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“The Reproductive Revolution: Selection Pressure in a Post-Darwinian World
www.reproductive-revolution.com/index.html

“È una negazione la parte preponderante delle nostre affermazioni, se esse sono espresse senza bellezza”(… su queste pagine pochi giorni fa)

Allora la bellezza è un parametro per individuare il grado di umanità del pensiero dal momento che l’evoluzione è caotica e opportunistica e che improvvido e approssimativo e casuale si pone nello spazio/tempo ogni suo risultato. Che è un gradino e un passo di una condizione di non linearità. Mi siedo sulle ginocchia, sulle ginocchia mie. Con tenacia torno un ragazzo coi muscoli elastici e i tendini che restano increduli. L’atletismo ormonale della contrazione a sedici anni è resistenza, pazienza, attesa, e scatto contenuto. Insomma so, meglio di allora, che la mimica silente del sorriso ha la stessa qualità della potenza muscolare annidata nella promessa del sesso e del coraggio, prima dei tuffi dagli scogli. Seguo lucertole e api sui fichi dell’albero estivo. Finisco la lettura de “I SIGNORI DEL PIANETA” di Ian Tattersall. Il linguaggio, forse, potrebbe essere stato generato tra i bambini. Per via che essi pensano in modo differente dagli adulti. Il linguaggio, con la potenza contrattile che esplode da un silenzio che ne conteneva la potenzialità: è quella l’idea che viene giù, di un tuffo dagli scogli. Che gli esseri umani non sono provvidenza ma disordine. Che il linguaggio non serve per comunicare ma per pensare. Alle soglie mentre escono dal primo anno i ragazzini, ricordando un sogno…. potrebbero aver effettuato un tuffo evolutivo. Copio il testo di pagina 249:

Personalmente sono molto affascinato dall’idea che la prima forma di linguaggio sia stata inventata dai bambini, molto più ricettivi rispetto alle novità di quanto lo siano gli adulti. I bambini usano sempre metodi propri per fare le cose e comunicano in modi che qualche volta lasciano i genitori disorientati. Seppur per ragioni ESTRANEE ALL’UTILIZZO DEL LINGUAGGIO, i piccoli ‘sapiens’ erano già provvisti di tutto l’equipaggiamento anatomico periferico necessario per produrre l’intera gamma di suoni richiesti dalle lingue moderne. Essi inoltre dovevano possedere il substrato biologico necessario per compiere le astrazioni intellettuali richieste e anche la spinta a comunicare in maniera complessa. E quasi certamente appartenevano ad una società che già possedeva un sistema elaborato di comunicazione tra individui: un sistema che implicava l’uso di vocalizzazioni, oltre che di gesti e di un linguaggio del corpo. Dopotutto, come nel caso di qualunque innovazione comportamentale, il TRAMPOLINO FISICO NECESSARIO doveva già esistere. (…..) è facile immaginare, almeno a grandi linee, in che modo, una volta creato un vocabolario, il feedback tra i vari centri cerebrali coinvolti abbia permesso ai bambini di creare il loro linguaggio e, SIMULTANEAMENTE, I NUOVI PROCESSI MENTALI. Per questi bambini, ciò che gli psicologi hanno indicato come ‘linguaggio privato’ deve aver agito da canale, favorendo la trasformazione delle intuizioni in nozioni articolate che potevano quindi essere manipolate simbolicamente.”

