preparazione del sonno


Dunque eccoci a cena per scegliere quanto escludere. Cosa non ordinare. Per osservare quietamente il mondo della cucina da sale apparecchiate. Dove sediamo insieme e me che ti osservo respirare su giù su giù. Me che ti leggo le pietanze che non ascolto le mie parole. Sei testimone che è questa la verità della cena. Il mondo condiviso delle intese invidiate. Ci sarebbe assai da rivelare ma, no, è infatti in evidenza, e che vuoi rivelare. Sono decenni poco raccontati. Personali. Ininfluenti. Nessuno conta più così tanto. Anche se poi si sceglie di mettere in evidenza…. però mai la diffusa qualità. Semmai il genio. Non il cobalto né il mare né il cielo verdazzurro di Brasilia: si mettono al sole dell’osservazione le isole, i fenicotteri, il primo piano e, in poche parole, le rarità. Io, superbamente, alle cene, come un vescovo osservo altezzoso dall’impietosa mia altezza, seduto sulla pietanza al timo. Spargo i miei occhi stralunati dalle ciminiere dei vasetti delle marmellate di pere fichi pesche mele cotogne. Mentre scegliete scegliete mangiando già con gli occhi e consumando il dopo cena che invece dovrebbe essere, della cena, il piatto forte (salvaguardato sappiamo tutti perché…) sfamo gli affanni con la fantasia pseudo-aristocratica in realtà snob, solamente e miseramente snob (se sai l’etimologia): fantasia che lotta contro i morsi della fame. E con te accanto e gli altri sorridenti sopra i piatti bianchi e tiepidi si ergono sull’agora delle palme di tutte quelle belle mani ben lavate e profumate eroi-guerrieri stravolti dagli orgasmi con le ‘madri’. Fantasia sovversiva di incesti inevitabili per la penuria di vettovaglie nell’assedio, per la carenza di alimenti cui mi consegno anche oggi circondato dalle linee asciutte che voglio per me. Stecchi di gambe magre così che palustre è l’aggettivo che meglio si adatta alla mia cena. Palustre acqua smeraldina lascerei sgorgare con ruscelli di parole nel verde di erbette e ramoscelli. Poche parole, strette come mani impaurite. Così strette da far salire nella mente qualcosa che frigge il disegno di un fulmine di fortunale e mette insieme energia e tempo: direi…. “ostinazione”! La ricerca ostinata. Composizioni di persone su divani e seggiole antiche e cuscini in terra. Giovedì composero una scala di clavicembalo ben temperato. Do, do diesis, re, re diesis, mi, fa, fa diesis, sol, sol diesis: se vedi è nella grafica del disegno illustrativo precedente ad oggi. Vuol dire: una ragazza, un ragazzo, una ragazza, un ragazzo, poi accanto due ragazze ancora che si succedevano (mi e fa) secondo l’intervallo di un semitono e poi avanti fino al sol diesis. Legami di sangue. Intrecci di pensieri intravisti oltre il fumo profumato che sale dalla matassa succulenta dei tagliolini. Anche il pranzo della festa nel brusio e nel vapore richiama i fasti del laboratorio di chimica e elettrofisiologia e le cucine, si può anche aggiungere, come io credo sia il pensiero dei fisici contemporanei. Istrici e volpi ribelli della scienza. Penso, mentre ceniamo, alle cose meravigliose che mi mancano ancora da conoscere. Perdo appetito e mi viene l’orgogliosa umiltà che è il tempo che mi mangerei. In fondo, da ora in avanti, il poco di comprensione, quel tanto in più di quanto sarebbe stato normale aspettarmi, non sarà che provocazione anoressica. Offesa di  bicipiti deboli, e quadricipiti esili: sottili segmenti acuti attaccati saldi alle ossa in risalto, come le cavallette appese alle canne sulla curva per il mare, l’ultima prima della duna che va perennemente a fuoco ogni agosto e cuoce i piedi e la fronte.

Signora contessa…. vieni alla ricerca, stacca il biglietto con un morso uguale pieno di saliva di piacere quando affondi la vita delle tue labbra rosse attorno ai fianchi di quei fichi secchi che pochi rarissimi chef offrono, su tovagliette di lino, uno per ciascuno dei commensali arrivati fino alla fine: oltre il fiume dei caffè, solo per chi non teme l’insonnia.

È adesso l’ora buona di smettere di piangere per la ricchezza delle cose mai staccate via per sempre. Nella ricerca trascorsa fu sempre il futuro prima di tutto.

Mi sono regalato, in cambio di una serie di difficoltà e rifiuti, tutto quello che a tutti, quasi tutti, manca ad esser ‘pronti’ per la notte.

 

 

 

 

 

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