costruzione


Dedico queste stesure a quelli che, sapendo, hanno taciuto e col loro silenzio hanno lasciato spazio alla mia vista. Come danzatrici essi avanzano in me con la loro grazia femminile nell’orizzonte liberato. Se c’è un riposo è quando correggo una parola inesatta per un’altra, più efficace, e mi cucio addosso questa insenatura di lana e compassione in un arresto del tempo lineare e coerente. Quello che, già saputo, è oggetto della mia ignoranza è troppo che resterà ignoto perché chi sa molto meglio di me resta silenzioso e compunto: ed è questa  mia pretesa di dire, a fronte della altrui ben più generosa pretesa di restare senza parole, la mia vita di soggetto. Poi spesso ho trovato il gusto di non dire nulla, anche io capace di fermare la vanità. Più di una macchina religiosa del perdono il tacere su speciali contenuti e il lento vagheggiare sfumati toni, è invito a stare con certi altri che paiono a loro modo riusciti. Rivoluzionari in erba restano con le mani in mano su panchine, su spiagge, all’ombra di chiome d’albero, sopra tavolati di navi, tra banchi di scuola e a passeggiare su distese di cubetti di porfido antico. Solo respirando misuro con sospiri di frase l’estensione della prima parte della giornata. Dopo mezzogiorno prendo parte a molte cose di chi dorme e mi diffondo a danzare coi suoni delle parole così magistralmente -come una maestrina piena di cuore e pudore voglio dire- ignorando morale e cognizione del sogno. Interpreto a mio modo con libere associazioni rischiose solo per me per alleggerire il lavoro dell’altrui impegno, e dico di farsi pazienti perché il pensiero non ha fine. E invito muto superbamente il pastore errante e L’ eschimese ospitale e la donna inquieta ad ogni latitudine. Ritengo indispensabile che si debba restare senza più appartenenza in una primitiva condizione nomade almeno per non cadere nel settarismo intellettuale cioè in qualsiasi rischiosa presunzione basata su abitudini. Mi giro e mi rigiro come il vento per le strade assolate di questa primavera e la linea della scrittura tiene l’aquilone e la mano del ragazzino gli suggerisce “sei tu a tenere il cielo ancorato alla terra a sostenere tua madre e tuo padre alle ali di carta colorata di questa tua elegante macchina per volare.”

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