fisiologia


il luogo e la misura


Posted By on Apr 7, 2012

Ci si sta bene. Come fosse questo il luogo e la misura. Come la misura fosse il tempo che non c’è più. Ma cosa porterà nel pensiero la sparizione del tempo. Non è che spariranno i segni di immaginazione legati alla generazione dei suoni della parola. Nella mente i suoni non hanno vibrazione fisica. Dunque avremo segni liberi cui non troviamo più una legittimità, seppure noi sapremmo comunque continuare a ripetere la parola con i suoni appropriati. Così nacque la tristezza di allora, alla caduta del sogno di restare sempre innamorati. Ti dissi, cioè avrei voluto dirti: ” Légami la lingua, che non debba più pronunciare il tuo nome, il tuo nome che è diventato un nome di ieri. O il nome di adesso che però non ci sei più. Non è grave che tu non ci sia più, è grave che io sapevo che in te c’era la felicità di pensarmi, e adesso so che pensarmi ti spiace, che preferiresti non pensarmi, che saresti felice di non pensarmi più…”

Ora so che per guarire dovetti cambiare la fisica del mio mondo. E’ questo la natura causale del dolore. Non fu (e capii che non è mai) portare via dal luogo che eri stata tu l’immagine di me. E’ che dovette (deve, sempre) avvenire una trasformazione della materia. Un differente modo mentale di configurare il mondo interiore, la realtà esterna e la relazione tra mondo interiore e realtà esterna. Attraverso un fenomeno che potremmo definire il ripristino di una differente funzione del pensiero.  La funzione nuova e globale del pensiero non dovrà lasciare niente di intentato. Nessuna parte della rappresentazione del mondo -sia percettiva che immaginifica- dovrà persistere in nessun punto come era prima. Finché tutto quel mondo di funzionamenti e argomentazioni biologiche non si è ristrutturato, resta l’oscurantismo, la sofferenza fisica, la stanchezza agli arti, la difficoltà ad alzarsi la mattina, la svogliatezza e l’irriducibile rabbiosa incredulità di un ragazzino ferito in mezzo alla strada polverosa, sotto le macerie della sua bicicletta un tempo fiammante.

Paradossalmente penso che sia ciò che accade al mondo delle istituzioni culturali, nelle accademie del gusto e del sapere, nei corridoi della storia, nei centri commerciali della distribuzione dei premi, nelle stanzette private delle relazioni pericolosissime di attribuzioni delle percentuali degli onori e dei poteri. Quando si spalanca la voragine di nuove irrimediabili scoperte. Mi sa che si dovrebbe studiare per non cadere nello stato di rabbia impotente e di invidia conseguente all’innovazione. Studiare e lottare per prepararci alle trasformazioni del pensiero, come alle vicissitudini dell’amore. Alle vicende verticali dei disaccordi improvvisi del sesso dei corpi negli abbracci. Alle evanescenze improvvise del genio capriccioso che vuole -e poi non vuole più- più frequentemente che non si pensi. Ascoltavo con la ragazzina sulle spalle, appoggiata alla schiena, che -come io, pur così sofferente, fossi felice- non sentiva quel dolore perché esso si era presto stabilito come dolore fisico. E non era diventato malattia del pensiero.

Ieri ho portato tutto -nelle valigie in fondo alle scale- quello che non serviva più. Le cause delle risate che erano diventate i ferri della tortura. I libri delle confessioni estorte ai partigiani perché pensavo che era bello fingersi uno di loro quando capitò quella caduta di ottimismo, quella enorme difficoltà, la tragedia della perdita dell’indifferenza e dell’onnipotenza. Ma quanto raccontato al confine degli amori non nobilita mai nessuno. Allora pensai che volevo diventare bravo ad essere felice all’improvviso. Ma la ricerca non è arrivata a questo punto. Non ci arriva la ricerca. Non è umano. E basta. Il tempo è restato come il concetto o l’immagine di quanto è indispensabile a fare la trasformazione che pare una guarigione perché il dolore cessa, anche quello fisico.

