etica quotidiana


Faremo tutto quello che si deve fare. È questo il pensiero in prossimità di domani. A volte non è molto e neppure difficile quello che si deve fare. Quello che si deve fare è quello che noi riteniamo non si possa evitare. Quello che si deve fare in genere riguarda le cose.

I pensieri sui nostri doveri ricadono sulle cose e fanno una gerarchia. La gerarchia delle cose è la prospettiva per cui quelle che vanno fatte prima sono in prima fila e tutte le meno importanti, quelle che possono aspettare, non sono neanche visibili, sul momento.

Nella gerarchia della mia vita tu non puoi aspettare. Nella mia visione prospettica tu copri ogni altro elemento del panorama.

Non so com’è. Chiarirti le gerarchie cui obbedisco sarebbe un buon modo per farti conoscere il mio sentimento di dedizione. Ma è difficile.

Mi spiego. Nella giungla delle cose ci sono liane intrigate e radici aeree che si confondono. Le parole dovrebbero costruire pareti di rifugi transitori. Nei quali non interferissero le cose.

Un rifugio è una costruzione di pochi significati sovrapposti e affiancati. Non possono entrarci le cose. Le cose nel rifugio non ci sono: c’è solo l’aria pulita nello spazio attorno a certe parole. Ci sono queste parole leggere e chiare e intorno aria limpida. Ossigeno, penso io. Io mi porto questo monachesimo con il quale mi pare che potrei costruire, nella giungla della modernità di troppe cose confuse, dei santuari dedicati al culto dell’aria.

In essi l’aria è la principale componente ed ha una tale limpidezza da vanificare in ottusità quanto viene generalmente definito obiettività. Nei miei santuari, veri e propri giardini pensili trai rami degli alberi, un’aerea trasparenza si addensa così tanto, vibrando attorno ai suoni del linguaggio quotidiano, che le (nostre) parole, dentro quei laboratori linguistici, si possono seguire lungo tutto l’arco vitale della loro parabola acustica.

Esse si vedono innalzarsi, accendersi nella voce tua e mia, veleggiare in sciami di comete nello spazio traslucido, lentissimamente tremanti oscillare, esasperatamente bruciare ancora milioni di molecole di ossigeno al secondo, e tornare giù  fluttuando, e posarsi prima sulle nostre spalle e poi definitivamente accucciarsi ai nostri piedi in scintille pungenti e frammenti irregolari di carta in fiamme: come cani fedeli.

La gerarchia delle cose allinea quelle che vanno fatte prima di fronte a tutte quelle che possono aspettare.

Tu non puoi mai aspettare nella gerarchia della mia vita.

Ma perchè queste parole abbiano una legittimità devo prima costruire quel tipo di rifugio per ospitare l’aria pulita da far vibrare attorno ad esse. Devo costruire un luogo dove le cose non possano entrare prima che le parole dette abbiano incendiato l’aria di fiamme sanguigne per tornare alla mente come il volere di un dio incendiario che tinge e costringe, a quel volere, il suo popolo prediletto.

Solo allora dirti che “tu hai un posto speciale dentro di me”, che “sei oggetto della mia predilezione” e che infine “sei anticipazione prospettica dell’intero mio mondo” sarà la verità o, più semplicemente, una affermazione plausibile. 

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Dopo un breve sonno pomeridiano pensai che non dovevo necessariamente uscire nel deserto infuocato di luglio per portare a termine l’impegno prefissato. L’armamentario di regole della correttezza si liquefaceva nell’illusione ottica del mare sull’asfalto surriscaldato. Il clima inusuale costituiva una attenuante morale sufficiente a ridurre di molto l’entità della condanna preventiva che spesso mi porta ad assolvere certi doveri senza alcuna bontà e al contrario solo per vile timore. Poiché nulla era cambiato fuori di me, deve essere stato il contenuto del sogno nel sonno che aveva cambiato me: per cui alla coscienza appariva più mite la sanzione etica della contravvenzione cui mi disponevo: restare al fresco della stanza e non uscire per alcun motivo. È da queste piccole cose che ricavo una scarsa stima verso gli sforzi intellettuali per assicurare alla gente muscolosi sistemi previsionali. L’interferenza sulla mia inclinazioni morale riguardo al dover compiere o meno una certa azione pomeridiana era infatti risultata radicale e decisiva seppur derivata da un intervento onirico di natura lieve e di contenuto ignoto: poiché per altro non saprei dire cosa avessi sognato.

So bene che la faccenda non riguarda che me ed una generalizzazione è arbitraria. Non di meno penso che al di fuori delle norme del codice civile e penale l’etica che regola i comportamenti quotidiani è (una questione) solo personale. E sarebbe altrettanto arbitrario farne una legge da imporre agli altri anche se (solo per il fatto che) si è certi che questa nostra etica, per qualche caso, ci risulta inalterabile.

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