Il sorriso si svolge rapidamente nella distensione delle fibre del procedimento di pensiero. Intuizioni, nozioni articolate, manipolazione simbolica. I bambini creano i nomi delle cose e il ritorno in sensazione di felicità è la via neurale di feedback che conforta e conferma. Ma anche richiama ulteriori dati compositivi dalle regioni sinaptiche prospicienti il vortice virtuoso che si è innescato. Nel segreto delle grida dei giochi i piccoli ‘sapiens’ -restando protetti al di qua dello stupore dei grandi- producono forse -più che ‘senso’ del mondo- la propria consapevolezza di sé medesimi, almeno per cominciare. La nominazione delle cose, l’attribuzione ad ognuna di un suono attraverso comportamenti fonetici appropriati, recluta e abilita nuove vie neuronali di consenso e guadagno. La sostanza dei mediatori implicati nella trasmissione lungo le vie nervose è l’esperienza del piacere endogeno che chiamiamo, oggi, il sé libidico. Esso non si serve dell’altro essere umano per il proprio godimento.

Eco senza Narciso, il linguaggio inventato dai bambini non è comunicativo ma espressivo. La nuova alleanza cui si allude nel testo di paleoantropologia, situata fuori di metafora in una società plurima e non più di soggetti neonati ma di personcine aurorali e capaci, sta nella condivisione dello stesso sistema di segni. Però è forse ancora, all’inizio, appartenenza implicita, non socialmente pubblicata, non riconosciuta forse, se non nella cerchia dei giochi. Quel pensiero privato sviluppa la nuova attitudine mentale verso scogli alti. Il mare che scintilla non attira al vuoto giù sotto e in basso, ma al cielo respirabile. Solo dopo, una volta maturata la fine attività di modulazione della mimica facciale coerente con la coscienza di sé, i ragazzini si fermano, guardano giù e, tenendosi per mano senza più pensare, dimenticando la coscienza ma senza perderla, volano lontano preparando il tuffo nel galleggiamento del corpo nel vuoto. È un sogno che si sveglia nel sonno dentro il quale si cade ogni notte.

Ora parlo dello svegliarsi. Di stamani. È la mattina di domenica un momento sensibile alla misura della qualità della vita. Ragazzini e adulti sfilano dalle camerette alla modesta superficie del soggiorno comune che è anche cucina e guarda il giardino. Di tempo in tempo, quando tra le otto e le una è concesso dalle distrazioni amorose, il pensiero ripercorre al contrario gli eventi evocati dallo studioso dello sviluppo dell’umanità dalla dis-umanità precedente: manipolazione simbolica, simbolizzazione, nozione articolata, intuizione…. Nessuno si occupa di questo che scrivo. L’espressione verbale della nozione articolata si pone perfettamente in una silenziosa ‘inutilità’ ed essa, l’inutilità è l’evento simbolico che protegge l’attività della mia ricerca intellettuale mattutina: il silenzio è una coltre di cotone profumato costellato di ricami, dei piccoli impegni di preparazioni di cucina, di disegni sui fogli bianchi delle due bambine, della apparecchiatura -coi tesori della pasticceria di fronte- di colazioni di gusti variabili.

E poi ci sono in aria i messaggi televisivi e c’è la richiesta se per favore qualcuno può (vuole) prendere il limone all’albero della vicina (quasi centenaria essa è perduta nelle regressioni della biologia che scompone l’integrità del pensiero e fa a pezzi il mondo e non sa più protestare contro noi innocenti ladri al suo giardino). Scrivo e intorno si ride si chiacchiera si aprono getti della doccia e si fa il disordine necessario a scaldare il mattino. Ai margini disegno questo deserto silenzio. Sopra sorge la notte, che non è il sole nero avventuroso del non cosciente salvifico, ma di certo il parziale declino delle norme verbali ragionevoli come esclusiva forma di espressione.

Ogni tanto grida di ribellione infantile tingono la scrittura del necessario senso di lotta contro la stupidità, volteggio nel vuoto prima della caduta del tuffo, e il vuoto è il paradosso incorporeo di questa disperata fiducia che con i miei simili potrò essere, alla fine, comprensibile in questo modo di scrivere, vivere e insistentemente cercare, da quando la coscienza mi permette di ricordare.

