evoluzione


la grande tigre buona


Posted By on Giu 30, 2017

Quotidianamente cerco qualche riga di scritto da chi possiede l’umanità di intimità superflue. Paginette di uomini e donne che abbiano l’animo di restare a fianco della loro sostanziale insignificanza.

Io temo che la tendenza delle parole sia esclusivamente di spingersi col suono fino alla loro pronuncia impeccabile per ritirarsi in un soffio nel silenzio. I loro echi dopo che ho letto mi restano in mente come relitti di grattacieli tra le macerie di una guerra civile che è una brace bruciante sotto le ceneri delle attuali democrazie.

Leggo e rileggo appassionatamente le frasi amiche che mi tolgono la disperazione di una solitudine ininterrotta. Allora penso che la parte da recitare per ciascuno è un monologo che viene dalla terra erbosa. Un vortice di sabbia che si genera da una duna.

Leggo sul foglio di neve le linee scure di scritto che si alzano lungo l’intonaco delle pareti della mia casa come graffi di tigri preistoriche lungo la crosta d’alberi millenari. Parlo di tigri -non è una metafora- perché il primo anno della la vita è rimasto uguale dall’origine della nostra specie. E le tigri coi denti a sciabola sono tutt’ora tra di noi.

Non è una metafora neanche che io mi aggiro assonnato nei bar. Senza linguaggio i volti degli altri mi si schiudono misteriosi mentre il sonno evapora via da me provenendo dall’umido irrespirabile delle foreste di neuroni nella caverna della mia testa.

In un tintinnare di bacche un pianista ribatte sui tasti le note di uno spartito. Il pensiero di verde tropicale è fumo e profumo e lo posso sentire che si addensa in goccioline che formano ricami di sensazioni e frammenti di parole.

Sono, alla base precosciente del pensiero, le pietre bianche piane dove mettere i piedi per traversare il fiume. Reperti di geometria umana che definiamo ‘gli universali’. Sono legno terra e vapore. E la grande tigre buona che ha perduto tutta la propria ferocia -che dicevano fosse indispensabile per sopravvivere- sono io.

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dalla coscienza all’inconscio


Posted By on Mar 21, 2017

Un parere in merito a noi. Analisi della relazione. Dolcezza: il più, si sa, non sappiamo di saperlo. Perciò se ti viene la dipendenza del giorno dedicato a me, forse non sai che mi ami. Meglio che non lo sai. Meglio che rimanga sotto la superficie. Sublime dicono con enfasi. Io mi tengo l’enfatica leggerezza di un’allegria senza motivo. Come un ebete muoversi. Mi chiedo cosa sia che non so di sapere: il sapere che mi tiene allegro tenacemente. Sono un aeroplano che galleggia sull’aria voluminosa del cielo di primavera. Analisi della relazione: dimentica! Lascia andare la strada e il corrimano della scala. Dimentica il buio e l’azzurro. Voliamo sulle ali incrociate delle incognite: X. Certe cose inconsce non hanno suoni per questo non diventano linguaggio verbale cosciente: appartengono alla nostra consapevolezza però non vanno a comporre alcuna parola e allora sono le sere ristoratrici sul divano delle discoteche con donne tutte disponibilità traboccante, tutte offerte rigorosamente ascetiche, tutte magrezze in respiri da sera esili e trasparenti. Analisi della relazione: psicoterapia in gruppo una escursione tra tartarughe e gigli di mare. Cose vietate, specie protette. Inconscio, regressione, bellezze mai viste, il bello dell’inconcluso, la gioia di un agire disinteressato, la fatica facile finale seminatrice di spiccioli. Analisi della relazione di psicoterapia in gruppo: siamo quasi uguali dopo trenta anni: ti chiedo di essere responsabile anche tu. Se l’amore, questo amore, non vuole essere dipendenza, tu devi trovare un modo di fartene responsabile. Come se noi si potesse scegliere di amarci alla faccia dei dubbiosi. Vedi bene che conosci i ricatti della filosofia. Dici che sarebbe ammissibile se non fosse che tutto era cominciato come cura e allora sarai sempre vittima dell’inizio sbagliato e sempre non potremmo che sbagliare se ci amassimo. La filosofia non ammette la trasformazione. Come sarà possibile allora la rivoluzione? Non possiamo lasciarla in mano ai genetisti come una tra le cose evolutive. Evoluzione e rivoluzione. Cerchi nella scienza una legittimità per la dipendenza che è diventata amore. Io temo che sia il ricatto indecente della filosofia che non ammette la trasformazione. La filosofia, che aveva soppiantato la tragedia di uomini che furono senza volontà e dunque erano pieni di dolore senza colpa, è diventata la tragedia dell’impossibilità di passare dalla coscienza all’inconscio senza impazzire.

