deserti


deserto ospitale


Posted By on Dic 29, 2016

Cos’è una forma d’arte. La decisione di disegnare il tuo volto e poi le linee e le masse di ombre più o meno dense brune di inchiostro. Gli effetti per fare sembrare antica la tavola del ritratto. L’iniziativa di concludere questa operazione grafica. Mettere in ordine le matite e le polveri di colore. Tirare su il quadro obliquo sul piano del tavolo poggiato alla parete di fronte alla finestra che guarda il giardino. Retrocedere lentamente, con lo sguardo verso te che dal muro mi guardi per vedere che faccia farò nel vederti come ti ho disegnato.

Adesso ci scambiamo momenti indimenticabili tu ed io. Quando è il quadro che parla le identità si incrociano nella clessidra degli sguardi reciproci. Tu sei come io ti ricordo ma io sono il ricordo di me dentro te del disegno.

È forma d’arte questa necessità lussuosa di ricordare in termini pratici. Quando la fantasia prende il tempo della mente e il pensiero diventa figura. È la potenza di una linea immaginaria che unisce i due punti di presenza e ricordo. Una camera di nebbia che rivela il transito di grani di sentimenti altrimenti invisibili.

Nello studio la luce è una tigre bendisposta. Il ricordo dilaga fulmineo sulle cose presenti spargendo una muta felicità. Il presente è la storia che non pesa, una sabbia che parla. L’io della nascita è deserto assolato che nella mente è tuttora ospitale.

Read More
dopo l'uragano

dopo l’uragano

Adesso sono felice di questa oppositività. Che tutto è non soddisfacente. Ho voglia di accordi con nessuno. Simpatia zero. Disprezzo l’impazienza come succede  ai pescatori sul fiume. L’identità professionale dello psichiatra è una piccola impresa nel deserto. Una fabbrica artigianale di solitudine. Non cercarmi sorridendo. Non disturbarti per me. Il bisogno di essere buona ti fa agitare e consumare ossigeno prezioso. Le matrici della mente religiosa sono alla base dell’identità politica. Anche laica. È altresì escluso che si tratti di fede. La solitudine, è ‘religione’. L’antipatia è ‘religione’. Cose che regalano un disinteresse che garantisce la pulizia. Sono volati via i capelli. Un’operazione di facciata e la manifestazione di un dolore ‘senza causa’ il quale dolore, dunque, non avrà altre conseguenze e sarà come la musica nel deserto che è senza eco cioè senza ritorno. L’idea di una guarigione da perseguire mi tiene lontano dalla aspirazione all’altrui interesse. Ci sono cose che non si spiegano e tra queste c’è il dato che “interpretare” procura sempre problemi al medico e non so come sia che accade sempre. È noto, a chi si occupa di medicina psicologica. Interpretare è una azione odiata con tutto il cuore. La generica questione della psicoterapia dinamica è percepita con neutralità. Ma l’azione pratica di interpretare in una stanza scatena ogni negazione. Dunque ogni poco tempo è necessario ristabilire un equilibrio prima di spingersi ulteriormente avanti. Che sia una piccola ferita o una potatura come oggi o un dolore personale segreto. Meglio di ogni altra cosa è perseguire con metodo l’antipatia. L’intolleranza per gli impazienti. Bisogna acquisire un certo modo di essere. Io ho maturato una ‘religiosa’ capacità di valutazione minuziosa ed esatta del tempo come una cosa che fa crescere una pianta di olivo nei miei pensieri. Il coraggio di un dolore senza motivo. Il pianoforte compare come scorcio delle tre ottave alte della tastiera. La vita umana come le dita di una mano che sfiorano battendo piano alcuni tasti. Io sono il dito di metallo. Ricostruito con amore al posto di quello perduto per amore. Io sono il pegno d’amore nella mano di una che fu punita avendo osato la musica nella foresta. Sono un dito metallico con la sua testa pelata che batte sulla luce del sole.

