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“La Seggiola Di Glenn Gould”

ho cercato la foto della seggiola di Glenn Gould ho cercato un po’ di serietà perché vengono sempre a dirmi certe cose per me sempre troppo parziali e rinunciatarie e io  esagero e chiedo di studiare tutti i giorni e tutti i giorni non smettere di rispettare i giorni e guardare in viso le persone infinite che non stancano mai e tentare l’onestà contro la stupidità e si potesse costringere chi si ama lo costringerei ad avere un ideale di essere umano e ad avere un ideale da difendere con una incorreggibile testardaggine e avere una testardaggine da difendere con ostinazione e avere una ostinazione da difendere con ardore e avere un ardore per costruire i termometri e avere questi termometri che sono necessari alla misura delle passioni che bisogna avere e bisogna difendere e direi continuamente alle persone che amo se non temessi di essere loro incomprensibilmente fastidioso che è necessario difendere queste nostre differenti e numerose passioni per eseguire la valutazione delle ‘visioni’ del mondo e che d’altra parte è inevitabile e necessario avere una certa ‘visione’ del mondo per sopportare il mondo nella sua presente miseria seppure intanto che diciamo di questa miserevole condizione del mondo pensiamo ad un mondo contemporaneamente differente cioè pensiamo ‘politicamente’ ad un mondo non misero perché in una ‘visione’ del mondo -tra quelle di cui si diceva che sono indispensabili- c’è una ‘visione’ di  incanto per la poeticità maestosa della seggiola di Glenn Gould che è stato e resta un esecutore pianistico monumentale e in quella precisa ‘visione’ necessaria del mondo -che è attualmente misero ma che è anche possibile pensare in una condizione si sfolgorante diversità dal buio di oggi- c’è questa ‘visione’ nella quale Glenn Gould viene scelto come ideale di persona e viene scelto perché quel preciso ideale di persona risulta indispensabile a tutti perché nella ‘visione’ del mondo che si sovrappone stereoscopicamente alla miseria del mondo attuale è indispensabile che tutti possano scoprire il sollievo di scegliersi i più grandi ideali tra i più capaci degli esseri umani, ed è ‘là’ indispensabile comprendere che l’umanità risiede esattamente nell’eccezionalità della quasi perfezione delle esecuzioni musicali di Gould ed è ‘là’ possibile rendersi conto che nella quasi perfezione delle esecuzioni di Gould risiede la fisiologia della originale soggettività di ciascun essere umano che è inimitabile ed irraggiungibile dal linguaggio che volesse descriverla e dal pensiero logico che volesse comprenderla – ma non è affatto incommensurabile al cuore, diciamo così, cioè non è incommensurabile in affetto e stupore, non è incommensurabile in docile grazia di vite adornate dall’idea che l’uguaglianza non è la giustizia della dispensazione delle qualità in parti uguali; e dunque oggi, qua, non è per niente incommensurabile alla norma del benessere non indifferente la quieta insondabile forza delle dita risolute di questo monumento della musica che è stato e resta Glenn Gould: la cui genialità monumentale e la cui costanza -poderosa come la struttura di un grattacielo moderno- è adesso comprensibile e rientra pienamente nella ‘visione’ dell’uomo di cui mi occupo da più anni, ed è una monumentale poderosità comunque ‘tollerabile’ – tanto che non risulta impossibile capire che la fisiologia della vita mentale corrisponda alla sanità del benessere senza parole, un benessere che non deve (non è ‘fatto per’) essere espresso con parole o con atti di volizione o di decisione – e semmai la monumentale genialità di un esecutore unico poderoso e strabiliante è indispensabile a ‘pensare’ unicamente (esattamente) che la fisiologia dell’essere ‘umani’ sta nel ‘concepire’ che la giustizia potrebbe essere sotto forma di una legge che costringa a misurare il mondo ‘dal basso’: una legge nella Carta di Fondazione dei Diritti e delle Disposizioni di Convivenza – che ci impone di suonare le tastiere di ciascuno dei nostri pianoforti accucciati su  seggiole ridotte nell’altezza cosicché staremmo seduti su una difformità – seduti, alla fine, sulla seggiola delle diseguaglianze irriducibili con le quali fare somme e sottrazioni incamminandoci per la strada dei mari che si trovano sempre alla fine dei romanzi e sulla cima dei nostri pensieri quando ci inerpichiamo in silenzio verso la bandiera alla sommità di un albero circondato di passeri cinguettanti – per affermare tra noi e noi che il mare e la cima svettante è (sono) accordi con la aggraziata diseguaglianza di una seggiola molto più bassa della norma su cui stiamo riflettendo e sulla quale Glenn Gould sedette per quasi tutti gli anni che suonò il suo pianoforte Steinway & Sons (l’amato Steinway CD 318 incontrato per caso e poi lungamente perfezionato che incarnava il suo strumento ideale contro l’opinione avversa di tutti i tecnici da concerto della Steinway che lo consideravano unanimemente un piano vecchio e malandato e sicuramente non all’altezza degli strumenti di punta della casa che invece Gould detestava)

