mare


primo giorno di sole


Posted By on Mag 16, 2017

Forte e sicuro della pienezza derivante dagli anni. Lento: come riposato. Le spalle alla porta. Rivolto ai campi oltre la veranda. Per pensare da solo.

Avevo capito che l’amore permette di compilare elenchi pieni di ardore, e potenti: e ondeggianti come oceani di grano in piena estate.

Il parlare da innamorato è mettere accanto tutte le cose che circondano una persona: le più insignificanti e trascurabili mai prese in considerazione. E insieme le cose grandi: piene di senso e di bellezza.

La felicità inattesa di un sorprendente nulla di fatto di chi ci amava mentre eravamo ignari. Le dita di donna sui volti dei figli da proteggere dal sole. I loro occhi all’orizzonte: al dopo.

Gli adulti che restano fermi a considerare con perplessità gli arredi di spiaggia fanno un elenco di ogni singola cosa che gravita intorno. Come se giornata estiva è risucchiata in uno sguardo sintetico. Il pensiero sono cose colorate profumate e sonanti.

Il tempo svolge il programma degli occhi che più volte in un minuto, inconsapevolmente, perlustrano la giornata dall’alba al tramonto.

Read More

liberamente


Posted By on Apr 13, 2017

Sai che vuol dire “non dimenticarsi in una donna”? Si capisce. Dovremmo intuire almeno. Vuol dire non darle carico di gravidanze per una nostra distrazione troppo grave. Una dimenticanza che non è amore. Non cedere al peso borghese del piacere sessuale: il vizio ottuso di aggravare distrattamente una ragazza di una procreazione che punirà il gusto di cui s’era appropriata coi suoi fianchi capaci. Oh!

L’importante ottusità antropologica, ingombrante e opaca, a proposito della complessità degli affetti, sempre più si nota quanto ci instupidisca. Bionica animalesca l’uomo esclusivamente razionale non coglie il punto cieco: voler ridurre il proprio pensiero a meccanismi elettro-aritmetici. Bearsi di bestia pitagorica.

Disante da là, insopprimibile resta in alcuni l’idea di relazione. Frasi come: “ad ogni costo” che la pronuncia succhia in caramelle ai frutti. Cediamo a cose che si dicono, prima e poi si proclama: “per sempre mio..”

Si sa: la vita non comincia con un atto di coscienza. Dunque ogni frase può avere tutte lettere minuscole fin da subito. L’inatteso sarà spiegato assai più tardi.

Nell’acqua del mare semi in sospensione. Piccole code natanti a brillare. In un momento di allegria sentimentale si insinueranno in profondità. Uscendo grondanti si sente il perturbante uncino ben saldo alle reni.

Sorridendomi mormoravi al tuo bambino: è fatta, amor mio. Corrisponde a quei casi in cui, guardando una donna svagata, si capisce la sua natura differente. Chiacchierare leggendario alle proprie viscere.

Quella confidenza per cui poi scrivendo una donna le lettere svolazzano di fronte ai miei occhi sul foglio parole-aquile.

In picchiata arrivasti. Già piena di sorprese. Io sono sempre stato un mare aperto ai tuoi sensi.

[email protected]

Read More

Non come pensavi le cose si sono messe a camminare. Bene si sono messe a scorrere. Hai pensato: corrente. La libera associazione ha detto sorridendo nella mente: mare. Quella mattina, saranno state le dodici di agosto, una barca di scorza di pino con una vela triangolare di panno, faceva sobbalzare l’esca traditrice a trenta metri da riva per la pesca nell’acqua d’oro che è il colore che esprimeva la temperatura del Tirreno al momento in questione.

La mente si riflette su quel velluto liquido dorato delle dodici di agosto alla latitudine di qua, latitudine che è una ferrovia e taglia la terra scivolando su tutte le gradazioni del binario di luce della propria circonferenza ad una distanza proporzionale ai gradi dell’angolo di separazione con l’equatore. O con i poli.

Le cose hanno natura fisica anche se la loro forma diventa sempre più astratta con la riduzione di massa. E così, ad un certo punto, certe realtà – esistenti in dimensioni non più percepibili o direttamente misurabili – diventano soltanto immaginate. È, l’azione di IMMAGINARLE, una precisa idea della loro ammissibilità e la loro ammissibilità è, dunque, la loro stessa ‘esistenza’.

Non sono oggetti mentali: sono realtà di natura fisica che solo la natura fisica del pensiero privo di massa può realizzare non incoerenti con quella loro esistenza sottile quanto si vuole, ma non priva di ‘conseguenze’.

