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cercare le parole adatte


Posted By on Apr 20, 2016

Il nomadismo del pastore, a un tempo pirata della steppa, aveva preparato il nomadismo del bandito.”
(Marc Block- La società feudale. -pag.22- piccola biblioteca Einaudi)

La verità non è ciò che è dimostrabile, è ciò che è ineluttabile.”
(Saint Exupery)

Dietro a greggi di onde vanno orde di armate cenciose. È il nomadismo dei pirati e dei pastori. Distinguere lo sterno ligneo delle barche lunghe, dalla prua gracile del torace di capra non è essenziale per anime poetiche. Per le quali anime, piene di strambi collegamenti tra le cose, le cronache giornaliere sono súbito allegorie. Come affreschi nelle chiese. E in questa forma, per cento anni, bruciata l’emozione presente, diventano storia.

Gli erranti scommettono sul numero dei granelli di sabbia. L’azzardo è un assedio alla fortezza del numero più probabile. Come possono stare svegli e non crollare? Come sa la vita durare sensibilmente e non esaurirsi subito? In fondo essa si tiene sulla chimica che si tiene sulla fisica delle particelle. E le particelle hanno comportamenti singolari. Durate irrisorie. I mediatori dei campi di forza con risicati istanti di esistenza garantiscono un universo rilevante da miliardi di anni.

Sfrutto il pensiero allegorico dei nomadi, per immaginare la sparizione delle cose senza la perdita di senso di quello che resta.

Forse, mi dico, l’idea di durata e permanenza è una funzione non ancora indagata che sostiene la continuità dell’io. E allora è questa che, alla scomparsa degli oggetti, realizza, dopo un attimo di sorpresa, qualcosa differente, da qualche altra parte, in una nuova forma.

E: “Se non si annulla la natura fisica del mondo la sparizione è trasformazione.

La Metafisica stessa, che si presenta come branca del pensiero filosofico, non è che un aspetto del pensiero fisico. È legittimo che si sia evoluta una letteratura riguardante una specie di legge della costanza di fenomeni logici, corrispondente alla consistenza di una  realtà dotata di una struttura fisica coerente. 

Una prima realtà di consistenza materiale. E una seconda realtà, più sottile, di evidenza funzionale.

Le cose: ‘cambiate’ per i fenomeni chimici di base spariscono per non tornare mai più. Ma il pensiero può immaginare che, seppure non siano più, non per questo esse si siano costituite in nulla.

Deve esserci dunque una fantasia, al cospetto di fenomeni di sparizione, in grado di arrestare la conclusione del procedimento logico-razionale secondo cui: ciò che non è più acquisisce natura di nulla.

Al cospetto della sparizione, il pensiero logico alla base dei comuni procedimenti razionali, si riduce –senza essa forma di fantasia– ad una reazione istintiva. C’è dunque una razionalità solo apparente che sostiene una vera e propria incoerenza del pensiero, uno splitting procedurale.

Di fronte ai fenomeni di sparizione, se non si esercita l’intervento della fantasia, c’è un deficit conoscitivo. Una disfunzione coattiva. Il paradosso nascosto nell’idea di razionalità umana, non vede che le conclusioni logiche sono reazioni istintive. Moti sbrigativi come impulsi dell’animo che la stessa ragione definisce irrazionale e pericoloso.

Senza la scoperta o la proposizione dell’ipotesi di questa specifica forma di fantasia di sparizione (1972, Massimo Fagioli, “Istinto Di Morte E Conoscenza” – L’Asino d’oro” edizioni) nessuno è in grado di indagare gli sviluppi possibili del darwinismo nella specie umana.

Sul piano della vita pratica e della clinica medica questa lentezza di indagine sulla pulsione di annullamento –insita nel procedimento ligio/razionale- impedisce un dispiegarsi del pensiero non solo di fronte ai fenomeni di sparizione ma anche di fronte sia -alle variazioni imprevedibili dei fenomeni materiali sia -alle volubili apparenze della vita psichica.

Dunque: l’istinto negli animali è lesione fisica dei propri simili per la sopravvivenza, e gli animali non chiamano omicidio la lesione che apportano ai propri simili e neanche quella che infliggono ad un essere umano invadente ed importuno.

