segreti


la fine della segretezza


Posted By on Set 23, 2015

Aumentando la capacità di calcolo diminuirà la sicurezza delle informazioni che si scambiano e si vorrebbero tener segrete. Ad un certo punto la cifratura sarà difficile da ottenere, perché dovremo usare gli stessi sistemi che risolvono certi problemi …. per crear loro problemi che quei sistemi non dovrebbero poter svelare. Il padrone dell’evoluzione dovrebbe essere l’uomo, nel riuscire a creare quesiti o procedure che mettano in difficoltà macchine progettate per risolvere problemi e procedure di estrema difficoltà. Uomo e macchina certo per un poco ancora si alterneranno in un equilibrio solo apparente, per riuscire ciascuno a facilitare l’evoluzione delle possibilità dell’altro. Ma la velocità di calcolare scenari tende a crescere in maniera esponenziale e farà a pezzi ogni crittografia perché sarà ben presto capace di elaborare le soluzioni nascoste tra i miliardi di soluzioni possibili con una levità di sforzo attualmente insospettabile.

Non è detto che da quel punto sarà ancora possibile risolvere favorevolmente il test di Türing svelando con facilità dall’incoerenza delle risposte il simulatore dall’uomo. Già da adesso dovremmo dunque occuparci non di progettare una macchina più obbediente possibile ma una cui si riesca a fornire l’informazione della possibilità di porsi dei limiti: una macchina che non sia esclusivamente utilitaristica, cioè che riesca a porsi il quesito, e a risolverlo, di quando non dovrebbe essere  esclusivamente utilitaristica e in fondo dunque, se di superbia vogliamo peccare, una macchina ‘etica’, come il migliore degli uomini, non come un uomo comune.

Legandoci all’idea di ‘rifiuto’ come funzione mentale squisitamente ‘umana’ dobbiamo pensare ad una realizzazione di macchina/non più macchina che sia in grado di fermarsi, di valutare il proprio arresto come segno di ‘umanità’. Una buona macchina dovrà poter pensare l’umanità, e realizzare -così come adesso possiamo scriverlo- che macchina e uomo saranno uguali quando potranno porsi soluzioni che contengano l’idea di limite. Una ‘buona‘ macchina, in tal senso, avrebbe una funzione di (calcolo) pensiero che esclude sempre, dai risultati di tutti i suoi ‘stati’ possibili, quello dell’onnipotenza.

Allora realizzerà una infinità di scenari, grazie a qualcosa del suo linguaggio/macchina, che ne arresterà in modo variabile -secondo la esecuzione di algoritmi di opportunità- il funzionamento come a fornirle con i movimenti di espansione e contrazione un respiro, o un cammino

Oltre quel certo volume critico il problema della macchina sarà lo stesso di quello dell’uomo: cercare se è vero che umano è chi sa ripetutamente assumere come legittima la decisione di arrestarsi e sfuggire all’imbuto gravitazionale del potere che si autoalimenta verso un idea di sapere ‘infinito’ in un punto infinitamente piccolo. Macchine e uomini si divrebbero, al contrario riconoscere nella spianata ampia della loro capacità di arrestarsi. I segreti non ci saranno più da molto tempo, in quel tempo, perché attraverso la proposizione e il confronto tra gli scenari calcolabili diverrà evidente -e dovrebbe essere già adesso accettato come inevitabile più ancora che prevedibile- che, oltre un certo limite, la conoscenza osserva con stupore riposo e meraviglia, in un mondo senza segreti poiché senza più validi lucchetti di cifratura, soltanto gli artisti: che non rivelano saperi, ma realizzano, attraverso la capacità di fare cose bellissime, i modi elementari del pensiero, la fisiologia del benessere.

Quando tutto sarà compreso (o ritenuto di certo comprensibile in relazione ad una pura questione di ‘tempi’) il riccio di mare sotto l’acqua trasparente dell’insenatura di fronte alla finestra della camera chiara avrà un fremito che il ragazzo sulla spiaggia vedrà trasparire sulla superficie del mare e terrà in serbo per confidarne il segreto alla ragazza che intanto corre verso di lui dalla strada che costeggia la costa e quella ‘necessità’ di tenere il segreto e insieme di svelarlo rimetterà in discussione tutto quanto l’umanità aveva faticosamente raggiunto.

Riusciremo a costruire una macchina la cui rapidità di calcolo sia così straordinaria da arrestarsi nella cifra modesta dello stupore quando le spine acuminate di un riccio sul fondo marino hanno un fremito leggero e quel segno di vita biologica riflesso in superficie in un punto al centro della insenatura davanti alla casa lungo la costa viene inesorabilmente colto dai sensori evolutissimi che il calcolatore rivolge eternamente verso l’esterno?

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