reverenza


Analizzare il transfert. Resistenze all’analisi. La corazza caratteriale. L’io del nevrotico. La rigida impenetrabilità della coazione…. e via dicendo. C’è un pensiero che non pare importante. Il pensiero che “L’altro è incomprensibile”. Dunque…”Non è che io resista. È che non lo capisco. Mi sento ottuso”- si pensa. Ma allora è impossibile sperare in una soluzione. È resistenza? Intanto è mancanza di immaginazione. Ma in più la certezza della incomprensibilità dell’altro è proprio un sapere. Che dà il verso ad una intera cultura millenaria. Allora è inevitabile (poiché è ‘logico’) che l’altro vada penetrato e poi vadano esposte le sue conquistate viscere. Il non cosciente e l’invisibile sono contenuto del contenuto del contenuto. Ma in caso della loro oggettivazione non può più essere sostenuta la speranza o la plausibilità di una ‘coesistenza’ non invasiva e reciprocamente vantaggiosa.

In alternativa? Forse sostenere una conoscenza limitata alla relazione: una conoscenza nella quale il contenuto del contenuto del contenuto …. dovrebbe restare al suo posto, implicita competenza di sapiente riservatezza, e la coscienza mutare sotto l’influenza di tutto quanto, visto in profondità, resta non esplicitato ma non vana ombra.

Una funzione di modulazioni per ridondanza coniuga il legame inscindibile tra ciò che sarebbe coscienza e ciò che non lo sarebbe. Questo costante pensare -che si articola attorno alle sfumate linee di transizione tra ~quanto della coscienza si perde in ~quanto la coscienza percepisce esistenza essenziale di sé (che di null’altro necessita se non d’essere ammesso esistente)- è funzione dell’io che detta alla coscienza il proprio (di lei) statuto.

Nella migliore delle ipotesi, che non è adattamento rassegnato, sostituiremo la fissità della nostra identità per ‘appartenenza‘ a regioni rigorosamente definite, con una forma di identità che risiede nella ‘comprensione‘ della natura variabile dei nostri più accesi legami.

Tutto accade mentre taglio in sezioni sottili la sfera violetta della cipolla per il soffritto: come puoi vedere al centro non c’è un nucleo. Il centro non è che l’ultima sfoglia. Il contenuto del contenuto del contenuto si risolve piano nell’esaurursi della cipolla al suo centro mentre molecole irritanti salgono dalla sua polpa umida e fresca fino agli occhi.

Il pianto chimico è un illusione. Non corrisponde ad una tristezza. Anzi il pensiero è beffardo nel vedere che il centro, nel caso della cipolla, ha questa natura e consistenza uguali a quelle dei singoli strati e che allora la verità cioè il centro, cioè il succo metafisico della verità medesima….non c’è.

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