quando non c’era lei


historia de un amor


Posted By on Lug 7, 2012

Quello che accade non lo so mio amore. Non lo so mentre accade. La natura fisica del pensiero indaga sulla natura fisica del pensiero. Il pensiero di quello che accade anch’esso sta accadendo e non si pone al di fuori. Scriverti è guardare le stelle e pensare te è contare i crateri della luna e le macchie solari. Diranno che sia amore e però contare stelle è, e di contare le macchie solari si tratta. Quando si ha a che fare con atomi ed elettroni è del tutto impossibile conoscerne l’esatto stato poiché anche i nostri strumenti sono essi stessi fatti di atomi ed elettroni. Scriverti è una espressione del libero arbitrio? O è un’azione deterministica già decisa e imprescindibile e inevitabile? Sono stelle -forse- e la scrittura ha la natura dell’enumerazione e dell’osservazione della natura in questo caso. E dunque sempre le lettere appassionate e i canti di vittoria e di compianto non sarebbero che enumerazioni: matematiche più che passioni ed espressioni di una materia umanistica. Anche se non mi aspetto di conoscere cosa esattamente io misuri scrivendoti. O quale metodo scientifico si pratica distanti. Questi nessi, le associazioni frammentarie transitorie ed incoerenti ed incerte sono scuse? Pretesti? Beh credo che siano apparenze, vibrazioni di superficie e che il legame di base sia tu. Il pensiero sia tu. L’attività del pensiero è un sostentamento efficace costante il giorno e la notte. Ha timbro scientifico o prevalenza musicale o asprezza di dolore. Entusiasmi di vittoria e trionfo. Quello che accade lo sappiamo sempre molto dopo dato che il sapere ha presunzioni di diventare storia. E così quello che via via accade è, con una parola, contingente. Quello che accade tutti aspettiamo che sia quello che accadde. Che quello che accade resti sospeso, pretendiamo vanagloriosi e stupidi, soltanto dopo che la durata della sospensione e dell’indifferenza abbia delineato pazientemente un contesto sufficientemente ampio. Invece forse la non coscienza esatta del presente dipende dalla nostra parziale atemporalità. Dal non riuscire comunque ad essere interamente presenti. In sostanza siamo comete con parti fantasiose di noi diffuse attorno e dietro: sono parti costituite di dimenticanza impermanenza e fatali approssimazioni. È un difetto della coscienza. La costrizione a ragionare ed essere giudiziosi.

Al contrario la storia di un amore.

Contare contare contare penso. La colonna sonora è la ripetizione che si innalza sul campo di cotone, la ripetizione del disco di suono e del cerchio di voce, e dell’astronave delle variazioni acustiche, cioè i saliscendi delle colline di sale nelle distese sul mare, e il vortice infuocato di zolfo delle canzoni verso un dio rivelatore di significati e generatore di pioggia e di giustizia: quello che rimane dell’anima degli schiavi e si evolve nel blues e nel jazz. La colonna sonora è un volume che forma le parole i racconti di ragazzi di famiglie indigenti la loro genealogia verticale giù fino alla valle e non si risale quasi più: declino declino e declino. E raccontare l’illusione della parabola e delle salite e del capitalismo generoso e del merito della scalata sociale. Ma noi invece. Musica a blocchi e eliche di voci. Lo spirito dei tempi, ogni tempo, sei tu come scintilla di immagine: lo zolfo sulla manciata di cotone e l’accensione. Prese fuoco sul palmo quando mi lasciasti il tuo indirizzo: la mappa della felicità perché avevo segnata la ragnatela di viuzze e la ‘X’ della tua porta oltre la quale il tuo corpo era l’oggetto del desiderio. Ripetizioni ripetizioni e ripetizioni e arrivarci per percorsi diversi al piano della musica: dischi di voci. Il bosone, diremmo adesso, senza capire nulla: ma eri di certo dispensatrice di massa. Ma soprattutto regalarti ogni cosa appena trovata ogni piccolo anellino intravisto spacciare la miseria per portarti le punte brillanti delle scarpe sfondate nascondendoti le botte e rivelando il paradiso. Eliche di canti e canti ripetuti. I grandi culi ondeggianti. La ricchezza intramontabile del sesso degli emarginati e la grammatica degli scout: gli etnografi musicali. Impilarono da qualche parte la nostra voce. Catalogarono le bobine cinematografiche con una matita nera. Grafite e nastri magnetici: la memoria nera e un laccio di cotone tra i capelli troppo lunghi. Il duetto aveva il significato della bellezza. Il nastro aveva due capi precisi per tenerlo e tenderlo e misurare. Avvolgerlo intorno alle dita, fermarci insieme piccole cose, serrare scatole di fiammiferi, disegnare anelli all’anulare della sinistra per sposarti prima di dormire accanto. Il ricordo è la fantasia che genera il pensiero e forse ha il segreto della conoscenza che anticipa le scoperte sulla materia delle cose e sulla natura dei pensieri di amore e di odio. L’odio è quando sei morto e non hai più idee da regalare e nemmeno un racconto di quando non c’era ancora lei

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