sciopero dei trasporti


aprile

aprile

Nave dentro la nave. Vite sconosciute. Treni di pendolari tra ponti di diversi livelli. Anche lì un giorno la fermata. Scendiamo. Cappotti degli anni venti, trenta, cinquanta. Chiome ribelli. Irlandesi. Greche. Finniche. Gentili. Piratesche. Ossigenate di Brooklyn. Io tra la gente. Che fare oggi. Uno scherzo del destino è lo sciopero. La sospensione. Nessuno sa più come tornare o arrivare. Casa amore lavoro non stanno più dove stavano. Forse se l’avessimo davvero saputo -dove stavano, intendo- ora potremmo raggiungerli. Ma erano solo treni aerei navi e metropolitane e piloti delle balene volanti che sapevano. Nostri erano solo gli ultimi passi e un indirizzo. Una foto nel portafoglio. Certamente anche la figura della memoria. Niente altro. Tutta la filosofia. La scienza dell’uomo raccolte in poco volti. Una donna un uomo un ragazzino. Un vecchio e una vecchia. Pochi eroi sportivi. L’arena la piazza le tre quattro strade tra le case. Due grandi manifesti sul muro. Un profumo di caffè. I colori delle giacche. Il ticchettio di passi. Il cielo. Poi il pensiero che organizza le parole le frasi. I mucchi di fogli. La poesia dell’esistenza. Pensai, scendendo dalla carrozza di seconda classe, come erano potuti restare insieme per tanti anni l’ignoranza del mondo e l’amore sconfinato. La mediocre cultura e il senso dignitoso di me. L’onestà fatta di miseria e la grandezza redentrice della parola. Noi non sappiamo la nostra vita. Abbiamo una mappa approssimativa. Ma non pensiamo mai con costanza e coscienza i passi. I singoli tratti di riunione degli istanti sospesi. I granelli di sale si sciolgono nell’acqua. Le volte che si piange di gioia o dolore. Traversiamo. Conosciamo isole. Il resto è tra il sonno e uno scontato scorrere di figura in figura. La mattina della festa. La prima notte d’amore. Le sere rare di complicità. I racconti i fuochi. I numeri delle case. Sui portoni. Le case che lasciano uscire eserciti di ragazzi e ragazze ignoti. Gli altri più che altro io li intuivo. L’amore che fa il legame sociale è più una pretesa che la verifica che mi sia davvero possibile. Fare elemosine. Ricevere a mia volta elemosine. Il valore delle monete cambia. Il sussulto nel petto non cambia mai. C’era, dunque, tutta questa vita rimescolata dall’arresto dei convogli. Tutto l’universo di gente sbigottita mostrava l’occasione unica di ricreare una società differente con le medesime persone. Siccome la congiunzione tra tutti era solo negli scambi delle rotaie. E il tempo che ordina la vita nelle tabelle stracciate degli orari ferroviari. È questa l’altra intuizione da cui nasceva l’idea dell’androide? La ragazza che ebbe cambiata la vita da un’avventura letteraria e dunque si attrezzò con l’altra da tenere il tempo di una ricreazione.

Non ci siamo perduti d’animo. Come quella volta (pensavo facendo un assurdo ma consolante confronto) che dovevo uscire con una certa persona ma giocando scambiammo i nomi. E sapevo che non era lei. Però lei era nuda subito oltre il cotone di ordinaria seduzione. Questo cambiò tutto. Divenne adatta. Allora tutte le vite di quelli che erano con noi, intorno a noi, furono piegate a un certo destino. Ora è stato il treno fermo. Il fiume di gente che sciama fuori. La vita pedonale. Le avventure della conoscenza in ricreazione. Il giovamento dell’esercizio fisico del trovarsi in strada senza mezzi pubblici di locomozione. Questo guardarsi in viso. Che lascia gli amori e la fabbrica lontani e sperduti oltre ogni dire. È una riassegnazione. Un’occasione più evidente del solito. Perché riguarda tutti nello stesso momento. Il mondo si è fermato perché le vite potessero riprendere a muoversi. Finirà anche questa volta. Ma la generalità della popolazione dirà, confusamente ma con cognizione, di questa generazione nuova. Si parlerà di un inizio e costruiremo orologi adatti a tutto quanto sarà stato separato e rinnovato ‘ora’. L’origine sarà coincidente con la fermata di un meccanismo ben congegnato. Una nuova precisione originaria avrà tagliato fiumi e strade. I confini netti verranno sfumati dalla poesia. Pochi resteranno legati più all’ora che alle cose nuove. Nel sonno, che tornerà anche oggi, frammenti di conoscenza di ieri verranno interpretati in differenti metafore. Vorremo individuare il valore di tutto quello che accadde. Che, sfuggito alla propria esclusione, ha conferito movimento e azione alla realtà odierna. Quando cioè venne attuata la decisione ‘politico/sindacale’ di rifiutare la ripetizione di rivoluzioni illusorie: quelle lotte di lunga durata che riportavano sempre all’inizio.

<Non può esserci rivoluzione> disse il dirigente sindacale, <se di un arresto non si coglie la drammaticità>.

(……………….)

<Vi si offre, oggi > (con enfasi) < Di sviluppare singolarmente e ognuno a suo modo una differente versione del mondo.>

(………………..)

Concluse offrendoci le sue ragioni ultime e necessarie (ragioni che gli derivavano dalla scelta di una certa filosofia a proposito delle forze che regolano la storia dei movimenti sociali):

<La crisi di cui si parla ci ha già messo in tale necessità. In troppi fanno finta di lottare per tornare a prima. Ma il prima non c’è già più. Le stazioni di partenza sono perdute e irraggiungibili. La ferrovia e la navigazione aerea e marittima sono tra continenti e regioni tutte nuove. Non servono più anime tiepide che non colgono la drammatica possibilità di essere differenti. Non è questo dunque un comando sindacale. È una verifica sul campo. È l’indicazione ad accettare quanto è già accaduto. Si sarà migliori per necessità. Poiché non abbiamo voluto rischiare di esserlo quando potevamo scegliere>.

Ed è stato tutto. Le macchine non sono più ripartite fino ad ora. È uno sciopero che potremmo definire riuscito.

La vitalità del rifiuto è all’origine del tempo: non solo della percezione del tempo ma della sua forma. La forma del tempo che negli esseri umani è pensiero. 

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