realtà alla luna


l’amore per un uomo (*)


Posted By on Giu 29, 2011

 

 

 

 

 

 

 

l’amore per un uomo (*)

si può e deve parlare dell’essere costantemente, ripropositivamente, con appassionata passionalità annullato allora se ne dirà accenni più che altro per entrare in relazione attraverso fessure nel muro della grotta e la libertà si scopre come oscillazione come mani ardenti ‘… poi saprai !! ‘ come parole al bambino come promesse quando mi regalavi il tempo eterno perché la promessa è padronanza di tutto, impossessamento illegittimo dell’eternità: ora ti domando se quella promessa che si impossessa del regno ai nostri piedi è musica.

volevi sapere come potevo avere un mio posto nel confuso protendere la mano oltre la frontiera di filo spinato: il luogo sta appeso al filo dell’alta tensione, come una camicia bianca, un lenzuolo lavato disteso sognante che nacque nella mente e si imporporava e adesso ti chiedo se la musica era già tutta contenuta nell’immagine di cui adesso si potrebbe parlare a patto che si sappia dell’odio: altrimenti…. l’amore senza conoscenza ammala.

più che altro ti chiedo della miseria dalla quale la bellezza ci illude di distrarci: al cospetto della luna bruciante, al margine celeste dell’altoforno ho pensato il dominio femminile, la forza che tiene fermo il pensiero: dico che siamo icone nella stiva della nave commerciale per prossime esibizioni, e che le pacificazioni non fanno per noi, ti chiedo se è vero che la musica è crudelissima come è evidente dalla costante infelicità che ci fa muovere i passi fino a che non troviamo il burattinaio che dovremo far fuori senza esitazioni

per parte mia so che la strada più difficile è quella tracciata da una linea che va dalla palpebra inferiore quando spuntano certi sguardi di attenzione consapevole -il contrario delle lacrime- e allora come un azione muscolare il pensiero dell’imposizione alla scoperta curva in basso e tira l’angolo esterno delle labbra in un riso allegro che ci sfama la miseria e che ogni volta – sono pochissime naturalmente le occasioni vere – si dovette scegliere bene la musica adatta al  colore ramato dei capelli e alla tessitura più o meno fine della seta dei vestiti perché nella musica non c’era l’intelligenza di scegliersi da sola, secondo i pensieri e stava li, tutta quella bellezza, a costituire la miseria universale in assenza di mani di donne e uomini che per un attimo la animassero, come avesse una vita propria, la musica, che però era  morta, inanimata, e le note segnate sui fogli erano i resti del pasto dei senza casa sui cartoni, e ‘tu’ ed ‘io’ eravamo commensali alla tavola imbandita di tutto quello che ci era sempre sfuggito.

io so quando iniziò la ricerca: fu nella sicurezza del silenzio definitivo alla frontiera che inaugurava il tempo necessario a non morire più: ‘…. siamo belli e non moriremo mai…’ ed anche, dicevo ‘… mai non siamo e moriremo belli….’ nella presunzione nasceva la ricerca, che rifiutava la miseria dei cartoni dipinti di note, scritte mentre il pensiero dava vita ad un processo di trasformazione della realtà fisica della materia cerebrale, che escludeva l’ipotesi che la nostra esistenza potesse rassegnarci alla amministrazione dei condomini della solitudine: così adesso dico che la gioia di essere insieme è l’origine delle scansioni rapide e aggiungo che dicevo ‘ti amo’ per realizzare la fisica di uno spazio esterno da percepire.

è questa anche una musica ? domando. E la musica è assenza di aspettative poiché le aspettative sono solo perfida avidità? La musica -di certo- dovrebbe metterci in condizione di evitate di perdonare l’estrema gioia che comanda le parole. E andando avanti velocissimo domando  una musica che confermi che da ‘allora’ ad adesso finalmente sia del tutto completato il disegno delle parole scritte qua. Se la musica non sia che una ingratitudine che non sa mai/ mai vuol sapere / che posto riservare al linguaggio parlato. Dove faremo sedere chi ha scelto di starsene al cielo senza luna, l’indigeno che non ha mai più chiesto l’origine e la ragione della miseria. Chiedo se è nella musica la gloria della propria miseria, e nel linguaggio la miseria morale della propria arrogante compiutezza. Non meno di questo. Chiedo la maturità di un confronto teorico: se l’immagine sia prima di tutto e se l’uguaglianza può offendere certe sensibilità prima dell’affermazione delle divergenze: può accadere.

chiedo e imploro che stiano lontani coloro che ritengono che la parola miseria sia una parola disdicevole, non suffucentemente allegra e adatta alle pretese di euforico benessere di questi tempi, aggiungo che la musica non è pensiero cosciente

grazie

 

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