e così dunque ecco che ho trovato – e giustificato il perché ho voluto trovarla – la seggiola sulla quale oggi siedo metaforicamente e sulla quale non più metaforicamente il mio ideale di uomo (Glenn Gould) sedette per quasi tutti gli anni della sua carriera musicale e certamente per tutta la serie degli anni ‘migliori’ diciamo così della sua carriera musicale – per tutta quella serie di anni egli sedette su quel quadrilatero, su quella breve pioggia di gambe mozzate di una seggiola – e ho dovuto trovare la fotografia di quella certa seggiola perché essa è contenuta -ma soprattutto perché essa ‘contiene’- una ‘visione’ del mondo che mi è indispensabile ad andare avanti e mi è indispensabile per immaginare un futuro e per definire il mio ideale di persona e devo farlo perché poi devo giustificare l’estetica di una scelta ulteriore: che è la decisione di dire che sono uguali a me quelli capaci di non fiatare di fronte alla seggiola troppo bassa di Glenn Gould e anche dirti che sono simili a me e potrei  (non potrei non) amare appassionatamente (soltanto?) quelli che hanno la possibilità di rischiare l’operazione inversa al sarcasmo: sono uguali a me quelli capaci di rendere ridicola la premura di altri, la premura della loro (di quegli altri) maligna attività di scherno inappropriato: ho cercato la piccola sghemba e infantile seggiola di Glenn Gould – che per via della sua seggiola è diventato il mio ideale di uomo, più che per la sua grandezza di esecutore del contrappunto bachiano – perché, carissimo amore, volevo solo chiarire che bisogna avere un ideale assoluto non l’assoluto come ideale, e che l’ideale ‘assoluto’ è espresso dalla postura intima di un grandioso esecutore musicale appena sostenuto in equilibrio precario su una piccola seggiola con le gambe opportunamente ridotte: che resta sospesa sopra un filo sullo strapiombo tra fretta e scherno, e il filo è una fune d’acciaio ed è il mio modo di lottare e resistere alla miseria della fretta e che la fune cioè il lavoro è la sicurezza leggera di gambe e braccia fortissime dentro eleganti giacche scure e pantaloni troppo grandi – come quelli di un clown- dove sono entrato gli ‘ultimi’ tempi per esprimere la dignità del silenzio ora che ho finalmente capito che si può amare come un ideale assoluto una persona

e così dunque ecco che ho cercato e trovato – tra le migliaia di immagini della stessa seggiola che si possono reperire – la fotografia più chiara di quella famosa seggiola di Glenn Gould che è il mio ideale assoluto di uomo perché oggi volevo dirti che ho capito che amare una persona come ideale assoluto è il mio unico modo di essere libero….

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