immagine irrazionale


La straordinaria invarianza registrata nel superamento del crinale sposta la macchina da ripresa su panorami non riconoscibili sul mappamondo politico, aree spaesate, e lascia sognare -per le caratteristiche del territorio- precise peregrinazioni o trasvolate o agguati o persino picnic bizzarri con marsine stravaganti e cappelli di avventurieri, cacciatori di serpenti, entomologi preistorici. I materiali di abbigliamento preparati dalle costumiste sono svariati, tanti quanti consentono gli studi più o meno esclusivi dei sarti produttori. Il colpo d’occhio del regista è un’icona di madreperla. I sentimenti il cielo variabile su scale di secondi tra carminio e grigio. Non sarà capolavoro isolato, ma traccia di vernice: dalla grotta delle muse incontrate nella sala del trucco, fino alla pianura del set di ogni singola scena. La cipria di neve che cade sui cipressi dell’isola. Le aspirine effervescenti spioventi dal salice che ripara un gregge. L’attrice che fa colazione sola con la sua sigaretta. Il giovane attore agli esordi che passeggia a traverso. Il regista medesimo viene ‘citato’ che inquadra il cipresso e la pioggia acida improvvisa quando cade e proprio ‘si getta’ sulla muta placida di pecore e agnelli e su un isolato caprone stupido. Il caprone descrive anime scontente come ce ne sono troppe che odiano restare ininfluenti riguardo a ‘tutto’ e invocano una giustizia che dovrebbe esserci ma non esiste in natura. Mi tengo su ricordando quella stanza del pensiero dove scrivevo della calma posata come l’elmo di guerrieri a scaldarsi sul dorso di una cappa. Un elmo -di soldato crociato o mammalucco- tondeggiante, duro, ossidato e rugginoso… presenta la geografia delle aree tra rosso e nero e rame e violetto. Metà emisferica di un mondo i cui continenti sono aree di mielinizzazione progressiva. Un mondo ‘figlio’. In evidenza il mare lega le terre emerse: come l’amore dei parenti -vecchi felici e morenti- insiste a contemplare, dalla nascita in avanti, tutta la vita fino a li. Il loro pensiero d’amore steso sul presente diventa ricerca sull’iniziativa del sonno, del movimento, del linguaggio. Io ho imparato a ripetere i gesti quotidiani di quando c’eri ‘tu’. Imparo solo oggi il movimento fisico nella piattaforma i cui spazi sono disegnati dal peso di chi non è qui. La percezione dell’assenza di molti e pochi amori definisce altrettanti volumi di aria densa come colonne di un portico. L’assenza segna la libertà residua del passeggiare nel vento sul selciato affacciato sul mare ed è un balcone nuovo e sicuro. L’assenza diventata marmo, architettura panoramica e sicurezza. Quest’aria rievocata contrasta un vuoto un buio e una mancanza. Il ‘balcone mortale'(*) non c’è più ed è guarita la depressione invisibile che era da quarantatré anni stagnante prudenza e sorriso opaco. La depressione, inavvertita, voleva curare la depressione: e questo deve essere pensato impossibile e però allora non sappiamo il perché ora i sogni siano differenti da sempre. Non migliori o peggiori su piani estetici o simbolici. I sogni di oggi vengono, nell’ambito di un rapporto trentennale, considerati dal punto di vista della loro composizione e struttura. Si rinuncia alla comprensione ermeneutica di una loro presunta finalità comunicativa che avrebbero implicita e che non hanno mai. Abbiamo finalmente la leggerezza di ricordare sogni ‘nutili’ e privi di compiacenza all’ortodossia del setting psicoanalitico. Essi sono gradevoli al palato, hanno nuove misure del loro ‘SPIN’. Hanno gusto e colore rubati alla descrizione delle caratteristiche proprietà dei QUARK. E come quei gusti e colori arricchiscono la natura della realtà fisica del mondo, la specificazione di ‘qualità senza alcuna finalità’ del pensiero nel sonno, ipotizza un’idea diversa di TERAPIA ampliando le possibilità del rapporto. Il sogno dice l’invenzione irrazionale di nomi immaginari per le cose della natura umana e non umana ancora non individuate. L’immagine irrazionale anticipa la conoscenza della coscienza ed ha storicamente irradiato la comprensione della materia dei filosofi della natura. L’immagine irrazionale -che non è una figura bizzarra- è una modalità di pensiero che una invisibile depressione impediva di nominare per vedere nella nebbia. Camminiamo su muschi e licheni tra arte e scienza.

(*)nota: si vedano le avvertenze al fallimento del pensiero contenute nell’Opera Scientifica di Massimo Fagioli.

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