galeoni


smoke


Posted By on Giu 21, 2011

smoke

Conosco persone belle e bellissime e dovrei essere in grado di trovar pace al loro fianco: eppure. Non si sa cosa sia questa impavida ingratitudine che ha: un ‘…non mi basta…’ ma anche non-ha: la rabbia o la presunzione perché le giornate volte in avanti contengono la ricchezza d’essere non solo libero bensì accolto e lasciato continuamente andare e sempre con chiara riconoscenza di tutto questo io mi muovo durante il giorno per cui bisogna pur ammettere che l’ingratitudine mi venga in qualche modo suggerita, che mi ci si mandi a nozze tra quelle braccia odorose di profumo all’arancio: ma non saprei dire nulla delle braccia in questione se non che letteralmente sono una atmosfera densa di estratti dalle piante di agrumi e fichi che per saperne di più si deve cercarli – carissimi e quasi inaccessibili – in negozietti del centro cittadino tra sigari, confezioni di caffè di alture indiane e tailandesi, lingotti di cacao, uno dei galeoni della regina di Spagna, il volto della schiava più bella della piantagione scolpito nell’ebano.

Sto nell’ingratitudine come nei dintorni di cipressi di profumo di limone: per condurre le ricerche non si può tenersi a distanze siderali. il requisito temporale per la conoscenza è una ‘eternità’ intermittente. La conseguenza del modo di procedere della ricerca su un essere umano non è definibile meglio di così, per adesso: è qualcosa che risulta dalla riflessione di figure su specchi di cacao o su lastre di foglie di tabacco. Un’ immagine che oscilla avanti e indietro in bilico sulle gambe posteriori delle seggiole di lavoro, che assomiglia al gesto di certe patologie neurologiche della regolazione fine del movimento anche se in questo caso è tutto reversibile una eccezione una finta un teatro di allegria un’ irrisione.

Conosco da anni e so riconoscere quasi sempre gli agenti  che si fanno soggetti di una ricerca: sono inconfondibili perché ‘confinano’, nel senso che proprio sulle frontiere acquisiscono i tratti salienti per una ulteriore definizione di sé. In un procedere che è nell’immagine un permanente ruotare realizzano la veglia senza una precisa coscienza e il loro movimento è materia del pensiero prima che divenga consapevolezza. Sono tipi eleganti, non accumulano, si domandano in una decisiva solitudine, tacciono l’acquisito che resta nelle mani che accarezzano i loro fianchi.

Circolarità, ripetizione, riproposizione, coazione, ricorsività sono le parole del lavoro di oggi che è il lavoro di distinguere le azioni delle parole sul pensiero ed è il lavoro di riuscire a realizzare che le parole hanno una azione differente le une dalle altre e che alcune ci avevano fatto ammalare avendo agito alterando il pensiero attraverso una lesione della fisica della materia cerebrale.

Il materialismo marxista che ci aveva illuso con il riferimento alla realtà delle cose del mondo non ebbe mai la teoria per guarirci la disperazione. Comunque è dolcissimo pensare che non proprio tutto si era perduto nella rabbia della delusione che aveva ‘creato’ i fantasmi, e che è rimasto qualcosa di quella antica teoria, la traccia di un profumo di agrumi alla gola.

Oggi diciamo di poter tornare a sperare ‘solamente’ per essere riusciti a trovare i soldi per  l’affitto della stanza e per il costo dell’energia che ci difende dal freddo e dal buio nelle poche ore di una ricerca.

( la foto dell’articolo qui )

 

 

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