cori e fuochi


fiammiferi e marmellata


Posted By on Giu 24, 2014

"STORIE CON FINALI DIFFERENTI" copyright:claudiobadii

“STORIE CON FINALI DIFFERENTI”
copyright:claudiobadii

Oggetti dotati di massa non raggiungeranno spostamenti di 300.000 chilometri in un secondo. 300.000 chilometri al secondo è l’evento ‘luce’. Non è sempre stato così. Lo è dal 1905, quando il rapporto tra spazio e tempo (la consolante figura della velocità come rapporto tra realtà indipendenti) scomparve, e si generò lo spazio-tempo come condizione di esistenza di una realtà fisica nuova. Le cose fisiche non furono più ‘oggetti’ in un contesto separato e invece iniziarono ad accadere come orizzonti in ebollizione. Di fronte alla consistenza di tali orizzonti scoperti i primissimi anni del secolo, proposizioni del tipo ‘realtà non materiale’ furono espulse dal discorso scientifico e della logica matematica. Quelle locuzioni tolgono l’esistenza a tutto ciò cui si allude per il loro tramite.

Definito dalla propria consistente magrezza il protagonista maschile, oggetto della ricerca, era sulle tracce del regista che lo inseguiva. Si determinò così il paradosso di un film che avrebbe potuto non finire mai. In seconda battuta la procedura di tale rappresentazione, in tale modo sceneggiata, è film del primo film: e gli spettatori soltanto pongono fine all’infinito ripetersi con un moto di migrazione via dalla sala e inondazione fuori. Una terza inquadratura li attende tutti dunque alla bocca d’ingresso che è l’uscita.

La piccola fiammiferaia -che stava morendo e sarebbe morta- ora invece, sopraffatta dalle elemosine degli scampati al loop della ascesi ossessiva cinematografica, sorride e si anima e ci porta, attraverso la malizia imprevedibile della sua seconda personalità, nella stanza del proiezionista a osservare il pulviscolo dorato dell’apparecchiatura luminifera che spande pennellate di atomi verso lo schermo. Noi vediamo il fascio di fotoni a traverso e non distinguiamo in esso alcuna figura. Quelle, le figure, si spiaccicano alla fine. Noi, della marmellata che si spalma su quella fetta di pane, si vede esclusivamente l’odorarsi per aria.

Ripresa: gli oggetti dotati di massa non fanno spostamenti di 300.000 chilometri in un secondo. 300.000 km in 1 secondo è la verbalizzazione alfa numerica di un evento la cui formula verbale è ‘luce’. La luce ha natura discreta e per questo, seppure priva di massa, è realtà fisica. La luce a traverso contiene quanto non si vede.

Quarto piano: si torna nella sala traversata dai fasci danzanti della proiezione. La piccola fiammiferaia guarita dalla disperazione grazie ad una massa di migranti pietosi, è sparita. Lo schermo si illumina sfarfallando le figure in nuvole. Proiezione di una attività di pensiero originaria. Nel bel mezzo dei toni grigio perla dei lampi fulgidi compare la freccia derivata dalla azione di un arco che non si sa dov’è. È il disegno sulle pareti delle grotte di antenati cacciatori ed è idea che percorre il pensiero di scienziati primitivi loro contemporanei. Lo spaziotempo trasforma il centro di un universo tridimensionale nel punto di trasformazione di una realtà in un altra. Il limite della velocità della luce assegna il ‘finito’ alla natura della natura e porta in tale finitezza il pensiero.

Unica consolazione: alle spalle del regista il protagonista accelera il passo fino a sfiorargli una spalla. La fiammiferaia è diventata donna adulta che sussurra qualcosa all’orecchio di lui. Lui spegne la macchina di ripresa. Gli spettatori -nella sala tutta gelatina di cori e fuoco- si addormentano. Cadono giù come mele succose. Da un albero pendente dal cielo.

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