sangue in commedia


l’opposto del tragico


Posted By on Giu 4, 2015

Mentre il mondo va ruotando frusciante in aria senza centro invece nella mente di alcuni un segno circolare si arresta ed è sapere che l’energia della luce ha la forma della propria onda. Ampiezza. Lunghezza. E con il tempo frequenza. O forse al variare della forma si forma l’idea di tempo che rende giustizia alle differenti figure assunte dal disegno con, alla conclusione delle variazioni più nessuna spiegazione da dare o pretendere. Mai accaduto. Perdere la dipendenza dal linguaggio verbale e acquistare ciliegie con un segno del capo e trovarci per caso ma avvicinarci ad un movimento d’intesa dello sguardo. Nulla da togliere nulla da avere che io ricordi: tu, in verità mi togli la memoria e il respiro. Ti faccio l’invito al ballo nel guardarti piegando appena la testa mentre sfioriamo la facciata di cristallo del teatro con il riflesso di noi.

Tutta questa ricerca per così poco: liberarsi dei debiti chiudere a zero un bilancio con un invito per nulla innocente. Dico a tutti anche quando non pare che sia in linea con il discorso: “Sia gentile, con lei, sia gentile! Realizzi la trasparenza di non pretendere nulla.”

Non si ha mai nulla da dare, in cambio di qualunque cosa si chieda, e la gentilezza è d’obbligo e ci evita il debito. Invece privi di qualsiasi attenzione a ben guardare quasi tutti sono suicidi di questi tempi, e chiedono: prima ancora di esserti accanto. Chiedono nei telefoni mentre prendono questi loro appuntamenti misteriosi e sfacciati. Seduti sui marciapiedi per accidia non vanno al ballo se non hanno un motivo. Quasi tutti muoiono suicidi sui marciapiedi della città ben lavati dalle macchine igieniche durante il far del giorno. O vanno quasi tutti al ballo degli ubriachi per scoprire come si fa a nascondere l’affetto di relazione. Ci sono scambi di cortesia ma non gesti musicali di grazia, in strada.

Si creano gruppi di ricerca per evidenziare le caratteristiche delle singole parole. Parola dopo parola vengono pronunciate con accenti differenti e osservate per rendersi conto di angoli o incisioni sconosciuti nella loro struttura complessiva. Il metodo è assunto dalla figura retorica dello ‘spaesamento’ che non è altro che una de-contestualizzazione. Per questo sono richieste le parole che raccontano sogni dato che la coscienza, del tutto presa dalla comprensione del significato della storia onirica, dimentica l’attenzione della pronuncia e le parole giacciono come su un tavolo certa frutta appena colta. Poi si sceglie. Parola per parola. Ogni parola tra tutte le altre. Il processo psicologico dell’interpretazione quasi opposto a quello della narrazione.

Ultimamente si parla a bassa voce per simboli verbali. Risuonano le parole ‘luce evanescente’, ‘suono’, ‘zero’. Non si è costruito gran che lì per lì negli ultimi giorni sebbene il tono emotivo della relazione fosse apprezzabile e a volte curiosamente provocatorio. Poi è arrivata la parola gentilezza a trascinare i tronchi della piena del fiume. Un attimo la visione della società suicida. La comprensione che la cosa più difficile da dire è “non ti amo”… Non ti amo più.

Ho pensato che la stessa tragedia della separazione sarebbe poter pronunciare -al posto di quelle parole che ci sopravanzano e suicidano l’amore, per quel poco che esso è rispetto al troppo che vorremmo potesse sostenere- : “Ti amerò per sempre.”

Però l’ho tenuto per me. Si ha ancora un gran bisogno di sangue in commedia. Il tragico, che capisce che la natura di ogni singolo pensiero è una realtà umana, non lo vuole nessuno.

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