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Sul numero attualmente in edicola di LE SCIENZE  l’articolo “La nostra mente inconscia”. Finalmente una certa chiarezza. Gli studiosi americani hanno definitivamente concluso che le troppe parole di Freud sull’inconscio non hanno nessuna conferma scientifica. Essi gentilmente ma decisamente escludono ogni legittimità alla retorica letteraria di un inconscio che nella notte riproduce incessantemente le angosciose scenografie edipiche. Infine, e qui si sfiora l’ironia, siccome il cervello è ‘uno’ …. pare questo un ‘argomento’ sufficientemente solido per ipotizzare che anche il pensiero possa essere rappresentato come funzione singolare e intera. E dunque il non cosciente, essendo un processo del pensiero, un modo della attività mentale cerebrale, è anche un processo nel pensiero ed ha continuità e identità di fisiologia inesauribile ininterrotta e ‘inseparabile’ dalle azioni della coscienza. Essendo il pensiero funzione coerente della intera attività cerebrale, non si sono trovate vie sinaptiche preferenziali, né strutture anatomo/funzionali dedicata alle funzioni di coscienza e non cosciente. Senza alcuna reale localizzazione il simbolismo topologico freudiano   (ma non solo freudiano….) sul non cosciente, non si regge e decade: da utopia dell’irrazionale (poco importa se buonissimo o cattivissimo oramai) a funzionalismo atopico. Più che una scienza è un vizio riferirsi al non cosciente come a qualcosa di isolato che sarebbe risolubile e poi slegato da forme di pensiero differenti, con azioni di individuazione certa, una volta per tutte. Di per sé, come attività isolata, specifica ed autonoma, esso semplicemente ‘non è’, insomma isolato non è ‘plausibile’. La scienza ‘gli’ sottrae il tempo. Si potrà aiutare una persona a cambiare, ma non basterà risolvere il problema (a livello*) inconscio. Dovrà diventare agente consapevole della propria cura e poi della vita che viene. Sarà felice della certezza di quanto è accaduto negli anni della psicoterapia. Sarà tutta coscienza ridente, se vogliamo. Ma lasciamo adesso il problema ai cultori della disciplina.

Le sperimentazioni psicologiche citate nell’articolo, provano che siamo costantemente sottoposti alla azione di funzioni cerebrali che ci sfuggono, che non possono essere coscienzializzate diciamo così, in tempo ‘utile’, e che esse agiscono indirizzando ogni nostra ‘decisione’. In relazione a questo dato non ci sono dimostrazioni del primato della coscienza sul non cosciente. Non pare che ci siano strutture anatomiche per portare l’uno all’altra. Si tratta di fisiologia e dunque si tratterebbe, inevitabilmente, di differenza di funzioni della medesima struttura anatomo-biologica svolte contemporaneamente e incessantemente. Dunque l’inconscio esiste, ma …. non è freudiano. L’inconscio e la coscienza confluiscono nella azione del pensiero. Quello che possiamo dire è che, su tali funzioni, da tempo si indaga, nel contesto del rapporto indispensabile alla relazione terapeutica di psicologi e psichiatri. E che ‘transfert’ e ‘contro transfert’ sono i parametri clinici  del rapporto medico-paziente in cui si esercita l’osservazione, la diagnosi e la cura della vita mentale.

Questo tipo di terapia implica l’interesse e l’intervento attraverso i mezzi designati genericamente: interpretazione del latente anche attraverso l’analisi dei sogni, frustrazione/rifiuto dei bisogni, soddisfazione delle esigenze, verbalizzazione delle dinamiche in atto nella relazione e degli aspetti cognitivi favorenti e limitanti il benessere dei soggetti… per realizzare il riconoscimento delle realtà più prossima al vero riguardante il rapporto tra paziente e medico e il variare degli affetti in gioco. La metodica psicoterapeutica ha comunque il compito di rendere possibile lo svolgimento del tempo in forma di passione di una cura non infinita, e quello dell’altra definitiva ed irreversibile passione della ricerca che però, attualmente, pare non finire. Perché sembra che alla ricerca sia deputato di rendere irreversibile e stabile il cambiamento realizzato durante la cura.