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Dedico queste stesure a quelli che, sapendo, hanno taciuto e col loro silenzio hanno lasciato spazio alla mia vista. Come danzatrici essi avanzano in me con la loro grazia femminile nell’orizzonte liberato. Se c’è un riposo è quando correggo una parola inesatta per un’altra, più efficace, e mi cucio addosso questa insenatura di lana e compassione in un arresto del tempo lineare e coerente. Quello che, già saputo, è oggetto della mia ignoranza è troppo che resterà ignoto perché chi sa molto meglio di me resta silenzioso e compunto: ed è questa  mia pretesa di dire, a fronte della altrui ben più generosa pretesa di restare senza parole, la mia vita di soggetto. Poi spesso ho trovato il gusto di non dire nulla, anche io capace di fermare la vanità. Più di una macchina religiosa del perdono il tacere su speciali contenuti e il lento vagheggiare sfumati toni, è invito a stare con certi altri che paiono a loro modo riusciti. Rivoluzionari in erba restano con le mani in mano su panchine, su spiagge, all’ombra di chiome d’albero, sopra tavolati di navi, tra banchi di scuola e a passeggiare su distese di cubetti di porfido antico. Solo respirando misuro con sospiri di frase l’estensione della prima parte della giornata. Dopo mezzogiorno prendo parte a molte cose di chi dorme e mi diffondo a danzare coi suoni delle parole così magistralmente -come una maestrina piena di cuore e pudore voglio dire- ignorando morale e cognizione del sogno. Interpreto a mio modo con libere associazioni rischiose solo per me per alleggerire il lavoro dell’altrui impegno, e dico di farsi pazienti perché il pensiero non ha fine. E invito muto superbamente il pastore errante e L’ eschimese ospitale e la donna inquieta ad ogni latitudine. Ritengo indispensabile che si debba restare senza più appartenenza in una primitiva condizione nomade almeno per non cadere nel settarismo intellettuale cioè in qualsiasi rischiosa presunzione basata su abitudini. Mi giro e mi rigiro come il vento per le strade assolate di questa primavera e la linea della scrittura tiene l’aquilone e la mano del ragazzino gli suggerisce “sei tu a tenere il cielo ancorato alla terra a sostenere tua madre e tuo padre alle ali di carta colorata di questa tua elegante macchina per volare.”

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cinema d’essai


Posted By on Feb 24, 2017

Il muro è materia viva. Uno spigolo ne segna la fine. Da là sei entrata nella stanza delle cerimonie. Le liturgie ora ci piacciono. Ci vuole esperienza ad apprezzarle. Si tratta di un illusorio arresto del tempo. Come in amore si chiudono porte e finestre. Ma quello che conta è il muro e l’angolo da cui arrivi. Io mi costruisco candele con grasso di scarto. Faccio luce su noi. La stanza delle cerimonie è una cattedrale elettrica. Il giovane dr. Frankenstein. Anatomia e scintille. Il 1800 scorre sotto i tuoi passi. Lungo il muro degli anni sono corpo e pensieri. Cammini e alludi: le fessure del tempo: i passaggi segreti. Attraverso te intravedo gli anni futuri. So sempre un po’ di più tacere invecchiando.

I filosofi hanno interpretato il mondo e adesso bisogna eliminare la dialettica e parlare con gli occhi. Metafisica del silenzio. Lentezza antica del camminare alle pareti scure delle grotte. Fortuna evolutiva aver fatto, la materia, un piccolo frammento di tutto quello che si poteva fare. Adesso, prima di rivoluzionare il mondo, passo dopo passo trasformare il modo di pensare.

1970: “Istinto di Morte e Conoscenza”. Le navi beccheggiando percorsero il mare cerebrale. Descrizione delle cose. Industria della produzione. Poi improvvisa la Teoria della Nascita. La scoperta della necessità di una funzione specificamente umana: la Vitalità.

Adesso, in un modesto cinema: “In the Mood for Love”: seguiamo il lavoro inventivo dei registi. Lei che esce dall’ombra del muro. Vedi l’evoluzione del pensiero nella creatività artistica: rende evidente la natura fisica della poesia. La nascita delle idee dalle onde di arazzi sovrapposti. Anatomia e fisiologia cerebrale: strati di nuvole, tempi sincroni che ci benedicono ogni momento.

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“una dipendenza vantaggiosa”

Come si sceglie una città, mi hai chiesto. Io non avevo pensato che si scegliesse una città. Che ci si trovasse per vari ragionevoli motivi in una certa città. Che al massimo poi le città sono ospitali o meno. Poi invece, mi fai pensare, che non sempre noi scegliamo quello che diciamo di scegliere. E che, in particolare relativamente a questa mia città, devo risponderti che forse è la città che mi ha scelto, ha vinto su tutte le cose che mi sono accadute e mi ha tenuto.

Io so che causa della luce vigente qua ho vissuto come un ragazzino in incosciente svogliatezza tra grattacieli ogni mio giorno. La luce, per quello che mi riguarda, a posteriori ora che ci penso, arrivava dall’alto sui tavolini dove ondeggiavano ogni volta le tazze di caffè la mattina e sui torrenti urbani. Tu sei consapevole che non ci sono grattacieli nella città ma c’è una luce che cade dopo aver sfiorato le dita di questi altissimi palazzi solo apparentemente assenti -che io so benissimo immaginare- e questi raggi di luce si aggirano tra le mie dita, rimbalzano sulla superficie dei tavolini, e si acquietano dentro i cerchi neri fumanti del caffè.

