cuori superbi


Io sopporto l’insopportabile,
e mi si spezza il cuore nel petto.

Tu, cuore superbo, tu lo hai voluto!
Tu volevi essere felice, infinitamente felice,
o infinitamente sventurato,
ed ecco, ora sei sventurato. 

(H.Heine)

La sventura della specie umana, il superbo voler essere infinitamente felici. Amare e amare l’amato e l’amata a tutti i costi sempre. Consolato dalla tendenza testarda della mia specie ti guardo.

Devo abbassare gli occhi per vederti e per vedere in generale. Devo guardare un attimo poi abbassare lo sguardo su qualcosa di neutro senza forma (terra sabbia acqua aria fuoco) e poi ricordare: ricreare l’immagine duratura ed eterna della figura precedentemente percepita: pensarne l’idea. Immaginarla

Sapere sono percezioni. La conoscenza è uno strappo. Il ricordo delle cose diverso dalle cose. Il sé dov’era il mondo.

Le cose percepite cadono nell’ansa d’acqua nell’incavo di sabbia nel fango dei campi, nello sfondo del cielo o tra le fiamme. È la trasformazione del pensiero attraverso lo specifico non essere delle cose.

È il pensiero che si trasforma nella realtà fisica cerebrale. Il pensiero della funzione mentale del neonato alla nascita che viene dal non essere più il pensiero della vita mentale del feto.

La memoria di ciò che non è più è una creatura del deserto. La figura fa un tuffo nel mare gelido per togliersi di dosso l’aria la sabbia il fuoco delle separazioni insostenibili.

Il dolore del corpo è quanto resta della vitalità che impedisce la pazzia e favorisce l’integrità dell’identità del soggetto.

Sono io senza te e le braccia che abbracciano le mie braccia ricreano il disegno di Escher, la mano che disegna la mano come mi generassi da solo, ma è pensiero infantile: fantasia della nascita.

Paradosso della gravidanza senza umanità l’acqua sulla pelle fornisce la funzione della vitalità e la forma che disegna e circoscrive il pensiero nei limiti della relazione.

Non c’è necessità del super-io: l’umanità è  inscritta nella anatomia cerebrale che riflette lo stimolo cutaneo intra uterino in nidi di sinapsi.

Non ci sono significati mitologici che riassumono la filogenesi. Ci sono gloriose aggregazioni neurali in frasi e posture variamente esprimibili. Noi ci siamo: il tramonto della specie. Una fine in crescendo, in verità, lunga ed esasperante.

C’è il grande amore che ci regala la morte possibile e che non appena la morte splende senza atterrirci, morendo, costruisce per noi la definitiva persuasione di vivere.

Ci sono separazioni possibili. Il pensiero trasforma le figure morte che sono la memoria di quello che non è più, nel ricordo di una condizione infantile di restare soli senza paura.

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