Sono le ‘stringhe’ dei fisici, o la ‘cascata’ di eventi intorno al passaggio della particella elementare nelle camere di misurazione degli acceleratori. E quella cascata di eventi è l’evidenza della loro esistenza poiché esse vivono nelle conseguenze di una serie di accadimenti fisici che raccontano una natura ‘eccitata’. E quella cascata di eventi sono dunque quelle stesse particelle ed esse sono le conseguenze del loro passaggio in una nuvola di elementi mossi come l’acqua del mare calmo è viva.

Per le loro infinite conseguenze esistono dunque anche l’amore, l’affinità, la negazione, l’odio. Anche la violenza dell’indifferenza e, del tutto diversa, la presenza che caratterizza l’attenzione specifica.

Esistono queste parole come riflesso di un giorno di agosto. E d’altra parte solo adesso esiste quel giorno. I giorni tornano ad esistere nelle parole, o forse tra il tempo fisico, e le parole successive che piovono addosso a quei giorni con la piega obliqua dei verbi al passato, non c’è alcuno scarto se non per una nostra imperfetta coscienza del funzionamento reciproco di affetti e ricordo

In agosto una certa temperatura alle dodici a questa latitudine conferisce al mare sempre lo stesso colore tra oro e azzurro. (Ho sbagliato a riferirlo con riflessi puramente dorati).

Si alternano, adesso che agosto non è ancora, ma già rincorrendosi: mare temperatura colore oro latitudine: le parole della libera associazione. Fanno le tegole di un tetto infuocato che ripara la stanza, e ripara in essa il mio lavoro, e con il lavoro il ricordo e, legata al ricordo, una certa dimestichezza con la scienza delle libere associazioni, con la teoria neurofisiologica che sa che certi pensieri, realizzando legami multifocali tra passato e presente, fanno la coerenza dell’io cosciente e la consistenza sorniona del sé.

Attorno lo spazio si inarca: con la prepotenza di un gatto indisturbato al centro di una casa vuota: gatto/unico/rumore, respiro, basso continuo di fusa esplosive.

La libera associazione dice che questo animaletto, che non si addomestica, questo sacro gatto, che sa di polvere di piramidi di bassorilievi e di geroglifici, è più un riflesso flessuoso del sé che non l’io cosciente: è, viene da parafrasare, la coscienza dell’io mentre dorme. Il micio dorme al centro della casa che è estroflessione dell’anima mia. Io sognando mi occupo di pienare un’appartamento come fosse la mia esistenza ed essa fosse un volume. Anche se poi la parola esistenza è un’idea: un’emulsione d’aria e propositi e, più profondamente un voler evitare il vuoto con voce di parole scritte prive di massa (anche quella presumibile delle molecole d’aria) ma piene di conseguenze: cioè in grado di imprimere una propulsione alle cose. Anche le cose che hanno una massa evidente. Come quando ti chiamo e tu arrivi spinta, sembra, dal nome che turbina in aria.

Il gatto ha finito la distensione, fa la ciambella, si scioglie dentro gli arabeschi di linee del tappeto. È il caldo, mi dico. È che ogni tanto la cattiveria delle persone diventa una distrazione, un’assenza ben giustificata, una coazione all’accecamento programmatico. Questo fa certe mie ore ‘libere’. Ma forse questa parola, libertà, è proprio difficile da interpretare. Io non mi sento libero di lasciare il setting, di essere assente e di ritardare. Perché ‘loro’ si? È libertà? O assenza del ricordo di un colore d’acqua legato ad una sua temperatura che, potendo ricreare la fantasia degli anni lascerebbe spirare il vento fino a qua per mostrare che si poteva sempre arrivare alla riva dove l’acqua leggera scrive “resistere alla pulsione” in un gorgo rapidissimo, quasi invisibile, di molecole in amore. Si poteva sempre andare. Non è vero “non posso…”

Nella mente la realtà fisica delle idee ammassate, vicine per pura assonanza, per l’attivazione di uno schema neuro chimico corrispondente alla idea di ‘pulsione’, determina un dilagare di smalti azzurri cangianti sul tessuto del pensiero. Colgo bene per primo il sé satinato e poi l’io saturo di tutti gli azzurri del mondo. La pulsione potente accoglie il dolore del pensiero: ancora l’odio, il giochetto scemo: “Vengo, anzi no, sai, invece non vengo, magari verrò. Devo vedere un po’ se avrò tempo.

