esterno giorno


rami sottili


Posted By on Mag 15, 2015

È che ci vuole tempo. La pianta di olivo crescere che si veda tra i capelli. Legarsi ci vuole dei pensieri al cielo. Gli occhi a guardare avanti ogni altro. Tenuti dalla vita automatica della mente si va. Smisi di osservare le stelle con animo romantico. Non di amare trattavasi, ma correre su scarpe da runner per sentieri di pineta. Smisi di crucciare il loro animo e di annuvolare la loro foresta di pensieri con idee preconcette. Non parve ortodosso ma fu la coscienza a godersi lo spettacolo del cambiamento. Nessun sublime tratto ad annunciare il cammino. Risveglio dopo risveglio le comete restarono in cantina e il pulviscolo d’argento è luccichìo di limatura di vetri. È che c’era voluto tempo a scrivere che la coscienza del primo anno risulterebbe (secondo studi di neuro fisiologia) una attività di pensiero non auto consapevole ma non inconscia. Costante resta la coscienza onirica nella vita del sogno. C’è dunque tutto il tempo davanti ancora nuovamente: nascere -da non credere- ad occhi aperti. Una volta compresa l’idea sottesa alla validazione neuro fisiologica degli scientisti, pensieri e foglie in cima ai rametti fini dell’albero vennero su facilmente. Basta che una cosa sia ben viva in noi e si presenta da padrona papavero tra spighe del campo seminato. “Come è stato possibile?” mi domando. E rapidamente viene il nuovo pensiero, l’ulteriore idea scenografica: esterno giorno, controluce, le riprese di microscopia dei contrasti. Decenni prima di ora già era pronto tutto per oggi. 1968: Iscrizione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Universita degli Studi di Siena. Io racconto ricordi, però, nello stesso tempo eccomi oggetto di studio.

Le macchine per la risonanze frusciano adesso per le ricerche di imaging che cercano la corrispondenza biunivoca tra differenti stimoli e le risposte anatomo/funzionali specifiche per ognuno di essi. Le comete si accendono per gli isotopi dei marcatori: ossigeno fulminante che brucia nelle ossidazioni neurali. Volti fotografati, forme di corpi, narrazioni. Poesie Intere, parole, musica e una nota singola. Ma una nota singola non ‘significa’ nulla (ha un modesto contenuto dal punto di vista dell’informazione cognitiva) però immagino che susciti risposte cerebrali massive, inondazioni di vaste regioni. Grandi provincie per le cui strade si corre oltrepassando il rosso dei semafori. Firenze nel 1971. Negozi colorati. Manifesto di Guernica in scala di rossobruni.

La corrispondenza biunivoca è asimmetrica. Piccolo stimolo e risposta catastrofica esattamente quando ti vidi la prima volta. Colori che sfumano sull’intera area emisferica. Uguale a come quando lessi sul dorso carta da zucchero il titolo del libro “Istinto Di Morte E Conoscenza”.

Geografia geologica, Siena, 1976, Libreria Ticci, via Banchi di Sopra, sabato di novembre: che ero rimasto per cominciare a studiare i libri delle materie del primo anno di specializzazione.

Macrofotografia. Teleobiettivi. Grand’angolo nella tasca sinistra della giacca. I rametti crescono tra i capelli. I capelli sono rami sottili. I pensieri sono foglioline di olivo. Il tempo è il teleobiettivo di precisione che ha la distanza dei contrasti emotivi. Io ho la gioia dei ricordi. È che ci voleva tempo. Il telescopio invece fa la fotografia di un fiore sui campi di un nuovo pianeta uguale al nostro. Lontano anni luce ma simile che potrebbe esserci la vita. Così vidi i gruppi di analisi a Roma. Il dottor Fagioli. I corpi rinserrati ben tenuti nella stanza. Carne e respiro. Una sensualità rituale, l’idea della cura, intanto il calore dei fianchi dei toraci dei seni di gambe, muscoli, omeri sottili, spalle, le clavicole delle ragazze che inclinano grondanti alla valle tra i seni. Fiato di ragazzi e ragazze che non ti confondi mai.

Oggi. Ricerche sulla corrispondenza biunivoca tra stimolo e risposta. Per portare il pensiero nella fisica della vita cerebrale. Per ‘appuntare’ le cose più belle alla carta da parati della mia vita che è la stanza delle nascite del riso e delle lacrime. “Appuntare” quando ero piccolo era segnare le cose da fare, portare sulla carta i pensieri degli anziani senza più memoria, portare sulla carta i riflessi lucidi dei loro occhi furbi o smarriti ma mai maligni, che io abbia vissuto. Tostare l’orzo, pagare la pigione, rammendare la giacca, ordinare la legna….

Ora interpreto i sogni, ora, anzi, insegno loro a interpretare i sogni. I trucchi, insegno e svuoto le tasche piene di caramelle. Non è Edipo, non è Laio. Hai sognato la politica sporca e delinquente. Hai sognato la noia che non ti uccide più. Ha sognato il senso di colpa di esserti curato ed essere rimasto solo. “Ma erano le parole che diceva il dottor Fagioli” mi dico scandalizzato. Beh, alla fine sempre medicina faccio, come faceva lui, Faccio il medico già da allora pure io. Somiglianza dei metodi necessari. La medicina ha offerto la propria dignità alla psichiatria. La scienza dei sogni è stata portata alla portata delle persone. Si sono avvicinate, le persone. Ed io ho smesso di averne paura. Sono cambiato, diventato migliore. Come diceva il dottor Fagioli, ho imparato ad essere onesto. Mi sembra, almeno. Così dopo trent’anni rivelo il segreto della interpretazione dei sogni. Intanto che durante le azioni di rivelazione di imaging, l’ossigeno che brucia nelle cellule neuronali, disegna le figure sui monitor accesi. Io da sveglio ma senza sapere come avvenga, ho in mente gli isotopi, il blu del radio sul comodino di Madame Curie, il suo midollo che si consumava, che faceva impallidire il suo sangue sul braciere per pochi grammi di passione. L’uranio della notte piena di sogni. Le sue unità radiologiche per le strade della Francia in guerra permettevano di vedere l’invisibile, le ossa rotte dietro le ferite. La struttura ossea intatta. Lo scheletro disarticolato della gioia. Che respira vivo dopo le bombe.

L’umanità si caratterizza per la cattiveria dell’incoscienza, della distrazione fatale, dello sgambetto traditore. Ora che si vede l’incoscienza dei delinquenti, distinta dalla cosiddetta animalità dell’uomo, io, nel pieno della mia attività vigile, interpreto per curare. Per scoprire la meraviglia della consapevolezza che stiamo guarendo. L’incoscienza è propria dell’anestesia, del buio silente della natura fisica della biologia che non sogna e non veglia. È il corpo che dorme senza sognare. Senza bellezza della sensibilità. La sensibilita è il risveglio per reazione allo stimolo. Sonno, sogno, ancora sonno. Poi, in un attimo, l’io.

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