Finalmente ieri, insomma la notte appena trascorsa, la sera del giovedì, si disse che il sogno dell’aereoplano immobile nell’aria che non precipita è il massimo di vitalità. Che l’orizzonte degli eventi sull’orlo del buco nero, dove il tempo si ferma e la luce è sequestrata, e niente più si sa di quanto accade al di là di quell’evento di nero -tanto compresso in quasi più altro che sè stesso, da non offrire niente di più che noi a noi- è, nel pensiero del sogno, un modo di affermare l’intuizione della vitalità.

Poiché si cerca sempre un modo differente ed ulteriore per definire, con il pensiero verbale, il fenomeno della trasformazione dello stato fisico della materia biologica dell’attività cerebrale del feto, durante il parto, in uno stato fisico differente, che consente alla materia biologica di realizzare quella nuova funzione (*). Solo in questo caso, probabilmente solo nella nostra specie, l’attivazione della sostanza cerebrale per via della luce attraverso la retina, alla conclusione del parto, fa la nascita del pensiero come capacità di immaginare. L’amore e la passione che ci concediamo, come specie tragica e piena di speranza, è un regalo dell’origine materiale del pensiero. Della nostra origine materiale. Come se sapessimo che se si nasce non sempre si verrà uccisi. (**)

(*)la vitalità, appunto.

(**)appartiene a una delle molte affermazioni che vado ricordando a memoria di quanto studiato per decenni della TEORIA DELLA NASCITA. Non starò ogni volta a riferirne la collocazione esatta. Per un difetto di memoria ma anche per una costrizione di affetto. Chi vuole può andare a cercare, in proprio, misurando così il proprio interesse e la propria curiosità.

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in assoluta coscienza…


Posted By on Feb 16, 2012

in assoluta coscienza…

tutte le cose che mi hanno cambiato mi sono ignote poiché neanche loro, adesso, sono più uguali a prima. adesso mi viene alla mente di riferirmi, tra quelle cose: -allo sviluppo dell’immagine della parola ‘collettivo’. -alla necessità di orientarsi nella espressione delle organizzazioni delle democrazie che regolano la vita plurale. – e se valga la pena di precisare che plurale non è direttamente sociale. – e se lì, nello spazio di separazione tra le due cose, l’immagine di un quid da aggiungere per realizzare una collettività sia decisivo e inevitabile.

così pensando -come camminando a fianco di qualcuno- evito almeno di vegetare. almeno. non saprò mai se sia andato oltre. adesso non ci sono più le mosche fastidiose sugli occhi. adesso si lotta con la confusione culturale tra natura e natura umana. il sogno dell’umiliazione da togliere e redimere, e dello scorpione di profondo azzurro sulla lana notturna, da rischiare. adesso non c’è scandalo a correre a perdifiato col cuore che scoppia durante la ricerca. si sa, in assoluta coscienza, che si potrebbe lasciarci gli occhi, e gli anni, e la pelle delicata dei palmi delle mani, e l’allegria. nessuno ci costringe. forse la domanda se l’idea sia la vitalità delle cose pensate. se le cose pensate sono realtà derivanti dalla prevalenza della biologia. se cioè, in precedenza, la biologia genera il pensiero. e se l’immagine sia quel pensiero che è immediatamente -in un primo tempo- privo di figura.

questa modo della vita mentale, che si esercita priva di percezione attiva delle cose esterne, fa il ricordo del sogno e la rappresentazione di cose che non esistono, che non esistevano prima e che non potevano dunque essere percepite poi sognate: il sogno non è il ricordo.  l’idea è per la vitalità della natura del pensiero. la natura del pensiero è di non arrestarsi quando sparisce lo stimolo esterno. allora il pensiero, in assenza dello stimolo esterno, dà voce e diritto al soggetto. o permette di affermare la soggettività come naturale (fisiologica) emancipazione dal pensare solo alla sopravvivenza. abbiamo definito realtà quel di più di pensiero. più precisamente abbiamo detto realtà psichica. non sapendo cosa altro inventarci, per differenziarlo dalla attività mentale auto-consapevole.

c’è un rapporto tra la soggettività, la realtà psichica e l’idea dell’io come funzione mentale di sé che risulta riconoscimento accettazione ed irrinunciabilità. nella relazione tra le persone si svolge un gran parte degli approfondimenti necessari alla conoscenza di questi aspetti della vita umana. la relazione è un ambito fondamentale della ricerca antropologica di base. senza averne idea cosciente, nelle relazioni, si attua la critica delle differenti posizioni della cultura nei confronti dell’idea di struttura psichica, e degli ambiti della sua variabilità. senza averne idea cosciente ci si domanda sempre, gli uni con gli altri, se c’è una fisiologia del pensiero nella nascita. se la vita mentale senza coscienza, nella veglia del bambino tra le nostre braccia, nella sala del parto, sia umanità non deficitaria. se c’è una possibilità di immaginare il pensiero neo-natale come fondamento del pensiero cosciente.