Una scorza di albero bruno galleggia a trenta metri da riva. Era agosto. Saranno state ormai le dodici passate. Ricordo benissimo che per il naso e il palato traversarono la vita che tenevo serrata in me due ragazze: una passando seminuda portava dietro sé una nuvola d’aria in forma di futuro immediato di erotismo passione e voragini di piacere: che è la pelle dell’uomo. L’altra, sicura e odorosa di terra, affondava i muri delle fondazioni di intere città e aveva, dentro la curva imponente del ventre, il bambino sospeso nella nuvola d’acqua che è la mente di dio.

Niente devo escludere di quanto accade per la necessità di una comprensione. Ma a salvarmi è sempre l’immagine femminile che oppongo. Che oppongo a ‘tutto’. Quasi volessi annullare per un istante di inaccettabile consolazione, la violenza della gentilezza stupida. Mi mancano i sentimenti di ossequio.

Read More

natura della materia umana


Posted By on Mar 16, 2014

La potenza frusciante dell’ideazione si alimenta di fiumi succhiati traversando filtri di limpidezze dal fiume della pigrizia. I blocchi di coscienza sono affetti neutrali indifferenziati diffusi non ancora formati che restano accoccolati ma non fissati ai tratti logici (i segmenti rettilinei) dei legni della zattera. Blocchi caldi di giovani corpi naufraghi su isole pietrose. I frammenti verbali sono accenni di dita forti che rubano i granchi grigi e rossi sul nero della lava da portare ai denti che li immobilizzano per renderli inoffensivi alle labbra che succhiano via la polpa. La coscienza è un guscio disarticolato. Le parole si formano perché il vento di mare si insinua nelle vie della fortezza dove la polpa non c’è ormai più. Il linguaggio verbale ultimo corvo volteggia sulla testa del soldato nemico dietro il tronco a cento metri. Per l’amore il centro del torace è il bersaglio succulento di Cupido nascosto e Cupido è dunque un cecchino col becco d’aquila che strappa il cuore. Tanto parlarti è una pretesa di conquista perché ogni amore è il cimelio di un orologio cioè una pendola atomica per contare le ore che abbiamo disperse ma non scordate. Mi ero perduto sulla spiaggia del delta e contavo i tronchi grigi lisciati dalla schiuma. Si può non fermarsi più e chiamare solitudine Venere emergente dalle onde e allora chi guarda chiede come è possibile e non capisce che è la luce della spiaggia del delta la fabbrica delle armi di metallo per sterminare la noia in combattimenti isolati. Bontà, cattiveria, bravura, imperizia non consentono confusione di fastidi intermedi. Gli esseri umani soli non hanno la dialettica a causa di una indecifrabile contrazione del tempo che l’isolamento determina in loro. La densità necessaria a sostenere la solitudine rallenta ogni successione e gli scambi verbali si dilatano mentre le figurine degli attori divengono scure scure di puro carbonio. Nella ricerca in psicoterapia il linguaggio segue alla struttura fonetica delle parole. Si scopre che non c’è alcuna dialettica di istanze che garantisca una scelta coerente tra sinonimi alternativi per costruire il significato. L’ideazione varia tra scelte di amori ugualmente anarchici. È riflesso di come vanno le cose nella materia quando essa si assottiglia fino alla generazione del linguaggio. Il linguaggio che mantiene tracce della propria morfogenesi dai fonemi esprime la sensibilità dei fasci di sensazioni immanenti al suono delle frasi che si dicono. Forse nella relazione umana il latente invisibile è di esseri che hanno resistito alla disperazione della solitudine. Conoscono luoghi dove nessuno ascolta o guarda, dove non ci sono ancora mai stati quelli che ti guardano sorridendo non a te, ma solo alle proprie future aspettative nei ‘tuoi’ confronti. Si esce allontanandosi piano dalle sabbie dorate del delta. Dopo tanti passi, che quasi sprofondi ogni volta, non sono importanti le leggi di uguaglianza e libertà: nella solitudine non c’è uguaglianza e la libertà è fin troppa. Si esce piano verso una ricerca di base, ci si scopre diretti, non si sa come, ad uno studio accurato del fenomeno di generazione del pensiero, come se non fosse importante, adesso, la critica dei contenuti. Ci interessa la sua natura. Questo implica nozioni di estetica della scienza della materia, ed una certa resistenza all’attrazione delle abitudini normative della morale. In sintesi: si esce dalla solitudine che non ci ha disperati con una differente comprensione della natura della realtà umana. Potrei dire dell’intuizione che le ‘cose’ umane non sono come appaiono, sono migliori.