Read More

sono oramai quattro anni


Posted By on Set 7, 2014

La ricerca di base determina su certuni una attrazione. Come loro si dispongono seduti in una prima fila accanto alle pareti, e poi in una seconda fila attorno al cuore dei significati impliciti dell’essere insieme in questa stanza di psichiatra, io adesso traccio parole dal centro del foglio ai suoi margini. Non sono molte le cose che voglio scrivere nel disegno. Voglio scrivere e disegnare di un cuore nero. Così ho disegnato e scritto un cuore nero.

Perché toccare o avvicinarsi alle realtà di cose di natura pericolosa? Perché posso farlo senza rischi ora che metto insieme il ’76 da che venni in rapporto con la scoperta e la prassi relative a IDMEC e il suo autore (e sono 38 anni) e il 2010 (precisamente il 20 settembre) e sono quattro anni. Da trentotto anni la manipolazione di concetti diagnostici -nati nella teoresi freudiana che era la forma culturale della Cattedra della Clinica delle Malattie Nervose e Mentali dell’Università degli Studi di Siena- deve costantemente sviluppare le necessarie distinzioni terminologiche e le ancora più indispensabili chiarificazioni inconsce per arrivare dall’istinto di morte tutt’ora in auge, alla conoscenza di possibilità differenti.

Spericolato trentotto anni fa già mi dichiaravo sicuro di conclusioni univoche e coerenti a partire da una certa ‘ipotesi’ assunta come scoperta definitiva. L’potesi conteneva nella trattazione parole come: rifiuto, frustrazione, nascita, vitalità.

Ora scrivo e disegno il cuore nero. È che dal 1976 si è ben disegnato il solco tra fantasia e pulsione. Tra sparizione e annullamento. Non cosciente è, comprensibilmente, l’attivita fisica alla base della funzione del pensiero. Questo voglio dire, nel ripetere di questi ultimi anni. Dire e ripetere che, siccome la realtà mentale ha natura fisica, l’azione fisica non può essere sottoposta alla indagine della coscienza cui essa da origine se non un attimo ‘dopo’.

La coscienza è successiva al proprio accadere. Il non cosciente attuarsi delle variazioni fisiche, che ci regala l’ineffabile senso di noi, inaugura ogni istante l’esistenza del pensiero ed esso non è, alla base, che fenomeno fisico di tempo che costantemente si ama definendolo ‘la nostra vita’. E la nostra vita è senza senso se vuol sapere la propria origine che non saprà ‘mai’, tuttavia, per la fisica potente della propria costante generazione, ha la certezza che  è di per sé origine ‘sempre’.

Accadiamo costantemente a noi stessi: irreparabilmente nella solitudine dello studio e della azione di ricordare, e poi tra le braccia di donne figli compagne e innumerevoli altri partecipanti di società complesse: ed allora il sacrificio della piena coscienza da subito è amore, politica, legge, regole, necessità e partecipazione, compassione, voglia e attesa.

Ma mai la legge della simultaneità (entanglement) quantistica regola alcuna delle vicende della relazione interumana: la natura fisica del pensiero ne renderebbe conoscibile la vicenda dell’attuarsi solo in un universo in cui le masse fossero meno grossolane di quanto invece non siano in rapporto alle filiformi volute del fumo di fotoni e particelle elementari.

Dimesso e gentile il girasole che vorrei essere piega il capo. Le idee sono semi seccati. Tu dunque passa attraverso i filari, mieti, setaccia e fanne olio. La biomassa degli scarti potrebbe restare per gli abbracci. Il discorso, da un punto, si sparge in terra a manciate. Le cose scritte in quattro anni giacciono insieme. Per quel che vedo c’è un contorno curvilineo. Tratti di matita nera all’interno ma anche lungo il margine e fuori. Non ricordo gli attimi della decisione di quattro anni fa in settembre. Non ho tenuto memoria cosciente del giorno e l’ora quando scrissi la parola Operaprima.

Il ricordo torna con la fantasia di riprendere a disegnare parole. Traccia mnesica di quattro anni fa ma anche di trenta e più anni fa. Imparo a leggere e scrivere, aggiunsi, nella descrizione. Poi essa era diventata ‘Pensiero, fisica, realtà, materia’. E poi ‘Origine materiale della vita mentale’. Da poco ho precisato ‘Natura fisica della realtà psichica’.

