scoprire


trovare, pensare, scoprire


Posted By on Mag 11, 2015

“Dopo Altamira tutto è decadenza.” Così Picasso. Ti è dunque preso, passato nella mente, di scorrere la parete di pietra passandoci su i polpastrelli e indicando col viso le figure disegnate. Antilope, bufalo, airone spelacchiato, lucertola, scimmia…. Per lo stormo di pappagalli non bastano i tuoi bracciali. Io quando ti vedo assorta tengo la mano sul cuore con l’indice discosto dal piano delle altre dita. È l’uno per le altre cinque. Una postura automatica che distrattamente si genera. Uno per dire “una volta per tutte”. O forse “uno per tutti”. Più che altro ora capisco un gesto da arbitro sul ring della lotta greco-romana che conta i secondi che il lottatore resta immobilizzato dalla presa dell’avversario. Cinque…. più cinque. Vittoria. Grido. Alzata del braccio del vincitore al cielo. L’urto acustico fa sciamere lo stormo degli uccelli che si innalzano verticali lungo la scala di armoniche ascendenti. Gli uccelli disegnati sopra le onde delle antilopi in corsa è dunque allora come ora una celebrazione di caccia ricca di prede? È come oggi che con te il volo vorrei disegnare? che con te a fianco la scrittura vorrei comporre? come adesso è che le note suonate di te vorrei esplodere sul piano? era già allora copiare ciò che guardavano le femmine carezzando con lo sguardo le pietre umide? era già allora cogliere figure immaginate nel riflesso degli occhi verdi e celesti delle donne? Come oggi era anche allora? Anche allora e sempre il tempo era ed è rimasto il suono dei sonagli alle caviglie delle ragazze? È sempre stato che il tintinnio dal basso del pavimento faccia la rapsodia dei passi e fornisca le prove sonore della presenza dell’altro sesso indispensabile per dare un senso? I graffiti di Altamura erano già segno della musica che caccia via la solitudine? La caccia con le frecce che volano e colpiscono la preda inesorabili allude alle frecce di Cupido? Disegnavano che ogni amore di una ragazza che si ama e ci ama era già allora una vittoria sulla fame e anche sul freddo? Sopravvivere era, come adesso, contare il numero dei suoi passi quotidiani? Era regola igienica di già sapere il ‘buono’ della giusta temperatura corporea interna?

Nella mente lo spazio si misura nelle differenze tra la potenza delle emozioni di adesso e la potenza delle emozioni di allora: i disegni che raccontano il passato fermato sui graffiti. Poi tutto fu decadenza ed è in funzione di essa che misuriamo un tempo dell’inciviltà. O comunque della civiltà residua.

Psichiatria delle patologie da attaccamento: se il passato ha uno strappo malcerto, quando l’enormità delle cose in gioco è palese, possiamo talvolta non essere all’altezza. Può esserci una semplice assenza, una distrazione. Ma anche una crisi più grande. La realtà si tinge di qualità estranee fino a diventare nauseante. Bisogna tornare indietro, alla vitalità del primo momento. Alla fantasia. Dove nascere la fantasia. La fantasia è indispensabile per passare dalla figura (che è rimasta immobile nella memoria) all’immagine (del ricordo) che è una continua ricreazione che porta il passato ad oggi. Le parole nascono senza fatica: sonagli ai polsi, sfarfallio d’ali, febbricola con leggeri brividi in terrazze sul mare, aperitivi analcolici e aspirine. Ci sono notti e accadimenti nella vita di relazione simili alle condizioni di coscienza del primo anno di vita. Essa viene definita inconscio ma è un errore. Il primo anno ha la coscienza sincronica, primordiale, non narrativa delle sere a mezz’aria. È la coscienza di un soggetto al cospetto del mare, vigile non autocosciente, ma non inconscio.

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