Al cospetto delle aperture derivate dalle conferme di funzioni mentali meglio individuate nella loro natura, si spalanca un lavoro imponente. I quaderni in questione su questo blog, adesso, mi appaiono prendere la (in)consistenza di libricini in un mercatino di modernariato che si svolge nei paesi della costa adiacente al mio studio certi giorni del mese. Io allora mi metto a scrivere per informare di quanto studiato, sono come uno che lucida librerie, o si agita come un ragazzino adolescente. Di fatto spolvero i volumi, porto via ogni segno di sporcizia sparsa qua è là a terra dall’andirivieni delle persone. Mi pare che nasca una libertà da ortodossie tanto più rigide quanto più furono ‘basate’ su imprecisioni ed equivoci a proposito della materia dalla quale il pensiero origina.

Pulisco la stanza, perché ho la sensazione che si chiarisca l’orizzonte e il tempo volga davvero in primavera come quando capitano cose nuove. Pulisco e profumo con il deodorante. A volte pare di non essere soli, e che non si sa mai.

(*).. ‘a livello inconscio’ è una formula da prestigiatori: essa in genere viene usata per distrarre il pubblico, prima della azione truffaldina del trucco che inganna la percezione.

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Rosso

“La Funzione Specifica Del Pensiero Umano”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA

sulle tue mani imbrattate di vernice si vede la traccia di una estetica del tratto: susciti un interesse per il risvolto interno della tua giacca, amore di passare la mano tra il tuo collo e il bavero violetto del trench leggero primaverile, quieto silenzio liquido simile al dubbio incontenibile di sempre quando scopri che racconti un sogno che non aveva alcuna voce, nessuna idea di suono: e dunque poi forse parlare del tuo sogno non è neanche una vera e propria realtà corrispondente alla natura intrinseca del sogno in questione, e allora vieni a metterti leggera sul divano qua accanto agli altri (sottolineerei agli altri come te): vieni sempre con gli altri come te la sera, e la sera corrisponde al disegno chiamato ‘appuntamenti al confine’ o qualcosa del genere, di fatto una passeggiata nella gabbia dei leoni, a raccogliere un guanto caduto dalle mani distratte di un innamorato o innamorata che forse, pensi, l’ha fatto cadere apposta, per avere un’idea della tua incoscienza

riflettendo sulla parola ‘incoscienza’ che ho appena scritta mi sembra un obbligo di scienziato, ma magari mi sto sbagliando, di essere più attento ad indagare se c’è: -un linguaggio o un modo di interpunzione del linguaggio -una regola delle pause e dei silenzi -una successione di tratti vitali corrispondenti, che almeno possano rintracciare l’esistenza di segni di… insomma indagare se è vero che il pensiero che indaga sul pensiero (fai conto l’interpretazione dei sogni) sia soltanto una attività mentale che procede illusionisticamente in affabulazione, e allora decidersi a cercare in corrispondenza dell’immagine alla sua origine che è origine dalla realtà materiale