Ma l’essere umano, che si vuole sia peggiore degli animali, chiama omicidio e sanziona gli esseri umani per ogni lesione contro i propri simili ma anche, in qualche misura, contro gli animali.

Lo striminzito concetto di un istinto, identico per l’uomo e per gli animali, non chiarirà dunque alcuna caratteristica davvero specifica dei due regni vicini e differenti. E non chiarirà, entro i confini di specie, l’umanità dalla dis-umanità.

L’ipotesi teorica di una forma di fantasia che si attiva di fronte alla sparizione, evidenzia e supera l’insufficienza del concetto di istinto per la conoscenza della natura umana. 

L’istinto che nell’animale è attività muscolare, nell’essere umano è errore di giudizio, malattia del pensiero che diventa pulsione. Come se fosse un muscolo il pensiero si libera della esistenza dell’anima degli altri. Poi…. tutto è possibile. L’uomo diventa dio.

Noi: “Nello sparire di una cosa c’è l’idea della trasformazione non della costituzione in nulla.”

Senza la fantasia di fronte alla sparizione viviamo la rabbia e l’angoscia di abbandono. Deve sfogare la rabbia, dice lo psichiatra. E arresta il sadismo con consigli e indicazioni comportamentali.

Ma il sadismo non è l’anaffettività e non è neanche la stupidità e inoltre non è la disonestà. Così la Follia la Stupidità e la Delinquenza, che fanno lo specifico disumano degli esseri umani, imperversano.

Noi: “Il pensiero ha natura fisica. Ha origine dalle cose come ogni cosa. Le cose percepite sono in me come coscienza della realtà. Le cose sparite tornano alla coscienza come ricordo di ciò che non è più.”

A volte viene nella mia mente, come a trovarmi, il tuo volto. E a commuovermi è la tenerezza che mi suscita. E quella tenerezza nasce da qualcosa che nel disegno della figura del ricordo non ha un segno preciso.

Noi, coscientemente: “La tenerezza è quando io ti guardo. Non c’era prima che tu arrivassi. Non era né in te né in me. Ma poi c’è improvvisamente. Nasce negli occhi che si posano su di te“.

Io in silenzio che ti dico: “Forse tu l’hai vista nascere in fondo alla mia mente. Hai seguito il formarsi delle onde elettriche sull’area occipitale preposta alla visione fisica. Quelle onde, ritornando, scintillanti, alla retina, illuminarono di raggi emergenti dai miei occhi i tuoi occhi che mi videro. Forse hai provato una tua tenerezza vedendomi così trasformato da te mentre ti illuminavo senza una ragione”.

La tenerezza sono le dune che attraverso solo da sempre. È la donna che arriverà. Che chiamo ‘te’. Sparita. Esistente. È la certezza del valore. La pena del viaggio. Il colore della luce.

Il nomade ha molto attiva la fantasia di sparizione. Pensa all’arte. Al mare che è uno sfondo. Ai cieli dove i voli tracciano auspici. All’essenzialità e irrinunciabilità della luce se si vuole l’arte. Alla necessità ineluttabile di escludere la luce abbassando le palpebre se si vuole dormire e sognare.

Di luce molto sa chi viene da molto lontano. La conoscenza di cieli diurni e stellati è proporzionale alla distanza percorsa.

Stamani tutti questi anni di lavoro perdono la figura della fatica. Che sparisce lasciando un’onda elettromagnetica. Che sulla corteccia occipitale, se chiudo gli occhi un attimo, diventa pensiero (senza figura) di affetti densi e illuminanti.

Psicoterapia e ricerca.

Esperimento scientifico.

Voler confermare la verità di una ipotesi teorica con il lavoro di gruppo per trenta anni e mezzo.

Sembra ieri: ma è solo irruzione del ricordo.

Torna il pastore errante con la sua orgogliosa mestizia e il gregge imbiancato dalla luminaria lunare. Vado ineluttabilmente dalla pulsione, alla fantasia di sparizione, alla conoscenza: è la via delle dune, la certezza di te: è il mio intero pensare.

Noi: “Negli esseri umani c’è una cosa diversa dall’istinto, c’è una pulsione. Essa è un modo per cui il pensiero divino del nulla si rivolta contro la speranza umana della trasformazione. Poi c’è una speciale fantasia che si attiva in occasione della sparizione delle cose.

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