coscienza e ragione


Con le cose che faccio sovrappongo tempo al tempo che c’è nelle cose che già sono. Nelle cose che penso o penso di fare c’è il tempo psicologico la cui consistenza è quella della realtà del pensiero. Non c’è nel pensiero il tempo del lavoro materiale necesario alla realizzazione del progetto fuori di me.

Il tempo psicologico diventa progetto ed è immagazzinato nei prodotti di legno e di marmo prodotti dal lavoro fisico. Sensibile al tatto se accarezzo le cose, trasparente nelle curve e nella variazioni delle loro forme, è inerte e muto.

Poiché in ogni cosa esso resta nascosto posso ignorarlo. Ma se ne tengo conto esso riprende a scorrere dentro di me senza essere sottratto alle miniere dov’è incantato.

Sono giacimenti una sedia, una casa, l’anello grande e elegante che mi hai messo al dito con le tue mani incerte, le tue dita esili, la finestra nuova di legno opaco e vetro trasparente nella quale ti guardo passare tutti i giorni come la figura che percorre un quadro che sta da secoli dentro un museo che con la grazia suprema della composizione ricrea una finestra che guarda fuori una donna che traversa la strada precisamente adesso.

La finestra ti consegna alla storia dell’arte ma il pensiero ti restituisce alla contingenza di me. Il pensiero vivo sottrae vicende alla storia senza tempo e imprime passione al presente.

Il tempo che è nelle cose dunque va nei pensieri che le cose mi suscitano. Il tempo di quei pensieri posso tenerlo in energia potenziale. Come se non avessi ricavato coscienza delle cose viste e traversate. Poi sempre, pur senza saperlo, lo metto in altre cose. Cose ulteriori nuove che il pensiero mi spinge a realizzare.

Il pensiero, azione estesa o contratta della vita psichica, ha in noi la stessa natura del tempo essendo cioè mobile e sottile. Fuori di noi si incarna in dimensioni spropositate: il sole (o la luna), il mare sotto il cielo. O in costruzioni proporzionate: il prato intorno alla casa, la casa, la staccionata che costeggia la strada, la strada. O in fenomeni naturali radicati o fluttuanti: il fiore con lo stelo arcuato che pare toccare la nuvola, una nuvola.

Il maturo signore guarda il panorama un giorno di festa e si ferma arrestando il proprio tempo e pensa che quello è il mondo sostanzialmente identico al mondo disegnato quando lui era un bambino. E il suo tempo va indietro senza fatica, e si spande su tutto, e si determina nella mente una cosa che non è un pensiero. È uno stato d’animo. Che è un pensiero che perde la figura di cosa e assume la natura di un evento.

Succede infatti che una cosa, che nel mondo tridimensionale è quella cosa, se ci aggiungo la curiosità della conoscenza, puoi vederla che comincia a muoversi bruciando il tempo che c’è voluto a produrla.

Una cosa è un evento: il pensare per eventi invece che per oggetti è prassi di giganti ragazzini.

L’azione ricca di tempo psicologico cavalca la luce e si incanta alla caduta dei gravi: che siano piume dalle torri o mele nel giardino. Guarda dolci declivi lunari. Immagina infiniti mondi sfumare l’uno nell’altro.

Si sospetta che il tempo fisico, fluendo, si dilati: e riempia quanto ancora non era e che dall’espansione viene reificato. E da non essere ad essere suona. E da essere a non essere dimentica.

L’estendersi della proposizione contiene incantata e insistente la perturbazione lieve dell’origine del discorso. Una traccia misurabile, fino ad oggi. Ma per quanto tempo avvenire non sappiamo ancora.

Diversamente dalla prassi, il lavoro è nella filosofia e nell’arte. È connesso alla fatica. Quasi mai diverte. Rinuncia alle piccole gioie quotidiane per voler essere certo una volta per tutte. Ma dopo quel termine, entro il quale si fantastica che la certezza sia ottenuta, il tempo non serve più che scorra. E nell’asfissiante imparzialità le cose si fermano e muoiono. Equidistanti, indifferenti, stelle fisse e ossessionate.

Allora anche il pensiero, che riflette su quelle cose morte senza tempo, perde la natura di ‘realtà’ e diventa spirito.

Non c’è origine materiale. Non esiste più la tela intrecciata coi fili di spazio e tempo. Le cose si succedono una dopo l’altra e non si trasformano più l’una nell’altra. Non è più possibile comprendere che non essere è non essere più ciò che era. Eppure è così che il pensiero tiene assieme il mondo: con la certezza del ricordo della luna nascosta dietro la nuvola che ci tiene ad aspettare il suo splendore che tornerà.

In assenza della propria trama temporale il pensiero pensa che il non essere sia nulla. Ma il nulla non esiste.

Accade in obbedienza al principio che la ragione confonde la coscienza quando il tempo vola via da noi.

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