meteorologia


Era previsto che piovesse stamani. Ma solo adesso, a metà giornata, cominciano a sfrecciare le prime gocce: ritardatarie, se ci fossero orologi neutrali in natura ai quali la natura facesse riferimento come certezza similmente al modo come noi ci siamo creati un giudice terzo: dio fuori da noi e dal mondo. La natura ha leggi e si possiede ed ha in sé dunque il proprio giudice, il proprio modo, il proprio scienziato regolatore tanto da poter affermare che la natura è una civiltà con usi e costumi propri.

Per cui fisici e matematici non misurano: semplicemente si adeguano. Si adeguano con grandi eleganza e bellezza, con eleganza e rigore estetico via via crescenti risultando, fisici e matematici, i nuovi unici artisti, i veri creativi: che hanno capito che ciò che la bellezza esprime non è che la visione verosimile di un mondo mai definitivamente riducibile all’eccesso di senso del pensiero umano. Sono formule soavi i risultati delle scoperte. Trascrizioni geniali di alleanze possibili che preludono a tempi di pace futura. Ma fragile resta la nostra felicità.

La natura riserva sorprese, seppure il geometra dell’imperatore abbia un poderoso termometro per misurare l’entità dei terremoti. Secondo il costume dei tempi attuali egli dice di saper inquadrare gli eventi tellurici in un sistema di assi cartesiani su un foglio. Ma a guardare albe e tramonti abbiamo imparato a distinguere la misura degli oggetti fermi dalla conoscenza dei differenti stati delle cose mobili. La testimonianza giurata degli atti consapevoli è differente, di altra natura, dalla ricreazione verbale del senso di quanto resta da dire.

Quando un fisico e un matematico guardano campi sufficientemente estesi di girasoli e papaveri vengono presi da un sentimento di armonica fatalità, parlano come poeti dell’infinito: senza confusione o paura di perdersi. Perché per loro la grazia inconcludente dei versi è una sterminata distesa di cifre decimali. E poiché dunque quell’infinità è una cosa essi non avanzano mai pretese olistiche e furbe scorciatoie.

Se fossero in grado di fondere la loro mente con il ‘tutto’ -d’altra parte- conoscerebbero le cose definitivamente e non tornerebbero più alle loro università a fare lezione, alle loro famiglie a rallegrare la cena, a giocare nei laboratori di fisica con cifre minuscole che sono potenze negative di dieci e all’oculare piccolo del telescopio a misurar l’ universo secondo una potenza positiva di dieci.  Seguono obbedienti lo schift verso il rosso dello spettro delle galassie in fuga le une dalle altre e hanno sguardi trasecolati sul budino alla crema che è questo mondo come a loro ghiottamente si svela.

Nella realtà clinica eccoci: “Ho sognato di essere dio”. E io perplesso domando “Non credo dunque che riuscirà a raccontarmi nient’altro….?!” E lui difatti non risponde e la stanza sussulta e siamo scagliati lungo una punta di terra verticale fino alla vetta pietrosa: non so se di una costa o dell’universo. In casi simili il silenzio è nero e mi viene in aiuto il ricordo che è a causa della ‘pulsione di annullamento’ che è al servizio del pensiero onnipotente che ha fatto il sogno di essere dio. Il controtransfert è, in casi simili, doloroso e rischioso. Perchè per mantenere la presenza si torna con una reazione vitale nuda al silenzio dell’immagine neonatale che senza figura provoca una crisi della ragione: perché il corpo è vivo grazie solo ad una realtà di pensiero non logico non razionale non verbale cui non siamo mai preparati.

Lentamente, semmai solo dopo, l’irrazionale è possibilità di riposare e quiete senza pigrizia. Ma non è un paradigma di semplice attuazione e non ha il sapore e l’eleganza di una legge dei fisici che disegna modi di relazione della natura della materia.

Volo a quando le parole si fermano e i soggetti del rapporto vanno lenti e decisi dentro il silenzio che le circonda. Ma è raro. Piuttosto si fa ricerca.

L’azione di pensare che si può essere lasciati in pace tornando col pensiero alla funzione del pensiero del feto nell’utero è fallimentare perché quello è pensiero che riflette solo equilibri biologici.

Ogni volta bisognerebbe essere capaci di ricreare il pensiero corrispondente alla scoperta della vitalità che è quando il pensiero –che prima del parto rifletteva solo equilibri di omeostasi biochimica– diventa in grado di vivere all’aria e alla luce grazie ad una funzione che chiamiamo Io Della Nascita.

Quando si genera questa condizione essa potrebbe venir circondata dai vampri che vogliono il sangue dei vivi per restare morti il che, quando accade, provoca una ‘emorragia’ alla base di stati depressivi di difficile attribuzione.

La strada bagnata lucida splende di gocce che rimbalzano e schizzano in faccia ai passanti. La pioggia sui dorsi delle montagne ha mandato rigagnoli torrenti e fiumi che hanno scavato, nei decenni, un reticolo di gallerie a cielo aperto nell’alveo del delta. Ora le strade portano, mi giuri, nella città. La città è tuttavia sconosciuta non essendo, nella nostra mente, tra le consolatorie città invisibili delle fantasticherie di veneziani alla corte del Kublay Kan. Non è letteratura fantastica quella di certi sogni.

Camminiamo nei comodi solchi affrescati da giovanissimi artisti rapper: a ben guardare le caverne di Platone si sono rovesciate. E i fiumi freudiani che dovevano fatalmente portare i cadaveri dei nemici si sono asciugati. Il mare cui il fiume conduceva è la città e le strade scavate dalla corrente nel terreno sono percorsi dell’algoritmo degli statistici. C’è una rete e di percorsi possibili che sono molteplici e coesistenti e, ad uno sguardo cubista, tutti simultaneamente plausibili. Ci sono possibili amori compresenti.

Se guardo meglio e più a lungo tutto il delta diventa il reticolo delle linee di una mano aperta. Poi l’impronta bruna del tuo cervello intelligente sulla terra. E questi siamo noi che camminiamo nei tuoi pensieri. La città è la vita. Andiamo preparati a permanere. È difficile pensare una conoscenza ulteriore. Impossibile tra le persone la previsione delle atmosfere sentimentali come e di più dei fenomeni naturali del sole e la pioggia.

Lo scienziato sa di non avere in pugno la propria volontà e così è andata che per simpatia abbiamo fatto anche noi la strada, pensiero dopo pensiero, evitando di sacrificare agli dei.

Per quanto molto sia più chiaro, dicono i logici che si può dire la verità ma non si può dire tutta. E così dunque non è mai finita e pare che siamo sempre sul punto di ricominciare.

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