Forse sto ripetendo, in modi differenti, un impegno che mi ero preso giovanissimo: narrare la vicenda che va dalla pulsione di annullamento alla conoscenza dei fenomeni fantasiosi delle sparizioni. Così finalmente ho disegnato le parole ‘ricerca di base’ sopra il perimetro nero di un cuore infernale. Quello che un tempo faceva terrore oggi sutura i segni grafici che esprimono il lavoro di conoscenza alla base della prassi medica.

Read More
image

“The Reproductive Revolution: Selection Pressure in a Post-Darwinian World
www.reproductive-revolution.com/index.html

“È una negazione la parte preponderante delle nostre affermazioni, se esse sono espresse senza bellezza”(… su queste pagine pochi giorni fa)

Allora la bellezza è un parametro per individuare il grado di umanità del pensiero dal momento che l’evoluzione è caotica e opportunistica e che improvvido e approssimativo e casuale si pone nello spazio/tempo ogni suo risultato. Che è un gradino e un passo di una condizione di non linearità. Mi siedo sulle ginocchia, sulle ginocchia mie. Con tenacia torno un ragazzo coi muscoli elastici e i tendini che restano increduli. L’atletismo ormonale della contrazione a sedici anni è resistenza, pazienza, attesa, e scatto contenuto. Insomma so, meglio di allora, che la mimica silente del sorriso ha la stessa qualità della potenza muscolare annidata nella promessa del sesso e del coraggio, prima dei tuffi dagli scogli. Seguo lucertole e api sui fichi dell’albero estivo. Finisco la lettura de “I SIGNORI DEL PIANETA” di Ian Tattersall. Il linguaggio, forse, potrebbe essere stato generato tra i bambini. Per via che essi pensano in modo differente dagli adulti. Il linguaggio, con la potenza contrattile che esplode da un silenzio che ne conteneva la potenzialità: è quella l’idea che viene giù, di un tuffo dagli scogli. Che gli esseri umani non sono provvidenza ma disordine. Che il linguaggio non serve per comunicare ma per pensare. Alle soglie mentre escono dal primo anno i ragazzini, ricordando un sogno…. potrebbero aver effettuato un tuffo evolutivo. Copio il testo di pagina 249:

Personalmente sono molto affascinato dall’idea che la prima forma di linguaggio sia stata inventata dai bambini, molto più ricettivi rispetto alle novità di quanto lo siano gli adulti. I bambini usano sempre metodi propri per fare le cose e comunicano in modi che qualche volta lasciano i genitori disorientati. Seppur per ragioni ESTRANEE ALL’UTILIZZO DEL LINGUAGGIO, i piccoli ‘sapiens’ erano già provvisti di tutto l’equipaggiamento anatomico periferico necessario per produrre l’intera gamma di suoni richiesti dalle lingue moderne. Essi inoltre dovevano possedere il substrato biologico necessario per compiere le astrazioni intellettuali richieste e anche la spinta a comunicare in maniera complessa. E quasi certamente appartenevano ad una società che già possedeva un sistema elaborato di comunicazione tra individui: un sistema che implicava l’uso di vocalizzazioni, oltre che di gesti e di un linguaggio del corpo. Dopotutto, come nel caso di qualunque innovazione comportamentale, il TRAMPOLINO FISICO NECESSARIO doveva già esistere. (…..) è facile immaginare, almeno a grandi linee, in che modo, una volta creato un vocabolario, il feedback tra i vari centri cerebrali coinvolti abbia permesso ai bambini di creare il loro linguaggio e, SIMULTANEAMENTE, I NUOVI PROCESSI MENTALI. Per questi bambini, ciò che gli psicologi hanno indicato come ‘linguaggio privato’ deve aver agito da canale, favorendo la trasformazione delle intuizioni in nozioni articolate che potevano quindi essere manipolate simbolicamente.”