Read More
"Mare Come Metafora" ©claudiobadii per  OPERAPRIMA

“Mare Come Metafora”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA

la donna di fronte a me a tavola in un secondo le linee dell’idea si affollano a sciami come un mare in burrasca e mi dico dovremmo alimentarci delle opzioni serali immagino che ci alziamo in silenzio dal tavolo all’ombra della minuscola cattedrale di marzapane e albicocche caramellate e subito si svanisce lei ed io nell’aria per essere avvinti molecolarmente in un unico velo di umidità che avvolge l’isola al parapetto la ragazza ed io è già avvenuto un accordo istantaneo è tardi opporsi all’antichità del Mar Tirreno

Read More

enigma


Posted By on Mag 24, 2011

enigma

Enigma era la macchina per crittogrfare la posizione di subdole macchine sommergibili e solo intelligenze acutissime si scontravano con sigle da ricordare per evitare stragi altrimenti indimenticabili così ADU divenne Angeli Danzano Uniti ed aeree figure tenevano salda nelle grinfie la fonetica di una serialità codificata di trasmissioni incomprensibili e le parole scritte per ricordare fonemi senza alcun significato di concetto compiuto restano ancora come figure che tengono l’immagine del gioco linguistico che fissa nelle iniziali la sigla che rimanda ad un altro segreto: le figure degli angeli sono intatte nella loro utile insignificanza tanto libere che un artista a partire da là potrebbe anche incidere un acquaforte che unisca terra e cielo per fare il volume che la notte si ripiega e si sistema accanto al cuscino il volume che ruotando tutto attorno all’asse della sua costola  fa una piccola bibbia che riunisce la materia e lo spirito, il tratto dei segni della scrittura e l’invisibile astrazione del pensiero espresso nel racconto.

Enigma non avrebbe saputo decrittare i mari elettroencefalografici che inondavano da anni le scrivanie dei dottori tra le onde cercando verità sommerse e sommergibili che agitavano la superficie e non si appiattivano più se non come segno della fine dell’essere al mondo della realtà umana che origina dall’inagurazione della vitalità alla nascita e non si fermerà mai neanche nel sonno – nel riposare incoscienti – che ripropone il trattato di fisiologia del pensiero che si basa sul raccontare che non è il nulla a muovere i tracciati e spostare istericamente o ad onde lente i pennini allineati sui rotoli di carta che dispiegandosi attorno alla costole del proprio asse stampante uniscono la realtà materiale della biologia, attraversata dalla fisica dell’energia bioelettrica, alla macchina enigmatica della mimica dei volti dei dormienti, che vivono di apparizioni e vicende mai accadute. Non è il nulla a muovere i pennini ma l’evidenza eclatante di realizzazioni di pensiero che sono irriconoscibili nei tratti neri di inchiostro e poi immediatamente limpidi nel racconto che mette in fila suoni e ricordo appena schiarita la stanza stamattina alla fine dell’esperimento di un tracciato nel sonno.

Angeli Danzano Uniti e l’ assenza di coscienza riduce a vitalità pura il pensiero nel sonno la vita mentale sottratta al lavorio della presa d’atto cosciente affidata esclusivamente al destino probabilistico di fluttuazioni energetiche che potremmo chiamare vicende biologiche del sonno cosicché si può instaurare un confronto tra biologia destino immagine colpa figura malattia tempo (di natura). E tempo (umano).

Come Angeli (che) Danzano Uniti, alla nascita forse sfuggiamo la morte, lasciando la biologia genericamente animale alle spalle per andare verso la vita che sfrutta i processi energetici, sottoposti alle leggi di massa calore direzione entropia, per creare le parole i segni le curve e l’incoscienza che conducono la biologia al pensiero umano e nel Pensiero Umano la Macchina Enigma si chiama Vitalità, condizione spaziotemporale di un comporsi dello stato fisico della materia che fonda un tempo inverso a quello della fisica decadente delle cose sempre a rischio sul ciglio degli imbuti gravitazionali o sul limitare delle trappole della logica consequenziale della ragione o liberi, se proprio si vuole estremizzare, d’essere adottati alle sparizioni e riapparizioni quantistiche col difetto comune che tuttavia le leggi della fisica non risolvono ancora i comportamenti del pensiero che torna sempre alla materia e la influenza continuamente di nuovo e se una volta non dovesse accadere, perché aria dal sen fuggita esso diventa ‘spirito’ irreale ed irraggiungibile noi diveniamo sottratti d’ogni bene e privati di pensiero eccoci tutta disperazione ed infelicità se non ancora follia.

