fotografia


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Posted By on Apr 15, 2014

The Walk to Paradise Garden

“THE WALK TO PARADISE GARDEN” (1946)
©William Eugene Smith
(Wichita 1918 – Tucson 1978)

“Per caso vuoi ?” Guardavo certe foto che sono una luce al fondo. Se gli occhi sono un pozzo di buio le scintille di ferro acuto della punta doppia -alle estremità degli Shangai- arrivano comunque. Dovunque. Forse ci sono eccezioni per ogni cosa. Ma l’equilibrio degli sforzi e delle pause libere costruisce ardite articolazioni. Come un pazzo a testa in giù sulla punta delle dita magre. “Per caso vuoi ?”. Le richieste vanno ripetute. Le dita tengono in sospensione. Pazzi ominidi non più pazzi, oramai: per aver sviluppato qualità non dei corpi ma di pensiero, la funzione della vitalità che trasforma uno stimolo luminoso in qualcosa di differente, che non ha più alcuna relazione con masse gravitazionali e fenomeni di geologia e meteorologia.

La funzione di pensiero umano amplifica e differenzia, aggiunge e altera, crea quello che nello stimolo non era presente. Lo stimolo era solo energia a-specifica. Impressione senza figura. Variazione. Nei nostri bei corpi eretti, su in cima (nella scatola cranica) la luce negli occhi ha attivato azioni successive di cui si ha coscienza come un blocco di idee. Le idee si sono aggiunte une ad altre e scorrendo hanno inventato modi di sostentamento. La stazione eretta è intervenuta alla fine come estremo attuale di evoluzione vantaggiosa, secondo l’ambiente geografico ed ecologico. Ma contraddittoriamente, per quanto riguarda il modo di pensare, noi adesso siamo una intera specie a testa in giù come un acrobata sulle dita sulla pista di terra e le gambe in cielo.

La biologia è pazza seppure mostra funzioni sottomesse a vincoli. È pazza perché nessun vincolo è stabile. Va via scorrendo il corso delle nuvole e dei maremoti. È un andare nello spazio e nel tempo: ma un dilagare, non proprio linea. È raggiera. Si cammina piano da millenni e abbiamo anche scritto previsioni per la certezza della sciagura torrenziale. Abbiamo dunque preposto gli dei (noi li abbiamo creati appositamente) per ogni certo tempo a prometterci il terremoto e i diluvi… Si sa che sarebbero venuti comunque da soli.

Il pensiero gode di una funzione della coscienza troppo breve. Non sappiamo insistere mai più di qualche secondo a tener conto di niente. La coscienza non dura più di tanto. “Vuoi ?” A causa della scarsa permanenza delle coscienza bisogna ripetere ogni invito. “Vuoi ancora?” Voglio vincere la tua intenzione di astinenza dall’allegria. Se il nostro esser certi dura solo secondi perché è così difficile sovvertire per sempre (una volta per tutte) le tue troppo lodevoli intenzioni?

Guardo la foto che è stata suggerita. Passeggiata al giardino del paradiso. Il blog mi aiuta nella battaglia contro l’inerzia. La natura biologica si regge su probabilità. Esclusivamente su probabilità e non ha nessuna traccia di ordine prevalente irreversibile, tranne il tempo termodinamico. Forze: quello sono le ‘cose’ fuori. E anche in noi: ci sono ‘forze’. Lasciamo dunque perdere quello che i filosofi hanno voluto attribuire di intelletto alla natura. Dopo i presocratici che studiavano la fisica cominciarono le fandonie. Il pensiero teologico volle sostituire quello scientifico. Gli dei immanenti, addirittura. Il blog si avvale, invece, di amorevoli commenti. Suggerimenti. Come se dicessero “Ne vuoi ?” …ripetutamente. “Per favore”. Oppure “Se ti va. Se ti piace”.

Ho trovato anche altre foto. Vagando. In una, ecco una lotta contro il peso della materia bruta. “Non lasciarmi a farlo da sola”. Questo sembra suggerire. Su questo bisogna fermarsi.

francesca woodman-untitled

“UNTITLED”
©Francesca Woodman
(Denver 1958 – New York 1981)

 

 

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CAMERA WORK (le sfumature delle foto nel libro in questione, reperibile con pochi euro per iniziativa lodevole di Taschen edizioni, si adattano bene ai sentimenti originari della mattina: con il caffè che stimola in modo aspecifico ed arbitrario l’attività cerebrale si accordano bene i toni seppia sfumati. Si vede che la mente, spaventata da ipotesi di sguardi troppo impietosi, ha spruzzato di inchiostro la figura percepita. Questo risulta sulla pagina. Come si sa da recenti ricerche l’immagine interna -caratteristica dell’identità di ognuno- altera in maniera del tutto soggettiva l’esattezza della percezione degli oggetti. Figuriamoci poi nel caso che l’oggetto sia Miss N. ritratta in una bellezza appena tollerabile nel 1903 da Gertrude Kasebier.)