Il sorriso si svolge rapidamente nella distensione delle fibre del procedimento di pensiero. Intuizioni, nozioni articolate, manipolazione simbolica. I bambini creano i nomi delle cose e il ritorno in sensazione di felicità è la via neurale di feedback che conforta e conferma. Ma anche richiama ulteriori dati compositivi dalle regioni sinaptiche prospicienti il vortice virtuoso che si è innescato. Nel segreto delle grida dei giochi i piccoli ‘sapiens’ -restando protetti al di qua dello stupore dei grandi- producono forse -più che ‘senso’ del mondo- la propria consapevolezza di sé medesimi, almeno per cominciare. La nominazione delle cose, l’attribuzione ad ognuna di un suono attraverso comportamenti fonetici appropriati, recluta e abilita nuove vie neuronali di consenso e guadagno. La sostanza dei mediatori implicati nella trasmissione lungo le vie nervose è l’esperienza del piacere endogeno che chiamiamo, oggi, il sé libidico. Esso non si serve dell’altro essere umano per il proprio godimento.

Eco senza Narciso, il linguaggio inventato dai bambini non è comunicativo ma espressivo. La nuova alleanza cui si allude nel testo di paleoantropologia, situata fuori di metafora in una società plurima e non più di soggetti neonati ma di personcine aurorali e capaci, sta nella condivisione dello stesso sistema di segni. Però è forse ancora, all’inizio, appartenenza implicita, non socialmente pubblicata, non riconosciuta forse, se non nella cerchia dei giochi. Quel pensiero privato sviluppa la nuova attitudine mentale verso scogli alti. Il mare che scintilla non attira al vuoto giù sotto e in basso, ma al cielo respirabile. Solo dopo, una volta maturata la fine attività di modulazione della mimica facciale coerente con la coscienza di sé, i ragazzini si fermano, guardano giù e, tenendosi per mano senza più pensare, dimenticando la coscienza ma senza perderla, volano lontano preparando il tuffo nel galleggiamento del corpo nel vuoto. È un sogno che si sveglia nel sonno dentro il quale si cade ogni notte.

Ora parlo dello svegliarsi. Di stamani. È la mattina di domenica un momento sensibile alla misura della qualità della vita. Ragazzini e adulti sfilano dalle camerette alla modesta superficie del soggiorno comune che è anche cucina e guarda il giardino. Di tempo in tempo, quando tra le otto e le una è concesso dalle distrazioni amorose, il pensiero ripercorre al contrario gli eventi evocati dallo studioso dello sviluppo dell’umanità dalla dis-umanità precedente: manipolazione simbolica, simbolizzazione, nozione articolata, intuizione…. Nessuno si occupa di questo che scrivo. L’espressione verbale della nozione articolata si pone perfettamente in una silenziosa ‘inutilità’ ed essa, l’inutilità è l’evento simbolico che protegge l’attività della mia ricerca intellettuale mattutina: il silenzio è una coltre di cotone profumato costellato di ricami, dei piccoli impegni di preparazioni di cucina, di disegni sui fogli bianchi delle due bambine, della apparecchiatura -coi tesori della pasticceria di fronte- di colazioni di gusti variabili.

E poi ci sono in aria i messaggi televisivi e c’è la richiesta se per favore qualcuno può (vuole) prendere il limone all’albero della vicina (quasi centenaria essa è perduta nelle regressioni della biologia che scompone l’integrità del pensiero e fa a pezzi il mondo e non sa più protestare contro noi innocenti ladri al suo giardino). Scrivo e intorno si ride si chiacchiera si aprono getti della doccia e si fa il disordine necessario a scaldare il mattino. Ai margini disegno questo deserto silenzio. Sopra sorge la notte, che non è il sole nero avventuroso del non cosciente salvifico, ma di certo il parziale declino delle norme verbali ragionevoli come esclusiva forma di espressione.

Ogni tanto grida di ribellione infantile tingono la scrittura del necessario senso di lotta contro la stupidità, volteggio nel vuoto prima della caduta del tuffo, e il vuoto è il paradosso incorporeo di questa disperata fiducia che con i miei simili potrò essere, alla fine, comprensibile in questo modo di scrivere, vivere e insistentemente cercare, da quando la coscienza mi permette di ricordare.

