guerra e pace


Il viso addolcito. Differente. Così è tornata. Posso fare ipotesi. Cambiamento, trasformazione, mutazione. Allora penso a Darwin, rampollo borghese in viaggio di distensione poiché si era pensato che la noia di salsedine sarebbe stata meno tormentosa della noia fluviale. Tra le isole il brigantino scivola sapientemente. Gli uomini stanno ai parapetti e guardano quelli sulla riva completamente nudi: esseri umani differenti. La barca naviga in acqua densa perché la nostalgia fa un pasticcio di plancton e alghe. La spiaggia infida di rocce non permette di sbarcare e i primitivi nudi sul limitare degli alberi e noi da questa parte siamo castellane prigioniere. Darwin matura l’intuizione di mutamenti all’interno delle specie animali lungo un tempo infinito. Il fenomeno quantistico che poi certe variazioni assumono una entità discreta è innegabile. E la nuova specie va a porsi su un anello energetico ulteriore sulla crosta terrestre, o nell’aria che la circonda. Il rampollo borghese sapeva bene quello che diceva. Tutto il pensiero prende questa piega perché non so spiegare come sia avvenuto un così rapido mutamento in una persona amata. Il miracolo della trasformazione nell’espressione del volto di lei mi fa pensare ad anomalie, avvenimenti del tutto improbabili, imprevisti provvidenziali, sopravvivenze accidentali decisive. E mi chiedo cosa sia che si verifica nella mente in questi casi. Ma è un periodo di svagata svogliatezza. “Le cose mi sì chiariranno da sole” – penso a questo sole debole. Sono giorni che non riprendevo a scrivere, giorni passati a trastullarmi con le aree tinteggiate. I grigi di ocra pallido in una prima prova, e nell’altra i rossi che andranno -pare- di gran moda nelle collezioni dei capi di primavera. Le persone che mi seguono durante la ricerca delle poche ore settimanali mi hanno portato ad ammettere che i due timbri cromatici sono ‘latte’ in un caso e ‘sangue’ nell’altro. Cose regressive, ricordi non coscienti dei primi mesi del primo anno. Io riguardo le due pagine di conseguenza per conferma. Campi di atterraggio per piloti in guerra e in pace. Il rosso quando le strade libere delle campagne in pace fanno degli atterraggi preludi al desiderio. Latteo chiarore dell’insicurezza in battaglia, quando anche volare semplicemente è guerra perché niente è più sicuro neanche le nuvole e da quel loro bianco può uscire suono sirena mitraglia e fulmini. Perché il bianco è come il nero. Non esistono. Uno il ‘tutto’ e ‘nulla’ quell’altro. Vibrazioni mischiate. Vibrazioni del tutto succhiate. Il buono che sembra cattivo il cattivo che sembra buono. Il cinismo: tutto è come tutto non è. Allora forse ho scelto una regressione a prima del pensiero verbale, o forse solo ‘filosofico’. Coltivo l’ineffabile passeggiare su aree di esistenza immatura. I campi dell’attività motoria afinalistica. Si regredisce volenterosi al caldo delle contrazioni muscolari del neonato dormiente che evidenziano la tumultuosa attività biologica di maturazione neuronale e sinaptica silenziose. Epoche di agricoltura primitiva e coltivazioni di un pensiero che non sa volere nulla ma non per questo è privo di ‘soggetto’. Giornate, benessere, lavorare, ottuso ricominciare a rispondere da seduto e dai vetri della luce che traversa come lame la stanza registrare i cambiamenti nelle persone. Cose regressive, ricordi non coscienti dei primi mesi del primo anno. Ho riguardato spesso le due pagine di conseguenza, per avere conferma dell’interpretazione di transfert che mi hanno espresso. Hanno ragione, alla base del disegno ci sono campi di atterraggio per piloti in guerra e in pace. Momenti belli e brutti mai divenuti idea cosciente alla base di un pensiero narrante perché troppo antichi, prima della coscienza. Ma oggi so scrivere anche di questo vedere nelle due tavole in bicromia la medesima volontà di tracciare una linea frastagliata tra le masse di colore. La traccia di qualcosa in più delle variazioni cromatiche e delle sfumature numerose al loro interno. Le aree sovrapposte di campi e cielo, i grandi hangar per giovani e anziani piloti commerciali e militari, le promesse di paradiso e di fatica, mi appare evidente, restano innegabilmente separate dalla complessità di un confine che non è solo una linea anche se resta bidimensionale, come tutto il resto dei disegni/tavoletta. Alla fine del silenzio, fosse atterraggio compiuto nello stridore nero delle ruote che macchiano la pista, o disposizione del corpo dell’aereoplano in un bianco color ‘orizzontale’ dopo l’impennata del decollo, mi sento in grado di ricominciare a scrivere. Ora che nel fenomeno regressivo che pareva informe vedo la traccia di una carezza. La prima carezza, probabilmente, che non troppo tardi torna a farmi parlare dell’esistenza amorevole di ‘qualcuno’ e conferma il sapere accademico ( teoria e scienza della nascita espressa come “certezza neonatale che esiste il seno”) in un gesto di comprensione indispensabile al coraggio della cura. Durante la quale niente è predeterminato. Il medico ascolta e regredisce poi parla ed il paziente si allontana alla fine dell’ora e poi torna coi sogni per dire al medico ancora altro di loro due insieme. Il medico sarà, prima o dopo, in grado di esprimere quanto appreso ogni volta attraverso racconti e interpretazioni di pensiero cosciente. Dovrà esprimerlo creando e proponendo ulteriori nuovi modi della relazione, per tenerla viva. Egli sa che solo all’interno di essa il rapporto di ciascun termine svelerà a tutti gli altri le cose che -rimanendo indescrivibili- possono tuttavia essere progressivamente svelate in forme differenti come scoperte di possibilità.

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