musica pop


“Una teoria” – leggo su ‘Discorso sulla matematica – una rilettura delle ‘Lezioni Americane’ di Italo Calvino’ (Gabriele Lolli – Bollati Boringhieri. ) – “secondo la definizione matematica sarebbe l’insieme infinito delle conseguenze logiche di determinati assiomi, ma di una teoria si può chiedere dove viva, non solo nella sua interezza ma anche, è una domanda diversa, come l’insieme finito di teoremi noti. In ogni testo è esposta solo una selezione idiosincratica della parte finora sviluppata; non esistono due testi, poniamo di calcolo infinitesimale, che presentino esattamente la stessa scelta e successione di teoremi e delle loro dimostrazioni; altrimenti perché dovrebbero essere duplicati presso diversi editori?”

E andando avanti, il che non è facile date le infinite istanze che propone di approfondire il discorso sulle conseguenze delle teorie…

“È vero che uno spartito musicale è un testo, e alcuni pensano che esistano gli spartiti di matematica, in un mondo platonico, ma questi se ci sono non si possono leggere, si leggono le loro supposte letture, che allora si presentano quasi fossero rivelazioni, come succede con i libri sacri. Quando parleremo di dimostrazioni, o di teorie, intenderemo proprio le varie copie o versioni o esemplari, tutti distinti, senza preoccuparci se dietro ad essi in qualche altra realtà ci sia uno spartito. Se c’è, non è questo che interessa. La musica non vive negli spartiti.” (Pagg.17-18)

Come un astronauta perduto nel cielo essendo sfuggito alla sfera di attrazione della terra di provenienza, non starò a voltarmi, perché la nostalgia della precedente atmosfera gravitazionale mi fa piangere troppo e non posso vedere bene gli strumenti con tutte queste lacrime che vengono giù. Non si riesce a fermare il pianto volontariamente, in qualsiasi universo ci troviamo, perché siamo noi la lettura dei testi delle nostre distanze dagli amori. Dagli amori solo incomprensibili. Poiché pare che solo gli incomprensibili siano amori.

(Mi viene detto che solo l’incomprensibilità si può amare. E il guaio è che io da tempo lo sapevo che si sarebbe preteso. Mi viene imposto, per come la vedo io, di non riportare più tutto sempre solo alla mia propria presuntuosa idea di saper comprendere. Una nuova ragione per cadere, penso un poco masochisticamente, una buona ragione, cadere se non si sa far di meglio, per far accadere davvero qualcosa in questo mondo in cui non accade mai nulla. Perché la moderazione di moda impone che non debba essere mai più pensato il tempo che nasce dalla trasformazione di una cosa in un’altra….)

Eccomi qua dentro il motivo di un ritornello antico, l’astronauta che misura la navigazione con il nodo alla gola. Sa che non potrà più tornare. La legge fisica rompe l’etica della giustizia sentimentale. Rocket Man grida nelle orecchie Elton John dagli anni settanta o ottanta. Cori disperati di ragazzetti lasciati soli dalle ragazzine bizzarre. Mi sono fatto il carattere con quelle distrazioni implacabili. Senza riposo a cercare l’amore e la pelle, neanche io sapevo smettere.

La notte quando si legge è come allora, è notte di acquisizioni di parole e situazioni per via che il dolore bruciante non si cura. Il dolore si ‘tiene’. Si apprende così la continenza. Oggi al far del giorno, sotto il chiaro di giorno fatto, a questa finestra mi sono avvicinato. Ho spostato il centro di gravità sulla superficie della stanza in un angolo vicino alla finestra di fondo. E nello scrivere l’allegria ha preso meglio il colore dei pini e del cielo che condivido attraverso le parole che non hanno suono e neanche figura scrivendo l’impossibile di queste ore, coi ragazzi e le ragazze che poi, senza sapere neanche loro perché, vengono a vedere come stanno le cose e come staranno nei prossimi decenni.

La condivisione tra noi, che non può più essere alterata -dalla negazione- in un ‘fatto’ di senilità, odora di composta conoscenza degli anni. Sta a vedere che fuori saranno gelosi dei miei ventinove anni di solitudine. Non potendo adesso solo irridere, dato che il linguaggio dei commenti al blog mostra una cautela che lascia trapelare una sanità di base. Un buon inizio.

Ora il rosso del cielo si è sciolto e lo storicismo di matrice idealistica si fonde precipitando via dal buio del cielo e fuori dalla ricerca ritenuta inutile molti staranno malissimo. Il rosso che svanisce nei sogni dei più avvertiti sarà per troppi un dolore senza senso. La giustizia sociale che viene promessa sarà inefficace. “Come può essere che l’amore passionale per la politica porti sempre solo questo strazio dalla nostra parte che era quella scelta dallo spirito assoluto come  destinataria della rivendicata giustizia?” Così molti si chiederanno, mentre qua le dita disattente dei ragazzi e delle ragazze ammucchiati nella stanza tormenteranno i miei pochi capelli.

