte non è angoscia. È il momento, il soffiare sperduto, la frana in polvere delle stelle, la brina, la meteorologia del tempo buono, l’innocuità della pioggia dei diluvi. Torneranno. Non era l’ultimo quello minacciato ed attuato. Gli dei si ripetono. Io per questo mi sono fatto una barca di legno col tuo profumo di abete e rose. La fisiologia della memoria affettuosa che distingue la specie umana è filo fissato al cielo del sonno. Sono l’orlo della manica di una camicia di seta cruda glicine. Scrivo per un po’ di quiete. Stavolta niente che riguardi la ricerca in psicoterapia.

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il modo di amare è cambiato


Posted By on Feb 14, 2014

Stimolo aspecifico di un pacchetto discreto di energia. Venire alla luce. Essere nati. Improvvisi slanci delle braccia al cielo, la materia che diventa umanità. Saranno differenti la forza e la forma del disegno, un componimento come tema natale. Una volta era un sogno astrologico. Però non dipende dal cielo. È una composizione di finito e infinito col secondo che procede dal primo come da quasi niente al per sempre. O, per quello che è vero: da adesso alla fine. Nascita e compimento. Certezza di un pensiero non ancora cosciente. La coscienza non aggiungerà altro che il suono e il movimento articolati. Poi non finimmo più di parlare. Inutilmente, per un verso. Ma, per l’altro, inevitabilmente. La nostra natura è materia che genera umanità una volta sola e poi -per sempre- ricorda. E la fantasia ci leva, nel parlare, il bisogno di un senso. Al primo appuntamento non capii bene come fu che lei, idea quasi filosofica concepita dentro di me -forse allora avrei detto ‘desiderio’- diventò all’improvviso movimento e linguaggi. L’idea di essere insieme ampliava le basi empiriche della teoria adolescenziale in proposito alla natura speciale e misteriosa di quei fenomeni ineffabili che erano le ragazze. Agli appuntamenti si generava la possibilità di successivi episodi di ‘riconoscenza’. Quando con tremanti certezze esistevamo nell’universo compreso tra l’orologio quasi nuovo al polso e il caffè caldo e nero alla mano. Il cerchio del serpente attorno ai polsi. Il vuoto impossibile dell’attesa avvolgeva il profumo che ci avvolgeva. Penso alla ricerca di base. Portare la percezione cosciente della realtà esterna all’immagine mentale. Attualmente definita linguaggio del pensiero. Il modo di amare è cambiato. Forse è questo che chiamano accrescimento, sviluppo, maturità, conoscenza. È vivo silenzio, quest’oggi, l’amore possibile.

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