statuto di realtà del pensiero


Faccio pensieri prevalentemente stupidi e dico stupide cose e stupidamente vivo e mi muovo quasi inebetito senza un fine che valga la pena. Per caso ogni anno non più di due o tre volte, senza programmazione né cosciente volere (che forse inconscia sempre resta una attrazione eterna) mi godo una parola e il suono di una seggiola spostata rumorosamente di una che mi si avvicina cambiando di posto al bar per bere il caffè e parlare insieme. Non porta mai a ‘niente’ se è questo che ci si chiede leggendo, ma non è giusto dire che sia esso un avvenimento stupido e senza senso, dato che la relazione di vicinanza e conoscenza con una donna è l’unica cosa che mi fa pensare allegramente e sorridere perché è ‘movimento’ e anzi proprio ‘attività’ umana potentemente simbolica ed è pieno di contenuti di sessualità e sanità.

Sto bene ma in modo assai meno significativo quando osservo il sole e la luna e il mare e la natura dei monti e la neve che mi riportano alla scoperta di certe capacità di scrivere scivolare leggero o accedere al ricordo di certi antichi successi dopo impegni assunti e portati a termine. In quei casi c’è soprattutto il sapore del ricordo, non ci sono l’erotismo e la speranza. Solo l’esattezza di un bilancio che faccio da solo in mezzo alla natura e non so amare pietre e sabbia.

Dunque in genere io penso inutilmente secondo una fisiologia di base, una forza di espressione puramente elettrica. Seguo e sono trasportato e spinto dall’inerzia potente della biologia mentale. Penso come tutti continuamente e non ci sono molte cose che valgono la pena. Il pensiero si serve di sé e anche di me per certi impegni esclusivamente finalizzati al suo essenziale sostentamento. L’amore è un lusso. Le emozioni devo coltivarle e allora dico che studio, però veramente è passeggiare tra i rovi e i frutteti e ferirsi è un vantaggio. Le gocce di sangue si succhiano per ricordare tremare e raccontare la sera contro la noia di sempre.

Il pensiero prevalentemente sono cose che non valgono la pena, ronzii.

È bello la mattina uscire, forzare la serratura del sonno e socchiudere persiane e portone sbucare dalle scale sul giardino. Pensieri abbastanza inutili vengono spazzati via ‘fuori’, in un mondo fisico reale anch’esso insensato tutto venti e musica ‘rave’ composta di fenomeni atmosferici, di umidità e luce e voci, chiacchiericci, turbini e risate incomprensibili: insomma una serie di cose che accadono e non ci riguardano minimamente. Però quel pensare stupidamente si specchia bene sul niente di interessante oltre il giardino e nulla più pare inutile e il mondo prende forma.

La natura fisica della realtà del pensiero sposa le vibrazioni della luce del suono e le pressioni del tatto e le modulazioni chimiche di sapori e odori. Dallo sposalizio nascono movimenti muscolari e silenzio. Il sé o forse addirittura l’io. Non saprei.

Quando studio tutto sparisce e restano solo i movimenti degli occhi che scorrono da sinistra a destra le righe scritte e lo scroscio di sguardi precipitosi sulle illustrazioni i grafici le equazioni e gli algoritmi esplicativi e dimostrativi. Alterno silenzio e movimento. Anche ora. Alcune cose che faccio sono una lotta continua contro l’affermarsi della pulsione. So con certezza che non c’è bisogno che siano cose ‘intelligenti’. Lo stupido muoversi senza senso degli esseri umani, il fare operoso e forse più i superflui attimi di vicinanza tra donne e uomini e tra ragazzini e adulti che si interrogano attorno ai tavoli di cucine o gelaterie o si guardano in strada indecisi ogni volta se prendersi per mano o fuggire a distanze differenti: tutto questo è l’azione della vita che vince la pazzia.

La pulsione risiede in genere tra coloro che doverosamente eseguono impegni illustri e esplicano il potere su altri. Per quanto sappia che stupido è il continuo avanzare del pensiero però serve a che non sia mai inerte chi agli occhi dei potenti stupidamente vive. Chi stupidamente vive e con incertezza alterna silenzio e movimento, in colorati dubbi, sta resistendo ai poteri.

Ondeggiamo come campi di cotone ben noti. Confidando di realizzare un qualche senso con quel nostro andare e venire per tenere la giusta distanza con gli altri, specialmente con quelli che amiamo. Se è vero forse con amorevoli ma incoerenti intenzioni disegneremo tratti di esistenza decifrabili solo a distanza. Che ci sfuggono per ora. Perché siamo sempre troppo vicini a noi stessi per capire bene. Ho intrapreso una attività perché si provi a verificare se va bene, più o meno, quanto accade in una certa relazione collettiva di modesto numero. I momenti di verifica del transfert e del contro transfert, definiti secondo una teoria sistemica delle relazioni, si sono costituiti in un rapporto complesso. È la cosa meno stupida di tutte quelle che mi capita di fare.

Insieme ad altri neanche la biologia elettrica della vita mentale pare più così fatalisticamente aggregata alla materia. L’accordo conferisce una dignità ai propri pensieri come se essi non avessero più niente a che fare con le ‘cose’ fisiche e avessero consistenza solo concettuale di spiriti. Non è vero ma questo dice quale sia il fascino dello sviluppo dei primati in ‘homo sapiens’. Il principio dello stare insieme garantisce la costituzione di uno statuto di realtà per il pensiero di ciascuno.

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