Read More

l’uso quotidiano di noi


Posted By on Gen 16, 2012

l’uso quotidiano di noi

la passione per il linguaggio ha trasformato l’uso quotidiano che noi facciamo di noi stessi: ci stavamo occupando del rigore delle pause, quando la vita ha assunto l’andamento del sogno.

il tempo che mettiamo in gioco sotto il cielo ha natura intima. i suoni hanno rimandi brevi. il timbro è composto di precise vibrazioni come quando si raccontano le qualità dei frutti e del vino in una dispensa.

le parole sono serrature complesse di una polveriera ordinata e pulita. sono i gemiti dei guariti in una sala operatoria. sono estensioni di un lungo periodo di pace separato. distinto da tutto.

la luce quotidiana si ritrae nell’intimo di millimetriche misurazioni. nella scoperta di cose pratiche: la fisica della convivenza, come dormirsi accanto, se profumarsi i polsi (prima di uscire).

la conoscenza riguarda sapere l’esatto punto di celeste della camicia da indossare. la lana migliore contro il gelo. i gradi di freddo da come cambia il colore dell’aria. adesso, parlare è una conta di bottoni in scatole di alluminio.

l’idea di musica è il modo di camminare. precisamente è un procedimento: la preparazione delle conserve, la deposizione di un libro accanto ai volumi già presenti sulla scrivania, voltarsi.

per periodi imprecisati, di certo parecchi minuti, spolveriamo le cornici delle finestre aperte giorno e notte. per ore ed ore studiamo la rotazione del busto, contemporanea all’avanzamento della spalla, quando si tende la mano in un saluto di ardore.

si insegna ai bambini a manifestare il gradimento, la sorpresa, la sfida, la resistenza – e i differenti livelli di riserbo – fino ad un cauto atteggiamento di desiderio – variando impercettibilmente la forza degli abbracci.

teniamo a memoria certe cose di cui ci sfugge l’evidenza. cose di questo tipo:  ‘ogni rinascita di per sé sarebbe un fenomeno letterario di euforia decadente, se non fosse immediatamente seguita da una infanzia disarticolata felice e muta.

favoriamo il sonno con la lettura. sappiamo che il canto magico si potrà ritrovare soltanto nei segni delle scritture di lingue sconosciute oppure nel rumore vibrante delle scrittura quando leggiamo distratti dal sonno. mentre il volto scivola all’ombra del cuscino.

si insegna la lettura nella notte, a disobbedire tacendo e a progettare avamposti fortificati. si inducono, cautamente, la riduzione di coscienza lo stordimento per preparare l’incontro con il seno, attraverso le attività serali: il disegno, raccontare.

osserviamo in silenzio l’immobilità del sonno dei nostri amanti, il loro mutismo appassionato e inerme. così apprendiamo la forza di tenuta delle braccia, l’infanzia, e il reale movimento frutto esclusivo della generazione delle idee dei sogni.

si ripetono altre frasi a memoria: ‘il latte del seno porta la nascita e la convivenza. divenuto di nuovo suono fa il linguaggio e l’amore con le parole. nel tempo che genera realizza la città, la legislazione marittima, e la politica.’  

a questo punto numerosi restano i segreti: hanno forma di sensazioni che ci lasciano perplessi e attualmente ancora ci impediscono di prendere decisioni sulla assegnazione di nuovi nomi alle cose.

note: l’immagine è tratta da un video del ballo Sasha Waltz – The Trilogy “Körper”, “S”, “noBody” (qui)

[banner align=”aligncenter” background=”2E2E2E” text=”B3B3B3″]

[banner network=”altervista” size=”300X250″ align=”aligncenter” background=”2E2E2E” text=”C7C7C7″]

Read More

commiato per una aristocrazia dal basso

“Nonno mi ha guardato con un sorriso e ha detto :- ‘Solo chi apprezza veramente la vita e la libertà, e comprende fino in fondo, merita di vivere libero….anche se è un semplice pollo.’  Io ci ho pensato un po’ su e gli ho chiesto :- ‘E se tutti i polli un giorno diventeranno come lui? ‘ Dopo una lunga pausa nonno ha detto :- ‘Allora bisognerà abituarsi a cenare senza zuppa di pollo…’ Il concetto della libertà è sacro per i siberiani.” (‘Educazione siberiana’ – Nicolai Lilin -Einaudi Editori – 2009 e 2010 – pag. 23 )

Read More