perché si sa che il versante di origine dell’immagine è la fisica della attività subatomica che sottende la chimica della funzione mentale… le tue mani affondate nella materia bianca opaca suggeriscono alla scienza delle parole che il linguaggio, per oggi, si è esaurito: e da quell’esaurimento si è generata la fisica del movimento: quando dentro il tuo computer l’elettronica ha generato una musica per una volta era mezzogiorno in anticipo quando all’improvviso ho capito, a modo mio, che la musica non implica alcuna romantica acquisizione di parole ulteriori e ti spiego: la musica -se metti al centro ‘stamani’ (come se ‘stamani’ fosse un filo di calce sul pavimento non lasciato cadere a caso bensì intenzionalmente)- sta di qua e il linguaggio sta di là dal filo di calce sul pavimento e allora non si può dire niente della musica perché la sua natura è di verso opposto al linguaggio, in quanto il linguaggio vuole liberarsi dell’immagine andando avanti in parole per indagare con il pensiero sul pensiero e fare la filosofia e la politica e la poesia e la retorica e la cultura (e anche purtroppo la violenza della confusione)… mentre la musica vuole tornare alla materia originaria senza immagine, al pensiero che non diventa pensiero verbale: e, seguendo il filo della storia in corso, poi noi abbiamo la realtà fisica del suono, che è il ‘non diventare’ pensiero verbale del pensiero, e in questo perdurare del ‘non diventare pensiero verbale del pensiero’  abbiamo il tempo, cioè noi abbiamo il tempo come l’accadere di un non accadere: e sarà per questo che la musica è un fenomeno sempre molto imbarazzante ed è  sempre ‘molto imbarazzante’ parlare di musica, perché mentre noi parliamo della musica la musica va dalla parte opposta, perché noi andiamo verso la morte, avanti nella vita, mentre la musica corre verso la propria origine, verso l’attività alla base del pensiero che è una funzione, che non è altro pensiero, non è un precedente pensiero, perché è la nascita…

così ‘stamani’ può essere ‘luce’ e allora è simile alla fisica del suono, o può essere ‘linguaggio’ e ‘parole’: ma in questo ultimo caso, seppure sia un fenomeno acustico, è un fenomeno acustico la cui ‘intenzione’ reale, cioè la cui composizione attuativa va via, esce e si libera di noi: il linguaggio che vuole esprimere con presuntuosa passione questi pochi minuti di ‘stamani’ si libera di noi mentre noi fuggiamo dalla nostra nascita, mentre al contrario: il movimento di arresto, e la decisione di sedere appena un poco più bassi del dovuto per battere sui tasti, e i momenti quando diciamo devo andare … ebbene quei momenti -cioè quei gesti- vogliono dire proprio che si deve andarsene dalla confusione delle parole, dalla malattia delle parole confuse che credono di perseguire il pensiero pensando altro pensiero, e nel far questo invece perdono le tracce dell’origine di esso: la fisiologia della funzione mentale sta in bel altri gesti che hanno a che fare con interruzioni con cesure e con discontinuità: essi, questi ‘gesti’ inattesi e nuovi, ci trascinano  dove regna l’umanità in forma di vitalità, di funzione intrinseca della biologia cerebrale umana….

la vitalità che non ha immagine è, rispetto a noi e alle nostre seducenti chiacchiere romantiche, sull’altro versante, e, se non proprio all’origine dell’immagine tuttavia dentro la materia, in quello che si può dire il regno fisico nel quale si svolge la funzione del pensiero…

il pensiero mette le mani nella calce bianca e lascia cadere intenzionalmente una sottile riga bianca sul pavimento e trova la serie di parole rivolte non in avanti e non verso i tuoi occhi: il pensiero si rivolge alla materia da cui si origina, trasforma il riflesso dei tuoi occhi indicibili nell’ardore di guardare la poesia delle particelle componenti le cose…

il pensiero può pensare la realtà materiale da cui nasce la propria medesima natura di essere realtà non materiale, amare senza parlare d’amore: nella realtà materiale la funzione è una attività subatomica che sottende la chimica della funzione mentale…

Origine Materiale Della Vita Mentale è appena ho avuto la certezza che dovevamo tacere il grigio del cielo di smalto e andare via dalla civiltà del linguaggio e della cultura, verso la vita alla nascita, agire il pensiero non verbale che fugge dall’evento (istinto) di morte… arrestare l’istinto di morte è la fisiologia del pensiero umano: in questa fisiologia del pensiero tutti noi siamo specie: la funzione specifica di opporsi naturalmente all’istinto di morte è la qualità dell’io della nascita anche se la pedagogia non ha mai parlato così, non ha mai usato queste parole.

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