nuova bellezza


Un ragtime in fondo al ventre legato alla punta del cuore come una ciliegia sul filo di seta dalla finestra alla montagna di dolomite fatta di farina di pesce e conchiglie. Mi hai così tanto amato che parli a tutti di me e poi non capisci che loro non trovino in me niente di quelle eccezionali qualità che ti sono sempre state evidenti. Dunque la potenza era del tuo amore e non nella realtà dell’oggetto. Mio è stato restare a farmi amare fino a che tu, in grado di lasciarmi andare via, potessi scoprire di cosa eri capace. Il tuo cuore è il sé innamorato che eri certa di non possedere.

Negli anni di transfert hai scoperto di non saperti fidare di chi ama le persone “…come sono”. È una rigorosa accettazione ed è una fredda temperanza. Cominci a pensare che “…sia forse meglio amare il proprio amore con la passione verso un’ideale non con paziente rassegnazione al difetto e con il sorriso mesto alla fatalità del meno, della perdita…”

Se non c’è una lacrima che trabocca la fonte della palpebra inferiore non c’è niente che valga la pena.

Qualcuno aveva suggerito che se non è erotismo potrebbe essere di fatto repulsione.

Io peraltro, al punto in cui siamo, non so come farai adesso che hai scoperto di saper amare così tanto una persona comune da suscitare tu, su di te, l’interesse di persone non comuni che su quel tuo amore non hanno alcuna curiosità.

Fino ad un certo punto dunque, forse, il transfert non è stato che un inganno necessario: poi però la costanza dell’investimento ti ha resa diversa. Quella  bella eri dunque tu. Io come tuo ideale tenevo in me le tue qualità auspicate e proiettate. Io sono, si capirà, l’androide nella valigia.

Ora uscendo da qua torni da lui. Che di me non potrà più essere geloso perché sarò nascosto e preservato dal suo ipotetico odio, dalla cortina splendente della tua nuova bellezza.

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