guardiani


l’uomo che porta un fiore


Posted By on Nov 21, 2016

Ciò che ho fatto sono io. Anche se mi pare che avrei fatto diversamente, talvolta.

Che vuol dire che almeno per l’esperienza che io ne ho il fare è per sua natura contraddittorio e il soggetto lotta continuamente per esprimere quel che è possibile in certe circostanze che dico difficili perché il mondo naturale e sociale non sono là per noi.

La difficoltà da superare è il senso di una amarezza o dolore o solitudine determinati dal sospetto dell’abbandono. Temiamo di non poter mai essere noi. Che se saranno fatte quelle cose cui tendiamo, l’essere noi nelle cose che si fanno, quelle cose, cioè noi, saranno difficilmente tenute in gioco e rispettate.

Cosicché per molto tempo ognuno è stato solamente uno che rendeva evidente attesa o impazienza o esitazione o cautela in ogni cosa e il fare era traversare o dirigersi o tendere di chi tenga diritto un lungo stelo fiorito mentre dirige se stesso sempre un po’ più in là.

È, ciò cui tende, simile al fiore in cima allo stelo che sorregge: del quale soltanto intuisce la forma perché esso è in equilibrio verticale sulla sua testa e per non esserne travolto nel camminare ne può cogliere solo i bozzi delle fondamenta, le concavità e convessità del bulbo e gli aggetti delle terrazze slanciate a raggiera dei petali.

Camminare è iniziale esitazione e successivo sviluppo ad ogni passo che si esprimono in disegni incomprensibili sul momento e poi, a distanza di tempo, mostrano che più che essere stato raggiunto un luogo o ottenuto un oggetto, essi, luogo e oggetto, sono stati raggiunti come fossero svelati proprio nella forma di un perdurante movimento di equilibrismo tra esitazione e sviluppo che resta in atto.

La storia di ciascuno e di tutti continua fino a successive parziali conclusioni che un attimo prima sono sempre invisibili e poi compaiono e subito si dileguano.

L’io cosciente ha la forma della nostra percezione dell’esperienza alternante di sonno e veglia.

La conoscenza del mondo si apprende con l’arte della fantasia che tiene la continuità attraverso: -la coscienza della veglia, -la coscienza del sogno, e -l’incoscienza assoluta del sonno senza sogni.

La vita marina della biologia encefalica umida e pulsante, che per necessità di riposo ci rende inerti e assenti e indifesi, è il fianco che esponiamo al freddo e all’oscurità della non conoscenza, o come limite della conoscenza.

L’evoluzione come si è imparato a pensare, tende alla sopravvivenza della specie per moltiplicazione attraverso l’azione impulsiva della riproduzione sessuale.

Ora sembra che l’evoluzione mostri di perseguire anche e contraddittoriamente il progetto di una fisiologia del benessere, di una norma di sanità.

Ad un certo punto dell’evoluzione come la si è appresa, è nato un soggetto che ha mostrato disprezzo della vita e della sopravvivenza ed ha ritenuto di poter limitare le conseguenze riproduttive della attività sessuale e, curando le malattie del corpo e opponendosi alla fatalità storica, ha ascoltato i risvegli, ammirato il sogno nel sonno, considerandone l’universalità.

È stata l’intuizione di una fisiologia che ci si doveva garantire?

Allora forse l’evoluzione si mise al lavoro per proteggerci il sogno consentendoci, con artifici geniali, di traversare indenni l’inermità altrimenti fatale del sonno.

Abbiamo tentato di realizzare società amorevoli che facciano la guardia durante il giorno contro azioni di rabbia e di invidia che perdurano numerose. In più costruiamo ripari non del tutto aleatori che ci proteggano dalla violenza passiva della natura.

Manca del tutto, nella cultura, la ricerca se ci sia una tendenza evolutiva alla felicità come fisiologia e che rinunci a lasciare in mano agli dei certe forme di sviluppo provvidenziale per cui l’evoluzione non sarebbe altro che il destino di una specie eletta.

Possono esserci in atto una serie di espressioni evolutive di specie che, ben nota nelle sue disgraziate espressioni prevalenti, tenta di proteggere la fisiologia del sonno più che la propria riproduzione ad ogni costo?

C’era una persona all’entrata di casa stanotte. Stanotte la civiltà è tornata a proteggere il mistero che protegge chi dorme.

Da sempre, all’idea di un altro che ci accetta e legittima la nostra assoluta debolezza di fronte al mondo, chiudiamo gli occhi per fare il buio che ci consente di dormire senza angoscia della nostra fine.

Da sempre ipotizziamo, in uno strano esperimento mentale, che la biologia possa ritrovare nel sogno una strana forma di ‘coscienza’ che non è ‘non-essere’ e che è ‘conoscenza’ dalla quale dipende ogni giorno che torna.

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