dio della domenica


Gli esseri umani, i giorni di festa, amano generare misteri di supreme esistenze. Composizione di tormenti nervosi di poter essere separati e tirare sospiri trash. Sabbia semi e santità. Taverne chiodi lampade e turbolenze sociali. Il fascino della storiografia è che ha un sapore come di un lecca/lecca al burro di morfina: le dominazioni essendo sempre stupefacenti. Noi, ultimi, conosciamo psicotropi da trivio come può essere, per esempio, la nicotina ad effetto immediato e rapida scomparsa di intercedere a tuo vantaggio nelle risse con i randagi di zona. Dalla potenza polifonica della lettura dei libri ho appreso che la grammatica formale per la composizione delle frasi esclude ogni altra frase non ineccepibile che si intravede all’angolo affacciarsi sul portone di legno profumato di ciliegio, schiudersi alle coltivazioni di fiori. Le certezze scientifiche sono precarie consolazioni. Vanno cambiate. Il sole è una lampada biblica e poi una fornace di elio: e il pensiero cosciente non fa una piega. Il pensiero cosciente mai si oppone, se non quando si sente garantito, (viltà è la sua), dalle mafie grammaticali. Così che non sappiamo, o non facciamo caso, a quando e come vengono trasformate le regole e le abitudini d’uso delle parole.

Tutto il tempo. Tutto il tempo dei mondo in mano a te e nient’altro. Le frasi brevi fanno, della scrittura, una scienza matematica che aspira alle formule dell’armonia universale e, degli scrittori nuovi, i seminaristi. E infine, degli enunciati narrativi, preghiere allo stato dell’arte. I maschi, i medici, i pensieri: parole brucianti. Comete ricorrenti come meridiane celesti: tanto che il cielo poeticamente diventa plurale, e i singoli suoi strati, come veli di lino, verranno concepiti _dai fisici_ come loro personali fogli di scrittura su cui avanzare le puntate: Dio gioca ai dadi.

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