reciprocità spazio temporale


duelli aerei e contro-transfert


Posted By on Apr 29, 2014

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I fiori compilati nei vasi ho aggiunto dai campi attorno casa. Sgrammaticati bocci e foglie e gambi e i selvatici intorbidano subito l’acqua nelle caraffe di vetro. Il pensiero verbale è estemporaneo e non logico. La logica non sta nel contenitore sotto i petali. Ho colto le piante e non ho lasciato passare il viola-azzurro. Non è gran che però fa bene all’umore. Il tempo si è ampliato. Avendo risucchiato, il verde-azzurro, un poco di spazio a mezz’aria, qua da me. Avendo coi fiori occupato spazio il tempo si è potuto diffondere. È in questi attimi che penso che è assai difficile amare come si dovrebbe. Studiare e amare, le passioni diciamo, sono complicate. Al posto di impegni presi con l’altro vanno molto le devozioni settarie. Non c’è quell’interesse diffuso, intorno a me, che io al contrario di molti, nutro per l’incomprensibilità della fisica universale, dell’esistenza che è priva di qualsiasi intenzionalità. Da chi si impara. Apprendimento e vitalità. Trasmissione della conoscenza e vitalità. Le cose intenzionate non contengono gran che della medesima vitalità. È da chi si impara che conta. Muratori per la filosofia. Abili pescatori che preparando lenze con amo e filo chiariscono le volute eleganti e forti delle formule matematiche. Pittori per apprezzare l’argento dei pesci. Il giovane Holden per la decifrazione tardiva del dolore dei geni adolescenti. Holden! la scienza fertile e affannata dell’inutile formazione. Qualcuno se la cava. Ma non è scontato e non c’è alcuna giustizia divina a ripartire le proporzioni. Leggo studio e metto insieme interessi frammentari suscitati da appassionate parole. Musica di murare, con pezzi di mattoni rossi, il forno con il cielo. Via via che le pareti si innalzano. E, al suono della parola ‘innalzarsi’ -che è ciò che si suol dire delle pareti che vengono su sotto la spinta dei giorni di lavoro- io ho in mente le sinfonie, il pieno soprattutto di fiati e di violini. Raramente si innalza, per come la vedo io, un pianoforte. A causa del mio modo di vivere la parola ‘innalzarsi’, cioè a causa di quella che a me pare la maestà gotica di quella parola, il pianoforte mi pare schiacciato e soffocato dal proprio peso nero. Quando si innalza la parola innalzarsi che svetta, imparo modi differenti di considerare il romanticismo musicale. I fiori selvatici e di serra, insieme, che ho sistemato nei vasi, ribaltano, per quella serie di pensieri, la solitudine. Gli aerei hanno motori urlanti, l’amore è un volo di eroi spericolati, il sangue non è per niente scuro ed è di un rosso divertito, la morte è un accidente kitsch. La libertà di pensiero grida e strepita. Almeno il cuore non è oppresso e, come nei film, ci si gode il duello e la morte dei cattivi: in scambio, ogni tanto, qualche eroe si sacrifica. Ho i fiori compilati nei vasi. Ho fatto il compito per la ricerca. Il contro transfert sono fiori di arredo, rami verdi sparsi. Lo spazio contratto addosso alle corolle dilata il tempo. I silenzi durante gli incontri accoglieranno, come donne generose, i vivi. Distinguendo i vivi da tutto il ‘resto’ secondo i gradi di stanchezza. I vasi con i fiori esprimono le riflessioni sulla vitalità. Certo, bisogna che lo si accerti col tempo necessario, dato che non mi diffonderò più in teorizzazioni.

La stanza intera è contro transfert, e in essa, bisogna che aggiunga nella presente circostanza, i libri delle scoperte scientifiche sono ‘oggetti’ di realtà aumentata. Il  tempo che dedicavo alla loro lettura ho stabilito che è finito, che debba essere destinato altrimenti, che so, alla sapiente distrazione degli sguardi dalle due finestre, verso il fuori. E ora i libri stanno sugli scaffali come quadri, contenitori, piccole sculture, e cose di valore irrisorio e solo il loro volume, adesso, ha senso per me. Il loro volume che si deve accordare con la successione di altri oggetti è il loro valore ‘estetico’. Tutti i libri sono senza più storia. Posti dal mio disinteresse prima dell’inizio delle fatiche della lettura diligente, me li guardo amorevole come resti fossili di materiali antichi. Sostanze sconosciute ai nostri giorni. Come verbi intransitivi. Impermeabili. Ideali conduttori, buoni grazie a certe loro insospettabili qualità prima ritenute poco necessarie. I fiori sono restati solo loro a esprimere l’allegoria delle grandi scoperte. I fiori che rappresentano lo stupore stanno tra il nero dei pianoforti assai poco spiritosi e le pareri svettanti innalzatesi quasi per magia verso il paradiso dei duelli aerei. La stanza è piena di libri che adesso servono soltanto per esprimere l’estetica delle giornate. I fiori ricordano, stancamente appassendo, l’amore (troppo) romantico per la scienza. La verticalità delle pareti che guarda il paradiso dell’allegria mi affranca dalla continua verifica dei dati. In questo strano paese nel quale si è promulgata e approvata la legge contro lo schiavismo culturale e scientifico inauguro un linguaggio frammentario. Che mi lascia libero il tempo per i rapporti futuri. L’incoerenza linguistica, amore per i fiori, è fiducia nella fantasia. Mi rendo conto che la vitalità deve aver a che fare con quella certezza di avere l’orgasmo, come quando le mani sistemano piante selvatiche nei tre vasi differenti che ho comprato, per far gradevole la solitudine, con la sicurezza di poter fare una composizione gradevole. Alla fine ne risulterà anche un miglioramento del mio assetto di contro transfert. Seppure non fosse quello lo scopo perché io ho colto e comprato quelle strane cose così delicate e intriganti solo per aumentare la bellezza e abbreviare il tempo. Per renderlo bruciante, l’attimo. Farlo diventare della stessa natura di quello degli eroi aviatori.

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