I pensieri sono Angeli Che Danzano Uniti e la poesia è la Macchina Enigma che decifra sulla tastiera luminosa il testo oscuro della tastiera soprastante: ma non spiega, solo traduce fa un testo nuovo, non c’è pensiero cosciente del proprio scoprire l’immagine perché l’immagine è il successo della comprensione che è il mettere assieme le parole in un certo modo che è il nostro transitorio e allegro defilarsi dal centro dell’obiettivo ed è anche fondare i pilastri della foto sui margini dell’inquadratura e abbracciarti scartando lievemente dal tuo cuore. Enigma è una cena con amori numerosi e spiedi di quello che continua e menù di carni bianche ora che la disappetenza non compare più nella carta dei secondi piatti e invece ci viene elargita la misura di saper fermare il movimento, giusto in tempo. Giusto il tempo necessario a chiedersi se nascere sia scampare al destino specifico della biologia genericamente animale per andare alla vita secondo la natura di tempi non più naturali, tempi di una natura che la natura non contiene dei quali non fornisce alcun plausibile sospetto.

Ora fuori da quei tempi di coniugazione delle successioni del creato risulta di una allarmante evidenza l’ inutilità di tutto quell’osservare, interrogare, di tutto quel contemplativo illusionistico instupidirsi in decifrazioni fantastiche sulle nuvole, sul destino del nuoto di un castoro, sulla implicita necessita delle navigazioni sghembe degli orsi polari tra gli iceberg senza alcuna geografia. Ora che l’illusionista ci ha posto sulle dita il codice che rende chiaro l’inganno del finalismo delle migrazioni degli alci e della fioritura della magnolia nel giardino dei dignitari giapponesi e nella corte disadorna della casa popolare dove tutti noi ci si riunisce in poco a caso, per cene e feste dove con una trascurata svogliatezza tuttavia l’amore si sviluppa per aiutarci a sostenere anche l’autunno poiché noi tutti abbiamo ben chiaro che altrimenti non sapremmo sopravvivere alla certezza che nel panorama dello sguardo oggettivo non c’è alcuna perseveranza di bellezza nella ripetizione delle cose via via che se ne determina una fisionomia di vecchiezza.

L’istituirsi della variazione irreversibile del modo di funzionare della materia cerebrale alla nascita potrebbe fare l’origine del tempo che poi adesso che molto è accaduto nella mente può essere detto con parole – e sottratto sia al silenzio sia al segreto dell’ignoranza e dell’impotenza linguistica – ‘origine del tempo’. Ora che la metafora guerresca di battaglie sul mare e di forze sommerse e sommergibili costruite per le stragi provvidenziali o catastrofiche secondo il verso da cui si guarda il colore meraviglioso dell’oceano invernale – ora che tutto questo ci ha fornito la allegoria – allora adesso si può affermare che mai diventa spirito il pensiero umano che può essere decifrato da una macchina solo se contiene intenzioni coscienti da arruffare e ricomporre come sedare una rabbiosa rivolta di pochi disperati che rabbia e disperazione rendono prevedibili.

Vitalità è suono di una parola che non ha immagine perché è realtà di una trasformazione dello stato fisico della materia e scoperta di una realtà della condizione clinica dell’essere umano che si instaura alla nascita e le cui variabili disposizioni nel tempo cambiano gli stati della vita dei soggetti. Di fronte alla complessità di questa funzione restiamo sopraffatti da un gioco di parole, distesi come se fosse possibile solo una dimensione femminile perché agire con movimenti muscolari che alterano i rapporti spaziali esterni per dire di più o riportare quanto appena immaginato possibile ai termini di una maggiore semplicità, si sa essere violenza come è violenza la proclamazione di eroi nel mondo originario costituito secondo la regola bidimensionale del piano sul quale la linea distingue porzioni un poco differenti: cieli, brughiere, macchie scure, tutto questo contro sfondi possibili.

Sopraffatti non vinti neppure dispersi e neanche atterriti o disperati semmai senza bisogno di un senso imposto dall’esterno abbiamo tuttavia una realtà contestuale, un sottostante cielo, una tastiera che si illumina quando altri battono i tasti della tastiera opaca sovrastante e allora diventiamo Testi In Chiaro: Angeli (che) Danzano Uniti ed ogni parola resta un riparo seppure non ancora del tutto la nostra ’casa’.

Ci accostiamo a tentare una serie di termini sconosciuti alla biologia (*) : destino, immagine, colpa, figura, malattia, tempo di natura, tempo umano, nulla, vitalità, vita, rapporto, storia, scoperta, genialità, bellezza, fallimento, resistenza, opposizione, dolore.

(*) ( ed alienati nella irrealtà di una loro natura ‘spirituale’ )

Read More