Natura della materia vivente una serie di eventi fulminei. Gli stati fisici della biologia cerebrale la musica che entra nelle orecchie e il pensiero di te che illumina il mondo. Il pensiero di te che non mi fa vivere tranquillamente. Ma invece mi fa vivere perché toglie la calma dell’indifferenza. Fosse anche soltanto -e soltanto per fare un esempio- quando entri nella stanza buia della esperienza soggettiva con il mio nome tra le braccia come mazzi di rose i suoni. Non percepiamo con sufficiente sottigliezza i fenomeni biologici della nostra medesima invenzione del mondo, e percepire è una ricostruzione postuma e approssimativa. L’io è (sono) la difficoltà e la densità misteriosa che ci avvolge, voglio dire gli eventi costitutivi che ci precedono. Cioè l’eccitazione impulsiva di aree cerebrali di iniziativa che non ha niente ‘prima’.

La velocità delle configurazioni esclude una intelligibilità della cause. La natura ci sottende e in qualche modo è in anticipo su di noi. Il costante ritardare è un ombra e noi siamo lo spessore di un dubbio. La certezza illusoria di un illimitato essere noi è tutt’uno con la comprensibilità dell’idea di tempo. L’esperienza identitaria di una continuità dell’esperienza soggettiva è l’idea della nostra implacabile imperfezione. La materia degna di sospetti indicibili è indagata dalla scienza con metodi. Il metodo della semeiotica è il giardino delle fragole deliziose. L’io e il soggetto esplorano i numeri e i sapori delle regole (fragole) -via via crescenti-, con procedure minuziose: per placare. Alla conclusione di ogni procedura le parole riassuntive generano però nuove tempeste di sabbia, quando il loro suono torna sulle pagine delle relazioni e/o nella voce dei conferenzieri.

Sentire bene la nostra stessa voce, che ci placa, ci piena anche di nuovi dubbi sulle conclusioni. Abbiamo il metodo di studio da dare in uno scambio etico contro il disvalore: la presunzione delle parole.  La conoscenza è rapporto. Non fosse che entri nella stanza della vita intima dei pensieri come il vento con il suono del mio nome tra le braccia come mazzi di rose, potrei dubitare di tutto. La negazione degli affetti di legame è indifferenza, ignoranza, e impossibilità di conoscenza. Il piacere di negare la tua innamorata presenza risulta istinto di restare sempre in silenzio. Non percepisco con sufficiente immediatezza il fenomeno biologico della mia invenzione del mondo amoroso nei riguardi di noi. Sei tu l’evento che mi precede? Il prima non cosciente cioè l’attivazione arbitraria di aree biologiche di iniziativa?

L’iniziativa di conoscenza sul pensiero è l’ultimo atto psichico che vorremmo indagare. Ultimo vuol dire il principale. Portare il pensiero sul pensiero fino alla indagine che riguarda l’attivazione. Nel fondo della materia biologica. Dove la costituzione si spinge alle immagini degli atomi. Portare il soggetto a pensare la perdita del libero arbitrio. Che la nascita non è la madre a regalarla. Che contro il caos gratificante dell’omeostasi prenatale è necessaria una energia invisibile altrettanto disumana. La freccia nell’occhio della luce. La freccia che è la luce, il raggio luminoso, conficcati nell’occhio. Nasciamo ruotando e rotolando insieme: un tuffo con salto mortale carpiato. Natura fisica di una elasticità articolare contro la natura di una imposizione di ristrettezze. La quiete mortale dell’eternità senza stimoli è fatta a pezzi due volte.

1)Dal passaggio sotto l’arco del pube quando la biologia fetale diventa umana attraverso la comparsa della vitalità. 2)… dalla istantanea inondazione di fotoni inanimati nell’iride fino alla retina che consente alla biologia cerebrale la specifica funzione di immaginare una uguale specie in attesa. Siamo deboli e nasciamo in circostanze di ristrettezze e limitazioni. Gli indici della nascita vengono misurati e raccontati -sulle cartelle cliniche che festeggiano il nostro primo compleanno- con una scala a gradoni di ‘vitalità’. La crescita biologica e lo sviluppo delle funzioni fino alla loro maturazione ci portano sempre più avanti. Alla scienza, al metodo, e alla riflessione. Al riassunto di quanto si è compreso. Non oltre.

La poesia dice che sei una spiaggia. La poesia è che l’identità sessuale può tenere l’immagine del proprio e dell’altro sesso per tutto il tempo necessario alla relazione del gioco, dello studio, e della lotta serrata delle idee. La conoscenza consente di non chiedere quale genere -maschile o femminile- sia il soggetto dell’idea che ” solo il pensiero di te, la certezza che esiste un seno, rendono tollerabile il frastuono della vitalità e la puntuta radicalità dello stimolo che fanno a pezzi sia l’indifferenza dell’equilibrio prima della vita sia l’inospitale apparecchiatura del freddo e della luce.”

Immediatamente dopo la nascita inizia -prima in forma non cosciente e poi progressivamente come strutturazione di un pensiero verbale con potenza di suono e figura- la certezza che la vita psichica non è un regalo e che -addirittura- essa (noi) dovrà sempre confrontarsi con la sua origine materiale. L’origine materiale è un prima che non è dio e non è il nulla. L’origine materiale è una carica animale indifferenziata che, durante l’espletamento del parto, diventa vitalità caratteristica della specie umana.

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