Così mi ha scelto tenuto e sposato a sé la città dove vivo, e non solo lei non ne vale un’altra qualsiasi, ma vale, senza che me ne renda conto, più di tutte e, più che impossibile, lasciarla sarebbe controproducente. Perderei i grattacieli e la luce e la chimica delle immersioni dei fotoni nei laghi scuri di caffeina che hanno composto e strutturato e ideato la mia identità di persona. Sono, qua, straordinariamente mondano: fuori dai monasteri della ripetizione per fumi leggeri e variazioni di umidità e voci tra il cielo e i mattoni tiepidi del 1400 che compongono le mura che traverso passando sotto un arco grande giorno dopo giorno.

Certi amori ritenuti dipendenze sono forse, mi domando, addirittura favorevoli e vantaggiosi?

Bisogna comunque riflettere bene prima di lasciarci andare a conclusioni di conformità con lo snobismo anticonformista: che in ogni tempo varia secondo quanto preme sul cuore dei maestri culturali.

Qualunque sia la nostra città bisogna aspirare nebbie e profumi, carezzare marmi e fòrmica dei tavolini dei ristoranti all’aperto, ascoltare il pianto a dirotto dei violini dei viandanti quasi morenti di fame, e confrontarlo con l’umanità dell’empatia armonica che ci fa cogliere quanto sia facile la commozione, la vicinanza con i sentimenti di altri occasionalmente affiancatici dal destino. Loro ritti piegati sull’archetto e noi falsamente sicuri su precarie seggiole alle quali affidiamo la nostra impareggiabile solitudine di ogni mattina.

Le cause dei turbamenti dei musicisti di ventura sono differenti da quanto tuttavia agita anche noi e ugualmente ci muove alle stesse opposte  e in noi coesistenti idee di pietà e rivoluzione.

Uguali disposizioni abbiamo a inevitabili rivoluzioni future. Differenti sono le valutazioni se sia tra poco o molto lontana la necessità di cominciare a prepararsi. Ma i suoni e le luci parlano chiaro: non resterà mai niente per sempre uguale. E giriamo delicatamente al fondo del vulcano di ceramica bianca i grani di zuccheri esplosivi che per adesso restano dolcezza del mattino.

Ogni cosa che non scegliamo, di fatto, vale più di ogni altra: e in certi angoli di giardino spogli d’alberi o densi di volumi in alveari di biblioteche di qualsiasi città, la vita rivela la sua nota di occasionalità, la propria ineliminabile frangia di aleatorietà per via dei movimenti delle persone i cui moventi sono l’amore per il calore delle cose buone e la necessità ardua delle cose particolarmente belle.

Passeggio da anni con dannata trascuratezza sulle foglie e sulle gocce che inondano l’asfalto delle fasi climatiche di questi luoghi mentre il pensiero pare fluire senza ostacoli. La miscela d’aria però innesca fluttuazioni chimiche cerebrali e muscolari ignote alle possibilità attuali delle pretese di monitoraggio obbiettivo. Sono dunque libero? Non saprei.

Continuo a cercare la soluzione negli occhi dei miei vicini e però, poi, loro mi risultano comunque inevitabilmente occasionali: per il fatto che il tempo attraversa ciascuno di noi in modi differenti. Allora affondo i sensi nel presente dei loro occhi e della loro pelle e affondo le narici nel profumo del bavero delle loro giacche e mi perdo nel timbro variabile delle note del loro linguaggio e così senza parere vivo come un segugio o un insetto leggero con antenne delicate e gesti forti che indugia su questi ospiti nella casa che immagino sia la mia vita.

Mai quasi nessuno nota questo fatto d’amore. Perché, intanto che mi sposto sicuro lungo l’albero della mia silenziosa indagine, non so come, esercito un’azione di ritirata in me ad ogni successivo sentire. Non che ritorni a un minor sentire, ma mi faccio ogni volta più leggero per quello che decifro e così mi libro vibrando le ali e così nuovamente discosto non so mai se qualcuno dei miei pensieri, qualche fluttuante frangia delle propaggini del volo che tendeva verso di loro e che poi si è alzato via da loro, sia arrivata fino alla soglie della loro percezione e abbia cambiato qualcosa nei loro pensieri.

La luce dei grattacieli di cui abbiamo accertato l’esistenza (indispensabile) riprende sempre il sopravvento e torno sui miei passi, dove poi risiedo per immaginare ancora possibile un nuovo sole. È allora che capisco quanto poco conti che tipo di città sia la mia città. Architetto percorsi differenti ogni volta. È in questa deriva che sono libero.

 Almeno fino a che qualcuno mi fermerà e mi impedirà di perdermi tra sconosciuti. Anche in una piccola città sono milioni le espressioni che incontro e nessuno può dire cosa sarà domani.

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