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la prassi del lavoro psichiatrico la musica e i ricordi bellissimi che resteranno eterni

Cominciava con una spirale per finire sulla luna il pensiero d’amore aveva una musica come sempre perché come sempre l’amore suonava nella mente anche se nella mente il suono non poteva esserci c’era l’idea del suono c’era il segreto o meglio c’era la natura non cosciente delle cose del pensiero umano. e tutto quello che compare nelle figure del film non c’è più nella realtà economica delle cose che mi appartennero e che non possiedo più. resta uno stabile di bellezza unica da cui andammo via per ragioni oscure. resta una musica come racconto e delle parole che furono scritte perché erano state raccontate dalla voce di un amico che le aveva trovate sul vagone di un treno. durante non so quale viaggio ma non è la cosa più importante adesso. la natura di tutto questo è affetto. la natura del contenuto delle figure del film è affetto. non ha altro nome. la coscienza deve dire questa parola esatta. nessun altra sarebbe una buona parola da dire. la coscienza è sottomessa alla dittatura scientifica a proposito delle parole. la dittatura scientifica delle parole si esercita grazie al fondamento del pensiero umano che è una immagine. la coscienza è sottoposta a decisioni alle quali non prende parte. la coscienza tuttavia non ignora che quelle decisioni si esercitano secondo livelli di maggiore o minore fusione del suono e del gesto con un contenuto di cui sempre essa deve tener conto. la coscienza svolge un ruolo fondamentale nel lavoro e nell’amore. poi lascia fare. si distrae come un dio che si allontana sulla riva del mare. poiché l’umanità della nascita non gli appartiene.

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la figura ipnotica di una foglia

la figura ipnotica di una foglia sistema l’anima mia nell’oblò delle asciugatrici il rumore di alta tecnologia è quello di sirene in ammassi di velluto ed io nel sottomarino che fila veloce nell’aria d’acqua e mare

il primo breve film fu una terrificante locomotiva verso di noi poi la verità prese il sopravvento sullo stupore per questo si è deciso che al centro del mondo sia posta una pensilina su binari nuovi: non si sa mai.

non spiegarmi niente: i sottotitoli fuori tempo confondono. le bocche si muovono senza ombra di grazia. la comprensione è muto bianco e nero. solo trovami prima che mi addormenti al mio solito posto sulla poltrona rossa

la libertà è quel tanto d’aria tra gli atomi che fanno la materia e al bisogno è la nostra distanza profumata di domani. partendo mi ero sistemato l’arrivo nello zaino. più proseguo e meno pesa. come il pane nelle traversate

faccio piano per prendere il tempo in anticipo. per -ritardando- mettere il piede avanti solo molto dopo e così scompigliare l’apparecchiatura. noi insieme a te che ci guardi. il presente è oltremare: tempo e colore

il tempo ha l’ansia e mi lascia vedere con calma passare alberi case e tra le cause ultime decido il lavoro incessante della massa cerebrale: la vitalità del sonno innamorato in una vita meno che ordinaria

ho invertito l’ordine logico: un sacco di cose che stanno a guardare. perplesse come stelle. l’abitudine della distanza prende il nome dell’amore come una vestaglia di foglie di granturco o la tua camicia di papaveri

il volere illusorio di stanotte è la mia caduta. un volteggio presuntuoso. aspetto un perdono intelligente che eviti, alla grazia, la pietà. ma soprattutto i segni di nero luminoso. solo questo penso che ami.

il soggetto amoroso urla ferito dalla neve. così io preparo il soggiorno. perché avrò bisogno di case per strada. la promessa era navi in legno di poesia, lanci di balestra al cielo, e attese delle ricadute

non ci sono infatti conseguenze lievi alla calura delle estati amorose. ci sono valli profonde e imbuti gravitazionali. la storia non ripete. implora

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