I sogni col rosso che scivola via dalla carrozzeria celeste che prelude all’infinito spazio oltre le stelle svelano la vernice dell’inganno. Inconscia e dunque involontariamente violenta l’ideologia marxiana? Era possibile capire i rischi? Non so.

I ragazzi e le ragazze, di fatto, vengono a vedere e cercare di capire mettendo le mani sulla mia testa, scrutando il cranio sotto il lieve velo dei pochi capelli che ancora dormono sulla cocente tracotanza della testardaggine. Io me le prendo come complimenti ambigui, come inviti all’impossibile e all’immorale. Attentati di pura fantasticheria all’ideologia della deontologia. Ho bisogno di pensare così per via della eccessiva solitudine. Se qualcuno non ti invita a fare passeggiate romantiche e poi non ti assilla con le incertezze che vita sarebbe.

Ma non sarebbe niente, in fondo potrei fare autocritica e limitare, coscientemente, ricorrendo a stracci di super-io intrisi di sbiancante, le pretese. Ma poi, se leggendo scopro che come la prendi la prendi, si leggono solo supposte letture allora mi viene da sperare. Non so se sia proprio matematica. Allora davvero la questione del contro transfert (che è quanto penso di te, è il dubbioso pensare di quello che sembrerebbe tu stessi pensando a proposito di me) non sarebbe, come dicevo, che la supposta lettura del nostro amore. Tali dubbi sulla garanzia di completezza del formalismo matematico, che poi alludono e derivano dalle proposizioni di Gödel, mi persuadono che non ci sarà nessuno che una volta per tutte curerà questa limitazione d’essere umani.

E poi anche: ma deve essere curata? Questa incompletezza non è forse una splendida asimmetria? Non è, come allude Simone, una disabilità comunque la si voglia vedere, la caduta dall’universo del platonismo? Di questi tempi tornano allusioni che sono seduzioni. Insonnie e anoressie che fanno un modo di vivere. Il sentire, che è il risultato della ricerca in psicoterapia, richiederà tra poche stagioni o settimane, notti intere di accordi per studiare. Non c’è alcuna fretta data l’infinità del compito. Non c’è che allegria data la fondata incompletezza che ci contraddistingue. Al meglio non c’è limite, si sa.

È questo un tempo di restituzioni, tempo di rinsaldarsi di linee di frattura. Avremo lasciato sul campo molecole di sali di calcio. La notte e il chiaro elettrico della lampada spingerà allo studio. Lo studio incrementerà con argomenti differenti lo splendore della luna. Studio da ventinove anni un canto che si diffonde e raggiunge. Insieme infinito me lo sono fatto amico proponendomi l’uso dei verbi transitivi privati di qualsiasi oggetto.

Nei flash back torna l’immagine di essere certi che l’impertinenza rompeva la rigidità del ‘carattere’ che stavo facendomi. Un carattere che sarebbe stato esclusivamente caratterialità. Questo fu perché qualcuna di quelle ragazzine non fu mai stupida. Sapienti e sensibili alcune mettevano tutto in crisi. Ogni certezza. Il dolore che non diventava solo crosta di sangue era, in quei casi, invece filo di acciaio che ricuce e ferisce senza farci sanguinare. Ne spuntano adesso i capi sull’eminenza ipotenar sotto il cerotto bianco immacolato.

Verranno tolti tra venti giorni. Promesso. Prognosi d’amore che devi svolgere perché lei diceva ti amo in un modo che appena se ne era andata svolazzando ti veniva il dubbio se fosse vero. Per me le avventure alla fine della passeggiata erano domande sul ‘valore’ delle parole. Valore che avevo idea che dovesse essere legato al loro peso specifico, alla loro maggiore o minore permanenza. Indagavo l’amore in dipendenza della perdita di forza delle nostre dichiarazioni di fedeltà di impegno e di conoscenza.

La ricerca in psicoterapia ricerca i rapporti tra il linguaggio, se ci siano leggi in tale relazione. La parola vitalità soccorre il pensiero che cadrebbe nel vuoto di tutto ciò che è stato detto  fino ad ora. La maggiore salute sta nella capacità di affidare all’esattezza dello studio delle singole parole la speranza di evidenziare la vitalità come funzione di legame. C’è sempre stato di mezzo il tempo, che io chiamavo lo studio. Era una scusa. Non è che dedizione incondizionata. È la nascita, la ‘certezza che esiste l’altro’ la base della vitalità, il mezzo (in realtà la fisiologia) che consente di tenere abbastanza costante il legame tra gli esseri umani e le cose.

Ma questo lavoro lo si può svolgere soltanto insieme a molte persone.

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