erotismo probabile


"EROTISMO NOMADE, QUOTIDIANO, PROBABILE"

“EROTICO, NOMADE, QUOTIDIANO, PROBABILE”

Divertente questo ‘niente’ che prende. È una allegria per le cose fatte. Che sono abbastanza, per quel che mi ero ripromesso: e riducono l’area dei desideri conferendomi una indifferenza impertinente. Ho una riserva di fette biscottate da spalmare di marmellate a variabile contenuto di saccarosio fruttosio e fibre, a conclusione di certe sere solitarie. Un esercito di vasetti sfaccettati, contenenti tutti i possibili carboidrati selezionati contro l’umore depressivo. Proietto sui vetri angolati le foto colorate della cartella delle immagini. Sono tutte prevalentemente ‘oscene’ perché restano scolpite in polvere di tempo. Riguardano storie vere e storie solo possibili: immagini di ricordo e di invenzione. Idee di incontri furtivi che lasciano sensazioni durevoli di totale innocenza. L’innocenza è anch’essa oscena. È del tutto ascetica e priva di pudori. È vera e propria astinenza. Questo niente che si impossessa della coscienza lascia esposti gli assunti prima scontati. Compie un esercizio di nudo a proposito del normale desiderio e porta avanti gli eccessi senza rossori. È erotismo acceso: ma è privo di riferimenti o figure riguardanti il sesso. È privo della necessità di essere animato da onesti sentimenti che sono, si capisce, i discreti afrodisiaci dei legittimi vizi del sabato. La ricerca è oscena perché non lascia tempo libero. Va avanti continuamente. Che vita! Si calano, dal camino dei laboratori di psicologia, certe domande molto personali -come eroine in un pozzo dei desideri- in brevi momenti di intimità. Di fatto la teoria avrebbe risposte generiche impersonali e spigliate. Ma nella relazione invece le persone portano fibre di lana e cotone di cardigan a tinte dolci e ciglia sottili da sguardi ammaliatori: sono esiti, tracce, impronte di ricordi di rapporti di donne e uomini: insomma sono le vite singole per le quali nessuna teoria ha mai vere risposte compiute. Per questo le pagine dei quaderni. Sono un mezzo, uno strumento narrativo che dice di brucianti attimi di benessere. Gioie transitorie. Colazioni sostanziose. Banchetti nella savana impareggiabili che, per la loro irripetibile qualità, mi avevano tolto per sempre ogni invidia dell’altrui felicità. Nasce dalla assenza di invidia la postura adatta alla ricerca sui fenomeni del pensiero. Ricordo, per esempio, che sempre le separazioni mi furono imposte e, dunque, non fui mai davvero in grado di comprenderne la necessità. Così oggi mi è facile concordare con i risultati della neuro anatomia: il pensiero si effettua contemporaneamente su così tanti strati ed in così numerosi nodi della ragnatela dei reticoli cerebrali, da essere necessariamente non cosciente. Viviamo (godiamo) di una psicologia la cui fisiologia è un filtraggio estenuante. Il pensiero è un continuo esercizio di erotismo senza sesso: è il fruscio del lenzuolo di seta della percezione ricorsiva del mondo, nel crepuscolo di una stanza di incubazione che assorbe suoni e forme della nostra vita di ogni giorno. Siamo bagnanti stesi a poltrire sul ventre della riproposta giovinezza dell’ambiente umano. La nostra vita attuale scorre un poco lateralmente alla coscienza che ne abbiamo, e la linea dello schermo fa un angolo acuto col raggio incidente del nostro sguardo.

Hickmet, poeta di risvegli che mettono a soqquadro stanze di prigioni e di alberghi di esilio, impone che tutti i risvegli debbano essere amorosi: e si intuisce che orientarsi a desiderabili intelligenze del mondo diurno, al sorgere immediato della luce che sconquassa l’oscurità, compone adeguatamente il quadrante delle idee.

Quello che comporta anche soltanto la comprensione di tali notizie di poesia è un insolito rallegrarsi di sé. Ne desumo che il pensiero al risveglio, come la ricerca nel setting della psicoterapia, non vadano esclusivamente e sempre rivolti ai misteri del sogno. Più spesso, e più efficacemente, dovremmo sviluppare la disponibilità all’interpretazione d’amore.

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