madri che cantano


madri che cantano e non


Posted By on Mag 27, 2015

caldaia ad elettrocarbone

caldaia ad elettrocarbone (foto di Seigu Riku)

Una caldaia da muro alimentata ad elettrocarbone. Una madre che canta. I fulmini elettrici del pensiero che diventano sbuffi di canzoni. Le guance rosa. L’emozione. I suoni non hanno alcun contenuto cognitivo. Disperazione di intere scuole di psicologia. Una caldaia a elettrocarbone poi la tecnologia ce le porta in cucina come stufe comode. Le alimentiamo con l’inserimento dei due capi del filo di rame nella placchetta posteriore di plastica e alluminio lucente. C’è un segno più e un segno meno, rosso nel positivo e l’altro, il capo del filo nero, nel negativo. Così si fa. Il tuo sorriso e io sorrido pieno di grazia come la Madonna della preghiera. Il tuo sorriso sulla tua bocca piena di grazia ed io mi pieno di riconoscenza come fossi sempre stato buono come quello cui tu sorridi. Così ho progettato questa caldaia da cucina e da salotto che scalderà tutte le stanze comunque ad elevato risparmio energetico. Due capi di una polarità e scende la neve calda della cercata unione dopo le guerre di indipendenza. Il tuo ridente sorriso e la comprensione delle religioni si fa viva: non è che la ricchezza delle stufe da inventare. L’elettrocarbone produce sbuffi bianchi dal fuoco tra i capi di una polarità. Il codice binario delle colazioni nelle cucine poco più grandi di una caffettiera. Una madre che canta la ninna nanna appena svegli i ragazzi e: “Non abbiate paura non! Non ! Non !”. Una madre di una terra lontana sul tappeto volante confonde il non con il no e la raccomandazione vien più bella. Le tue mani sul corpo delle ragazzine nel sogno per accarezzare quello che si trova. Hai sognato la nostra cucina che era piccola alla tua nascita e sapeva di marmellata di frutta mezza bruciata. Bambine di marmellata. Amori di pianto sconosciuto fino a ieri. Due capi di una polarità. “Non ! Non ! Nooon !!!” E il canto diventa un nome per la tua e la nostra seconda vita. Per la vita piena di grazia dopo la rivoluzione. Diventa il manifesto dei tuoi cambiamenti come una volta furono i capelli di Ernesto Che Guevara. Una stufa ad elettrocarbone si impara a alimentarla. Con sorrisi pieni di grazia, con la non paura, con un andare avanti spinti dalle mani della nostra nascita. Non. Non. Non. Non attratti dalla morte alla fine. Non attratti dal il futuro di luce scura ma sospinti dal passato di nascite: le tue mani sulle mie spalle. Cerco l’amore prossimo che mi abbia già spinto delicatamente verso di sè per la certezza che io ci sarei stato. Ed io sono stato uguale alla sua pretesa. Figlio di una madre che ha cantato e raccontato. La ninnananna faceva “Noon … Nooon …. Noon … Nhhhoooonhhh…” Suoni gutturali tipo una preghiera che mette in fuga i batteri cattivi dagli occhi dei figli. Si comincia mettendo i due capi del filo di rame rosso e nero nei due morsetti positivo e negativo posti al centro della placchetta di plastica e alluminio dietro la stufa ad elettrocarbone che avevamo faticosamente trasportato fino in salotto. Di un bel colore di ceramica pesca è la pelle delle madri che cantano confondendo i significati delle parole sciolte nei suoni. E tu allora senti di possedere un’anima di marmellata di pesche e fichi. E la tua vita di camminate e lavoro pesante, la tua giornata di emigrato fiero è una piccola cucina che sa di frutta caramellata e di grazia. E chiedi come cantare. All fine, molto presto, sentirai che le mani sulle spalle invitano. E che ci sono madri che hanno cantato anche per i figli delle altre, quelle che non hanno più ritrovato la voce in gola. Per le quali vale la pena di scrivere sempre. Non si sa mai….

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